Martedì, 19 Novembre 2024 AbruzzoSviluppi a seguito della retata antispaccio all'AquilaLe intercettazioni, "Non hai sodli? Dacci l'orologio”“L’attività posta in essere dall’associazione in esame è di assoluta gravità, ha interessato un ampio arco di tempo senza momenti di flessione, anzi è risultata in espansione, ha determinato l’immissione nel mercato locale di consistenti quantitativi di cocaina con attività di spaccio regolare e continua che si è innestata su una domanda elevata prontamente soddisfatta”. Lo scrive nell’ordinanza di arresto il gip del tribunale aquilano, Marco Billi, per motivare le 30 misure cautelari, di cui 26 arresti in carcere, nell’inchiesta di Procura e polizia su un nuovo filone investigativo sullo spaccio durato 3 anni. Inoltre ritiene che ci sia il pericolo di fuga per alcuni che sono coinvolti nel reato di spaccio. Va precisato che i clienti erano circa 700 per guadagni milionari. Le risultanze sono state riferite in una conferenza stampa in questura dal pm antimafia Alberto Sgambati, con il pm Roberta D’Avolio che coordinato le indagini, il questore Enrico De Simone e il capo della mobile, Roberta Cicchetti. “L’attività investigativa nelle basi operative”, scrive ancora il gip, “ha consentito di verificare che lo spaccio è stato eseguito con allarmante capillarità e costanza e che i pusher hanno adottato l’accorgimento di fare poche consegne per non uscire con troppa sostanza mentre negli appartamenti a disposizione continuavano incessantemente a confezionare dosi, fare conteggi, verificare i messaggi dei clienti”. Ma sono stati gli stessi clienti, un centinaio tra gli oltre 700, a confermare le dazioni alla polizia incastando i sospettati. Ecco le 26 persone colpite da misura cautelare in carcere: Kujtjm Raboshta, Shaban Iseni, Ergys Arrinjeti, Anna Pysanets, Iljas Beshiri, Arminson Hodaj, Liatif Ademi, Terenzio Ferrari, Vincenzo Silva, Alessio Cucchiarelli, Loris Zaccagnini, Elgadaf Hamidi, Alexandru Ionut Enea, Simona Cocco, Ardit Hodaj, Michele Franco, Salvatore Ricciardi, Stefania Valente, Arjan Toci, Alvaro Zhupaj, Redjol Zhupai, Aldesar Zhupaj, Domenico Di Pietro, Olsi Kappllanaj, Filsnik Aljia, Egdon Buzalli. Agli arresti domiciliari vanno invece Francesca Sbaffo, Ezgona Iseni e Sabastian Rrasa, obbligo di dimora per Alessandro Ferrari. Sono difesi dagli avvocati Ubaldo Lopardi, Francesco Valentini, Danilo Iannarelli. Sono solo indagati: Brunildo Cela, Massimo Zaccagnini, Vladislav Solonenco, Inna Stafii, Burim Loki, Tahir Selmani, Mirela Retalhi, Maximiliano Rhasa, Roxana Denisa Negru, Ester Cimmino, Alessandro Ferrari, Besnir Lika, Orges Sala. LE ACCUSE. Il livello apicale, si legge negli atti, era formato da Raboshta che intratteneva i canali di rifornimento e concordava i prezzi, mentre Iseni era colui che eseguiva le sue direttive e la Pysanest si occupava dello stupefacente, “le caramelle” gestendo il pacchetto clienti. Nel livello intermedio ci sarebbe Ademi il quale forniva luoghi idonei per occultare la cocaina, poi Ferrari il quale svolgeva il ruolo di autista per effettuare le cessioni, mentre Hodaj forniva forza lavoro e mezzi. Ad Alessio Cucchiarelli viene contestato di aver avuto un ruolo in presunte spedizioni punitive su altri associati che commettevano errori nello spaccio, mentre Ardit Hodaj è accusato di gestire le piazze dello smercio in via Zara e via del Molise. Silva viene ritenuto un consigliere di Isseni per adottare misure per sviare i controlli, mentre Ricciardi si era guadagnato un ruolo per il suo impegno e, in quanto sempre disponibile, era soprannominato “H24”. Ma esisteva un supporto esterno formato da due incensurati insospettabili. Si tratta di Simona Cocco, dipendente di negozi di telefonia la quale, secondo il gip, “forniva al sodalizio schede sim non intestate ai sodali, ma anche a ignari clienti del negozio dei quali utilizzava illecitamente i documenti per l’attivazione di schede telefoniche e forniva indicazioni per eludere controlli di polizia informando Iseni dell’attività investigativa nei confronti del sodalizio”. Il promotore finanziario di una banca aquilana, Michele Franco, secondo il gip “svolgeva un fondamentale supporto in relazione sia all’ottenimento di finanziamenti bancari per l’acquisto di beni materiali quali telefoni e motocicletta per commettere i reati sia dispensando consigli per la gestione dei sodali fornendo il contributo per il reperimento di case per basi logistiche a tal riguardo sfruttando il rapporto di conoscenza con alcuni clienti dell’istituto bancario cui chiedeva l’ausilio per alcuni favori tra cui il reperimento di abitazioni”. INTERCETTAZIONI. Dalle intercettazioni emergono dettagli curiosi come quello di un consumatore che non poteva pagare e si rifiuta di consegnare il suo orologio barattandolo con la cocaina, episodio avvenuto vicino allo stadio Gran Sasso. Il costo medio era di 40 euro a dose. Non è chiaro se la trattativa del baratto sia andata a buon fine. Il consumatore si arrabbia e dice “come sete fatto una squadra!” alludendo alla circostanza che nessuno della gang gli avrebbe mai dato la droga a credito senza cedere l’orologio. Dalle intercettazioni si vede come la droga sia stata consegnata anche ai clienti di una discoteca appostati nel parcheggio vicino e che comunque la base dove avvenvano le decisioni e le riunioni apicali era in via Montorio al Vomano dove abita Iseni con la moglie. Si parla anche di una pistola giocattolo senza il tappo rosso in dotazione ai pusher ma di cui ci si vuole liberare, poi recuperata dalla polizia. Ma spunta anche una rapina ai danni di uno straniero che è stato derubato di 600 euro e del passoporto dopo essere stato picchiato duramente riportando fratture e perdita di coscienza. La rapina è contestata ad Ardit Hodaj e Shaban Iseni. Ci si chiede se l’attività fosse sempre fiorente. Non necessariamente. “Qui i conti non tornano” si legge in una delle intercettazioni fatte dalla polizia da parte di uno degli indagati. “Siamo piedi di debiti che ricompensa vuoi”, dice uno degli indagati a una spacciatrice che voleva più soldi per accompagnarlo per una consegna. |