Mercoledì, 11 Marzo 2015 AbruzzoPer combattere i cinghiali per la Coldiretti non occorrono provvedimenti tamponeUna proposta per il contenimento della specie è stato mandato alla Regione«Dopo anni di confronti, convegni, seminari e tavole rotonde è arrivato il momento di agire. Basta chiacchiere. Ognuno, per la propria competenza e responsabilità, deve compiere il proprio dovere per non perdere i propri diritti». Una ricetta che chiama in causa anche la legislazione nazionale, con le principali seguenti indicazioni: prevedere una quota massima del 5% (e non del 30%, come adesso) del territorio agro-silvo-pastorale da destinare alle aree di ripopolamento e cattura in mancanza di parchi e del 20-30% in presenza di aree protette; prevedere indennità per i proprietari o conduttori dei terreni inclusi nel piano faunistico venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia (art.15 della 157/92); ampliare i periodi e le giornate di caccia relativamente ad alcune specie (in primis il cinghiale) in presenza di uno squilibrio tra fauna e flora; garantire una gestione dei Parchi che valorizzi l’attività agricola prevedendo all’interno dei Cda almeno due rappresentanti del settore primario, attualmente non rappresentato nonostante contribuisca in modo significativo alla tutela degli habitat naturali e del territorio A livello regionale, invece, si chiede di revocare la delega attribuita alle Province per riportarla alla Regione istituendo un unico ufficio centrale ben strutturato e organizzato in termini di personale e mezzi; prevedere il risarcimento del 100% dei danni arrecati da tutta la fauna selvatica (e non come ora del 24% relativamente solo ai cinghiali); istituire l’osservatorio faunistico regionale attraverso l’approvazione del regolamento già condiviso da associazioni venatorie e agricole; eliminare le zone di ripopolamento e cattura in quanto l’Abruzzo, a differenza delle altre regioni, già si caratterizza sproporzionatamente per l’elevata percentuale delle aree protette (parchi, riserve, sic, ecc). La legge nazionale prevede infatti che non si possa superare il 30% di territorio protetto finalizzandolo alla tutela della fauna: per cui, essendo in Abruzzo la superficie a Parco del 33%, tutto ciò che è in eccesso è nei fatti illegale. |