Domenica, 4 Giugno 2023 Chieti

In 10 anni la provincia di Chieti rischia di perdere una decina di istituzioni scolastiche

Il timore deriva dal fatto che il ministero dell'Istruzione e del merito ha in programma di ridurre il numero dei dirigenti scolastici in Abruzzo

"La provincia di Chieti potrà perdere una decina di istituzioni scolastiche in 10 anni". È l'allarme lanciato dal segretario generale Cdlt Chieti, Francesco Spina, e dal segretario generale Flc Chieti, Antonio Lagatta.

Un allarme che deriva dal fatto che il ministero dell'Istruzione e del merito ha in programma di ridurre il numero dei dirigenti scolastici in Abruzzo. Una decisione annunciata dal ministro in occasione della Conferenza Unificata del 24 maggio scorso, chiamata ad esprimere il suo
parere sulla bozza di decreto, ma conclusasi con un mancato accordo.

"Prendiamo atto che la regione Abruzzo, così come la regione Sardegna - dicono i sindacaliti - hanno annunciato opposizione ai provvedimenti
governativi di riduzione eccessiva ed ingiustificata del numero di scuole, schierandosi contro il dimensionamento scolastico del Governo le altre 4 regioni (Puglia, Emilia-Romagna Campania e Toscana) che hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale (potrebbe pronunciarsi entro il mese di dicembre)".

"Il solco tracciato dalla legge di Bilancio 2022, infatti, aveva sancito la riduzione del numero minimo di alunni da 600 a 500 per l’assegnazione alla scuola di Ds e Dsga, estendendo tale riduzione anche per gli anni scolastici 2022/23 e 2023/24. Come Flc Cgil - ricordano i sindacati - avevamo attenzionato favorevolmente la decisione assunta dal precedente Governo che, grazie a quanto previsto dal Pnrr al punto 3.1 circa la Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico, consentiva la riduzione del numero degli alunni per classe e poteva rappresentare finalmente una attenta e giusta riprogrammazione della presenza nei territori delle scuole, a partire dalle aree interne". 

"Invece - proseguono i rappresentanti sindacali - la decisione assunta dal Governo Meloni con l’adozione del provvedimento sopra citato e inserita nella legge di stabilità per il 2023 (legge 197/2022), ci preoccupa fortemente. Essa va nella direzione opposta. Modificato il decreto legge 98 del 2011 si stabilisce che, al fine di riorganizzare il sistema scolastico il ministero può decidere di procedere nella riorganizzazione della rete scolastica anche in caso di mancato accordo con le regioni. Invece di applicare quanto previsto in merito nel Pnrr, questo Governom a pochi mesi dall’insediamento si è affrettato ad approvare una legge di Bilancio 2023 che peggiora le cose e che ridurrà in pochi anni il numero degli oltre 8.000 istituti su tutto il territorio nazionale a circa 7.000. In caso di mancato accordo con le Regioni entro il 31 maggio, è il ministro a decidere entro il 30 giugno l’attribuzione del numero dei dirigenti scolastici, effettuata sulla base di un coefficiente (rapporto alunni/scuole della regione) non inferiore a 900 e non superiore a 1000. Tutto questo significa la riduzione della dotazione organica dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi, secondo la bozza di decreto discussa e non approvata: in Abruzzo il numero dei presidi scenderebbe (da 190) a 174 in 3 anni, con conseguente riorganizzazione degli istituti scolastici". 

Flc e Cgil Chieti ritengono che "si debba ripartire dal numero di dirigenti scolastici per provincia, applicando i parametri definiti dal regolamento sul dimensionamento DPR 233/1998. Nella provincia di Chieti, il numero medio di alunni per istituzione scolastica è attualmente di circa 840 in considerazione dei circa 47.850 iscritti nelle 57 scuole statali (già ridotte a 56 per l’accorpamento di 2 istituti nel distretto 015 ortonese). Se lo
stesso comma 5-quinquies non intervenisse a garantire una riduzione graduale con correttivi e compensazioni interregionali per i primi 7 anni, il cinico 'meccanismo del parametro' (oltre 950 alunni in media per istituzione abruzzese) agirebbe già dal 2024/25 per dimensionare da subito a 50 il numero delle scuole della provincia, mentre è probabile che si attenderà il 2030 per avere questa drastica riduzione delle istituzioni scolastiche: in ogni caso una vera riorganizzazione peggiorativa. Le iscrizioni per l’anno scolastico 2023/24 certificano che la popolazione scolastica chietina diminuisce di 690 alunni dal prossimo 1° settembre. Il dato è una conseguenza attesa del cosiddetto inverno demografico registrato negli ultimi anni: nel nostro territorio, nascevano oltre 9 bambini al giorno della cosiddetta Generazione Z (nel periodo 1997 – 2012 mediamente 3.200 nati/anno), mentre sono appena 7 al giorno i nuovi nati della Generazione Alpha (nel periodo 2012 – 2023 circa 2.500
nati/anno)".

"Occorre agire subito - incalza il sindacato - con politiche che siano in grado di garantire ai giovani e ai migranti condizioni economiche e sociali tali da rendere il territorio abruzzese e teatino attrattivo per le famiglie. Certo, se pensiamo che nelle aree interne della provincia, ad oggi diminuiscono i servizi di trasporto pubblico, di sanità e cura, di opportunità di lavoro e abbastanza scuole con tempo pieno e prolungato, è miope pensare che i giovani costruiscano in quelle aree il proprio futuro. Chi governa dovrebbe preoccuparsi di questa situazione. Il sistema scolastico della provincia di Chieti, ad esempio, è destinato a perdere dai 700 ai 900 alunni all’anno almeno fino al 2031/32, quando i ragazzi e le ragazze che abiteranno i nostri plessi scolastici saranno appena 41.000 (erano oltre 50.000 prima del Covid): in termini di popolazione scolastica si perde l’equivalente di una scuola ogni anno anche senza agitare parametri ministeriali più o meno severi. Le speranze di una possibile ripresa della popolazione scolastica, in questo quadro guidato da chiare tendenze demografiche, ma soprattutto da politiche totalmente sbagliate, potranno concretizzarsi non prima di una dozzina di anni".

"In un momento nel quale istruzione e formazione dovrebbero rivelarsi i temi sui quali investire di più, ci si trova di fronte ad una decisione che colpisce ancora una volta le aree più deboli del paese. La presenza di un dirigente non è un fatto accessorio soprattutto nelle aree interne dove, a causa dello spopolamento, le scuole hanno classi e pluriclassi poco numerose, ma presidio essenziale per il diritto all’istruzione".