Sabato, 2 Aprile 2022 Abruzzo

IN ABRUZZO IL 96% DELL'ACQUA POTABILE DALLE FALDE

MA E’ MINACCIA INQUINAMENTO, IL 40% DA PESTICIDI

L’Abruzzo non è solo la regione verde dei suoi Parchi e dei suoi boschi, il colore che la deve caratterizzare è anche l’azzurro. Quello delle sua acqua, potabile, che sgorga abbondante dalle montagne e dalle sue falde.

Ogni anno vengono infatti utilizzati in regione 295,5 milioni di metri cubi, e il 96,6% arriva da acque sotterranee. Un dato altissimo, superato solo da Valle d’Aosta e Umbria (100%), dal Lazio (99,5%), dal Trentino (98,7%) e dalla Campania (97,2%).

Emerge però anche che in base ai vari rapporti e campagne di analisi effettuate nei tempi più recenti, il 50% dell’acqua di falda è considerata di “scarsa qualità”, per la presenza di inquinanti, e nello specifico il 40% presenta tracce di pesticidi, in entrambi i casi dati superiori alla media italiana.

Il quadro è offerto dal dossier presentato da Legambiente in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, lanciando proposte per tutelare e preservare questi importanti corpi idrici, troppo spesso maltrattati e sovra sfruttati, la cui qualità e quantità è sempre più messa a rischio dall’urbanizzazione, dalla crescita demografica, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici.

Tra i casi di studio ed emblematici, a proposito di rischi che minacciano le falde, Legambiente cita l’acquifero del Gran Sasso, che fornisce acqua a 700.000 abruzzesi nelle province di Teramo, L’Aquila e Pescara,  e che è minacciato da eventi di contaminazione già da diversi anni.

“L’origine si trova nei Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto di Fisica Nucleare (il quale è anche responsabile della captazione e dello spreco di 100 litri d’acqua al secondo che vengono messi a scarico per evitare fonti di inquinamento e il cui costo finisce in bolletta pagata dai cittadini), ma anche nel traforo dell’A25. Nel 2016 e 2017 furono trovati nuovi inquinanti nell’acqua potabile, nonostante i lavori di messa in sicurezza, con concentrazioni al di sopra del limite dell’acqua di falda ma al disotto dei limiti per le acque potabili, di sostanze quali cloroformio e diclorometano”, si legge nel rapporto.

Buona notizia è però che con l’attività investigativa conclusa dal commissario Corrado Gisonni, presentata nei giorni scorsi a Teramo, per la prima volta si è fatta luce nel ventre del Gran Sasso, attraverso georadar, rover e sonde, sulle varie canalizzazioni situate sotto l’asfalto del tunnel autostradale e che fino a ieri restavano un mistero. Ciò ha consentito di stabilire una data per la presentazione del progetto preliminare, per il prossimo maggio, per la messa in sicurezza del bacino acquifero. Questo perché non capitino più incidenti e sversamenti di sostanze nocive.

C’è anche il progetto di recuperare i 100 litri di acqua che ora vanno a scarico, quindi inutilizzate.

In Italia, si legge nel report, l’inquinamento e sovra sfruttamento sono i due pericoli maggiori, che portano spesso a limitazioni di utilizzo delle falde stesse, seguiti dal consumo di suolo che ne rallenta la ricarica. Per questo la loro tutela e salvaguardia è di fondamentale importanza, come viene ribadito anche negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG6) che mirano a garantire universalmente l’accesso ad acqua pulita e potabile e gestire in modo sostenibile questa risorsa rinnovabile.

Venendo ai controlli sulla qualità di acqua di falda: nel 2019 sono stati effettuati 3.830 monitoraggi per le acque sotterranee.

Per quanto riguarda le sostanze di origine antropica, nell’82,5% dei monitoraggi non sono stati rilevati superamenti, il 15% ha superamenti per una sola sostanza e il 2,5% per due o più sostanze.

Nel periodo 2018-2019, le sostanze considerate critiche a livello nazionale per lo stato chimico sono complessivamente 34. Le più presenti sono: triclorometano, nitrato, dibromoclorometano, bromo diclorometano, tricloroetilene, tetracloroetilene. Il DM 06.07.2016 ha introdotto il monitoraggio dei perfluorurati.

Di questi, il Pfoa (acido perfluoroottanoico, un tensioattivo usato nella polimerizzazione in emulsione per la produzione di polimeri fluorurati) è stato ritrovato nelle acque sotterranee di 12 regioni e 2 provincie autonome (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Trento, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Campania, Basilicata e Sicilia) in aumento rispetto alle rilevazioni del 2017.

In Abruzzo invece questa forma di inquinamento non risulta.

Emerge però dal rapporto “European Waters 2018”, che un terzo delle falde acquifere in Italia è in pessime condizioni, solo il 58% delle acque sotterranee sono in buono stato, contro il 74% di media dell’UE.

Si rileva quindi uno status chimico inferiore alla media europea. Il 25% dei corpi idrici sotterranei è considerato scarso, mentre il 17% ancora non è stato classificato.

Ebbene,  l’Abruzzo ha la metà di corpi idrici in “cattivo stato”, ben sopra la media,  e a livello regionale la situazione più critica si registra in Lombardia e Puglia.

Del 2020 è infine il “Rapporto Nazionale sui Pesticidi nella Acque” dell’Ispra, il quale indaga la presenza solo di pesticidi sia nelle acque superficiali che sotterranee.