Sabato, 25 Gennaio 2025 AbruzzoANNO GIUDIZIARIO L’AQUILA: PROTESTA DEI MAGISTRATI“RISCHIO DI SOTTOMISSIONE DEI PM ALL' ESECUTIVO”di Giampiero Giancarli
I magistrati abruzzesi, nel corso della inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto dell’Abruzzo che si sta svolgendo all’Aquila, alzandosi in piedi con in mano la Costituzione, hanno protestato lasciando gli scranni in cui erano seduti ad inizio evento. I magistrati, una trentina, sono rimasti in aula. La forma di protesta è stata attuata prima dell’intervento del rappresentante del ministero della Giustizia Vittorio Corasiniti. Alla luce del pensionamento del presidente della Corte di Appello, Fabrizia Francabandera, che ha concluso il suo mandato di otto anno, è il presidente vicario Aldo Manfredi, a presentare, oggi all’Aquila, la relazione sull’Amministrazione della giustizia nel distretto dell’Abruzzo. Nel suo intervento, l’alto magistrato, anche lui vicino al pensionamento, ha affrontato, mostrando perplessità in un discorso però equilibrato, della riforma della giustizia con il tema, caldo, in particolare della separazione delle carriere, e tra le altre cose, ha considerato negativo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. “La questione della separazione delle carriere, ha detto Manfredi, “è certo progetto divisivo che vede contrapporsi una opposta idea delle funzioni e ruolo del Pm. E’ innegabile che le ragioni a sostegno dell’intervento di riforma, al netto di polemiche strumentali e preconcette, è sorretta da argomenti certamente seri che pongono in risalto profili dell’attuale assetto ordinamentale, che sono ritenuti poco in sintonia con il modello processuale di tipo accusatorio e con il ruolo del Pm nel processo, che necessiterebbe di vedere rafforzato il ruolo di garanzia e autonomia del giudice, che si teme condizionato dalla posizione di colleganza con il Pm che del processo è parte. Si sostiene in pratica che vi è un nesso che corre tra ogni modello processuale e l’ordinamento all’interno del quale quel modello si inserisce e che il modello accusatorio non si coniuga con l’attuale assetto ordinamentale. Lo stato attuale determinerebbe un condizionamento ed appiattimento favorito, si sostiene, dalla colleganza che l’esperienza, specie per la fase delle indagini preliminari, dimostrerebbe”. Secondo Manfredi, si tratta di “argomenti, non ho remore a dirlo, certamente seri ed in parte condivisibili, non apparendo certo corretto addebitare a chi sostiene la ragioni di tale modifica ordinamentale (compresi autorevoli giuristi) l’obiettivo di sottomettere il Pm al controllo dell’esecutivo, forse auspicato da taluno, ma non certo dalla gran parte dei giuristi che sostengono con forza la riforma”, anche se, ha sottolineato ancora, “invero, al di là di possibili retropensieri, se ci si confronta senza slogan preconcetti, con il dato normativo del DL Costituzionale, non può non rilevarsi che di tale paventato rischio non vi è traccia, allo stato, anche se, come vedremo, grosso è il rischio che quello sia l’approdo finale della riforma”. La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione si è svolta ieri alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ad aprire la cerimonia la prima presidente della Suprema Corte Margherita Cassano con una sua relazione sull’anno appena trascorso. Sono intervenuti il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, l’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli e il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco. La riforma della giustizia e la separazione delle carriere – appena approvata in prima lettura alla Camera- al centro degli interventi, come era prevedibile. Per il ministro Nordio il legislatore procederà senza esitazione anche per rispetto agli elettori ai quali era stata chiaramente annunciata nei programmi politici: “si presenta, per quanto riguarda l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, con una chiarezza cartesiana di rocciosa solidità. Ogni fantasia speculativa su variazioni futuribili è un’arbitraria interpretazione divinatoria. Il legislatore procederà senza esitazione, nella fiduciosa ma incondizionata acquiescenza al referendum popolare che suggellerà questo iter complesso”, ha aggiunto il Guardasigilli. Nordio è tornato sul tema del pubblico ministero definito da lui stesso “un superpoliziotto” e assicura che ci sarà “l’assoluta indipendenza del pm rispetto al potere esecutivo”, anche quando sarà approvata la riforma che prevede la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente. “Il ruolo del giudice – sostiene – uscirà difeso e rafforzato, senza indebolire l’accusa, attuando in pieno il principio liberale secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo, dove le parti sono in condizioni di parità davanti al giudice terzo e imparziale”. In una nota l’Associazione nazionale magistrati ha commentato: “Le parole pronunciate oggi dal ministro della Giustizia contraddicono in modo palese quanto lo stesso Guardasigilli aveva detto meno di 48 ore fa. L’unica certezza sono gli smodati attacchi alla giurisdizione, ormai una triste costante. L’attacco al pubblico ministero evidenzia poi una profonda confusione, tradendo quello che è l’obiettivo reale della riforma, ovvero la sottoposizione del pm al potere esecutivo. Questo è uno degli aspetti più inquietanti di una pericolosa riforma. E anche per questo domani manifesteremo la nostra contrarietà alla modifica costituzionale durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario presso le sedi delle Corti di appello”. Il giudice è poi intervenuto sulla cancellazione del reato di abuso d’ufficio. “Con il rispetto dovuto alle sovrane scelte del legislatore” ha detto, “non posso condividere l’intervento abrogativo del reato di abuso d’ufficio. La giustificazione secondo cui l’abrogazione si sarebbe imposta in quanto si tratterebbe di fattispecie connotata da genericità, che si presterebbe a letture forzate, invasioni di campo nell’agire della P.A., i cui rappresentanti sarebbero intimoriti, al punto da condizionarne l’azione, non sembra cogliere nel segno. L’ultima versione dell’art 323 c.p. era connotata da puntuale carattere di determinatezza e specificità, riducendo di molto la possibilità dell’intervento penale. La fattispecie sanzionava solo condotte di evidente gravità e lesività dei beni della imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, commesse in spregio di specifiche regole di condotte dettate dalla legge o atti aventi forza di legge e a ciò si deve il limitato numero di sentenze di condanna”. “Condotte di vessazione (l’arrecare ad altri un danno ingiusto) o palese favoritismo (il procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale), gravemente offensive del bene giuridico protetto, perché mosse dalla massima intensità del dolo (quello intenzionale), connotate da violazione di leggi che prevedono specifiche regole di condotta, da cui non residuano margini di discrezionalità. Ne derivava che nella valutazione del giudice esulava qualsiasi possibile sindacato della discrezionalità amministrativa, ciò escludendo qualsiasi indebita invasione di campo. Orbene sembra francamente inaccettabile che condotte siffatte, gravemente lesive degli interessi generali e dei singoli non trovino più tutela e copertura sul piano penale, non coperte in alcun modo dalle altre previsioni dei reati contro la P.A., al punto che pare inevitabile che il legislatore debba prima o poi tornare a coniare nuove fattispecie che non lascino impuniti fatti comunemente avvertiti come gravi e lesivi di valori basilari che devono informare l’agire di chi ricopre una pubblica funzione”. Pubblicato da abruzzoweb |