Lunedì, 12 Maggio 2025 AbruzzoNUOVA RETE OSPEDALIERA, MEGLIO TARDI CHE MAI14 MESI PER LE LINEE DI INDIRIZZO, MA ANCORA RESISTENZEEra stata approvata in pompa magna a dicembre del 2023, salutata come una rivoluzione epocale, la nuova rete ospedaliera abruzzese, che deve stabilire finalmente il chi fa cosa, in un armonico sistema di hub e spoke, senza sprechi e doppioni. Esibita come trofeo durante la campagna elettorale del marzo 2024, che ha sancito la storica riconferma del centrodestra di Marco Marsilio di Fdi. Ci sono voluti però la bellezza di 14 mesi alla giunta regionale per approvare, nella riunione del 16 aprile scorso, le “linee di indirizzo”, con le quali le quattro Asl, con 30 giorni di tempo, ovvero entro il 16 maggio, potranno a loro volta approvare finalmente, fissati criteri comuni ed omogenei, gli “atti aziendali” traducendo nella pratica quanto nella nuova rete ospedaliera è previsto e prescritto. In settimana ci sarà riunione al ministero della Salute a Roma per entrare ulteriormente nella fase operativa, tenuto conto che il riordino è considerata parte essenziale per il contenimento del deficit sanitario- Una nuova rete che registra però anche resistenze politiche e territoriali, da parte di chi teme che alla fine dei conti i vari nosocomi saranno alla fine della giostra depotenziati rispetto all’assetto attuale. Ed anche questo potrebbe essere uno dei motivi del ritardo. Come spiegato in una nota dall’assessore alla Salute, Nicoletta Verì, la valutazione degli atti aziendali avrà come oggetto “la coerenza della proposta alle linee di indirizzo e alle ulteriori linee di attività sanitarie strategiche e vocazionali. Acquisita la positiva valutazione, gli atti aziendali saranno adottati con delibera del direttore generale”. Un ok che arriva dopo che la maggioranza di centrodestra il 3 aprile, con la sala Spagnoli occupata per protesta dall’opposizione e dai sindacati, ha dovuto approvare l’aumento dell’addizionale Irpef almeno per i redditi sopra i 28.000 euro, per incassare 42,5 milioni di euro necessari a contribuire a coprire il deficit della sanità del 2024, che in base agli ultimi conteggi è salito a 113 milioni di euro, rispetto agli 81 milioni circa più volte dichiarati. Con la doccia fredda rappresentata dal parere del Collegio dei Revisori dei Conti della Regione Abruzzo che ha bocciato il disegno di legge sulla copertura approvato dalla giunta. Questo dopo che anche nel 2023 le Asl hanno registrato un deficit di 122 milioni di euro, appianati anch’essi dalla Regione, per la metà con fondi del bilancio, a giugno dell’anno scorso. Tenuto conto infine che anche per il 2025 le previsioni sono nerissime. Eppure la riorganizzazione del ruolo e funzioni degli ospedali, così come messa nero su bianco dal gruppo di studio dell’Agenzia sanitaria regionale, diretta dal medico aquilano Pierluigi Cosenza, se già attuata, avrebbe contribuito a migliorare il servizio e a far risparmiare i soldi eliminando i doppioni e gli sprechi di risorse e personale. La nuova rete, lo ricordiamo, prevede quattro ospedali, quelli di L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo, ovvero le città capoluogo, con funzioni hub per le reti tempo dipendenti, ovvero la rete stroke, politrauma e trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese, quattro ospedali di primo livello, che sono Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto e sei ospedali di base, a Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero, due presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso, a Castel di Sangro e Atessa. Manca però ancora la localizzazione dei due ospedali di secondo livello, che saranno decisi entro 2026, previsti dal decreto ministeriale 70, la famigerata legge Lorenzin del 2017, super nosocomi con tutte le specialistiche, ma con un bacino di utenza tra 600.000 e 1.200.000 abitanti. E a tal proposito, il tavolo di monitoraggio ha chiesto lumi su quando saranno individuati, mettendo dunque una forte pressione a far presto, senza tener conto della scadenza che la Regione ha prefissato. C’è chi sostiene che collo di bottiglia che ha ritardato l’iter di concretizzazione della nuova rete, è stato dunque rappresentato dal ritardo con cui il dipartimento Sanità della Regione, di cui è ora direttore Emanuela Grimaldi, e la stessa Asr, hanno messo a punto le linee guida. Un impasse che ha provoca nervosismo negli ambienti politici e sanitari, anche perché si afferma che essendoci già una legge vigente, si poteva comunque procedere a riorganizzare le unità operative e posti letto, mentre dal punto di vista tecnico le linee guida sono necessarie nel caso si devono ridefinire gli interi reparti. Il motivo è stato però da ascrivere solo alla lentezza burocratica di un dipartimento che già è oberato dalla partita del debito sanitario? Non esattamente, assicurano ad Abruzzoweb fonti confidenziali, le quali spiegano che in realtà ci sono state forti pressioni politiche di questo e quel consigliere e assessore espressione dei vari territori che chiedono delle modifiche all’architettura non senza difficoltà disegnata dall’Asr, per non penalizzare, o al contrario potenziare, questo o quel presidio sanitario. Il motivo insomma sarebbe il solito campanilismo e particolarismo che segna da sempre la vita politica della Regione. Lo stesso motivo che ha indotto a discostarsi dal decreto ministeriale 70, rinviando l’individuazione degli hub di secondo livello, ottenendo intanto dal governo, la soluzione di ospedali con funzioni hub per le reti tempo dipendenti di secondo livello, con Pescara e L’Aquila specializzate per l’ictus, ovvero per la rete stroke, e sia per i traumi maggiori e traumi minori. Gli ospedali di Teramo e Chieti punti di riferimento per le emergenze cardiologiche. A pesare ovviamente anche la partita più complessiva della tenuta dei conti della sanità abruzzese. Anche se infatti quest’anno si riuscirà a sbarcare il lunario, si pone comunque la necessità di mettere definitivamente in sicurezza i conti della sanità, e allora, seppur dietro le quinte e sussurrata, anche nella maggioranza c’è chi evoca l’ipotesi di chiudere o fortemente ristrutturare qualche piccolo ospedale. A farlo capire esplicitamente è stato più volte il consigliere di Fratelli d’Italia Paolo Gatti, presidente della quinta commissione Sanità, per ottenere risparmi strutturali, ridimensionando si presume uno o più tra i sei ospedali di base, previsti nella nuova rete, che sono quelli di Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero. Ipotesi che ha trovato il favore anche del consigliere regionale Luciano D’Amico, capogruppo del Patto per l’Abruzzo, ma la sua come quella di Gatti è una posizione almeno per ora isolata. Simile strada, poi interrotta fu del resto intrapresa per uscire dal commissariamento della sanità abruzzese nell’autunno del 2016, ai tempi del centrosinistra di Luciano d’Alfonso e dell’assessore Silvio Paolucci. Ancor prima il presidente della Regione Gianni Chiodi, di Forza Italia, ora ad di Fira, come ricordato dallo stesso in una intervista a questa testata, per risanare i conti, ridimensionò i piccoli ospedali, come quelli Casoli e Gissi in provincia di Chieti, che oggi svolgono funzioni di presidi territoriali di assistenza. Conti alla mano, anche in ambienti sanitari, si calcola che con quest’opera di razionalizzazione si otterrebbero decine di milioni di euro di risparmi l’anno, soprattutto in maniera strutturale, visto che comunque i presidi territoriali sarebbero garantiti in buona parte anche dalle case e ospedali di comunità che stanno per essere realizzati in maniera diffusa su tutto il territorio regionale grazie ai fondi del Pnrr. E’ chiaro infine che questo comporterebbe il dover ripensare l’attuale rete ospedaliera, proprio ora che dalla carta sta diventando realtà. |