Domenica, 23 Aprile 2023 AbruzzoNuova era per la cura dei tumori in AbruzzoIn arrivo la rete oncologica regionaleNel 2022 i casi di tumore sono aumentati in Italia dell’1,4% per gli uomini e dello 0,7% per le donne, con circa 391.000 nuove diagnosi. In Abruzzo in base all’ultimo report del Registro tumori regionale, nel 2019 sono stati diagnosticati complessivamente 7.851 nuovi casi di tumore maligno. Diminuiti in percentuale nel 2020, ma solo perché le restrizioni del covid hanno portato ad una flessione significativa delle visite di controllo e delle diagnosi. Basta citare questi numeri per comprendere l’importanza della creazione in Abruzzo, già entro l’anno, della Rete oncologica regionale (Ror), pensata per dare risposte di cura e assistenza molto più efficaci e coordinate ai pazienti, il più vicino possibile alla loro residenza, con approccio multidisciplinare promuovere l’introduzione e l’uso ottimale di tecnologie avanzate. ll sì al primo strumento organizzativo che pone l’Abruzzo all’avanguardia in Italia sia sulla oncologia, è arrivato con l’approvazione, il 14 aprile scorso, da parte della giunta regionale abruzzese, su iniziativa dell’assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, sulla base al documento elaborato, sotto la regia dell’Agenzia sanitaria regionale (Asr) di cui è direttore il medico aquilano Pierluigi Cosenza, dal gruppo di lavoro costituito dai professori Tommaso Staniscia, responsabile scientifico Registro Tumori e dai professori Nicola Tinari, Luciano Mutti, Enrico Ricevuto, e dai dottori Giovanna Vittoria Amiconi, Nicola D’Ostilio, Giordano Beretta, Katia Cannita e Sonia Di Felice. Nella delibera si prevede che le quattro Asl entro tre mesi dalla adozione della Rete, devono approvare gli atti di loro competenza, per la creazione in particolare dei Poli oncologici aziendali, di cui si riferisce in seguito. Il provvedimento è stato inviato ai Ministeri della Salute e dell’Economia e Finanze, ai fini del monitoraggio del Piano di rientro e dei Livelli essenziali di assistenza. Sempre il 14 aprile è stata approvata, con medesimo approccio, la Rete ematologica regionale (Rer), che merita un focus a parte. La Rete oncologica regionale, entrando nel merito dell’iniziativa, viene definita “un modello organizzativo che assicura le presa in carico del paziente mettendo in relazione, con modalità formalizzate e coordinate, professionisti, strutture e servizi che erogano interventi sanitari e socio-sanitari di tipologia e livelli diversi nel rispetto della continuità assistenziale e dell’appropriatezza clinica ed organizzativa”. Con “nodi” e relative “interconnessioni”, definendo le regole di funzionamento, il sistema di monitoraggio e i percorsi di cura, partendo dallo screening fino al follow-up. In particolare, tra i vari modelli a livello mondiale ha adottato quello del “Comprehensive cancer care network (Cccn), che si basa su una rete di legami più o meno intensi tra le varie strutture, a livello regionale, il tutto coordinato da un’autorità centrale e sovrastrutturale, che orienta quanto più possibile la rete rispetto alle esigenze della popolazione. Pertanto in Abruzzo l’articolazione della Rete oncologica regionale sarà composta dei seguenti “nodi”: il Comitato di Coordinamento regionale, il Molecular tumor board, i Poli oncologici aziendali e Centri di indirizzo al percorso clinico. Entrando dunque ancor di più nel dettaglio: il Comitato di coordinamento regionale ha un livello “strategico”, e uno “tecnico-scientifico”. Il primo avrà funzioni di tipo propositivo e consultivo e dovrà indirizzare e monitorare il funzionamento della Rete oncologica, con l’obiettivo di “favorire lo sviluppo armonico e uniforme delle procedure nelle diverse articolazioni della rete stessa, su tutto il territorio regionale”. Sarà presieduto dal direttore dell’Asr Abruzzo, Pierluigi Cosenza, e composto dal direttore del Dipartimento Sanità, Claudio D’Amario, da un dirigente del Servizio Prevenzione del Dipartimento Sanità, e da un referente clinico della Ror, formalmente individuato dall’assessore Regionale alla Sanità, tra i responsabili dei Poli oncologici aziendali, da costituire e descritti qui di seguito. C’è poi il livello livello “tecnico-scientifico”, coordinato dallo stesso referente clinico della Ror e si compone dai rappresentanti delle diverse discipline afferenti alla diagnostica e al trattamento di patologie oncologiche. Potranno anche essere attivati “gruppi satelliti” che includano la specialità chirurgica più rispondente alle necessità della programmazione regionale. Andando oltre, secondo nodo della rete è il Molecular tumor board (Mtb), gruppo di lavoro regionale interdisciplinare coordinato anch’esso dal Referente clinico, composto da almeno un oncologo, un anatomo-patologo, un biologo molecolare, un genetista, un farmacista ospedaliero e un data manager. Al Molecular tumor board è affidato il compito di “definire indirizzi in materia di profilazione genomica, nonché interpretare i dati provenienti dalle analisi molecolari provenienti dal profilo genetico del tumore di un paziente e di proporre la terapia più adeguata in base alle migliori conoscenze scientifiche”. Dovrà pertanto essere dotato di un’apposita piattaforma informatica per la raccolta e la elaborazione dei dati di profilazione genomica, dei dati clinici, dei referti laboratoristici e di diagnostica strumentale. Le figure professionali del Mtb saranno formalmente individuate dall’assessore regionale alla Sanità su proposta del Referente clinico. Proseguendo, ci sono poi i Poli oncologici aziendali, aggregazioni funzionali delle Unità operative ospedaliere e territoriali, che intervengono sul percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti affetti da patologie neoplastiche. Ce ne sarà uno per ogni Asl, con responsabile il direttore del reparti di Oncologia e tutte le strutture del Polo Oncologico devono dotarsi di adeguata strumentazione informatica e telematica tale da garantire la costituzione di una rete informativa, che permetta la comunicazione e la condivisione tra i professionisti della Ror. Elementi strutturali del Polo oncologico aziendale sono i Centri di indirizzo al percorso clinico (Cip) e il Gruppo interdisciplinare cure oncologiche (Gico). I Cip sono strutture operative, da creare ex-novo, collocate nei presidi ospedalieri afferenti al Polo oncologico aziendale, e rappresentano il punto di accesso alla rete. Devono infatti garantire al paziente il primo accesso alla visita oncologica, assicurandone la presa in carico, indirizzare il paziente ai successivi approfondimenti diagnostici, garantendone la prenotazione mediante il Cup di secondo livello e definire il percorso clinico più specifico per il paziente. Per lo svolgimento dei compiti previsti, le figure professionali da garantire all’interno di ciascun Cip sono almeno un oncologo e case-manager, con la necessità di coinvolgere la figura professionale dello psico-oncologo. II Gico, a differenza dei Cip, non rappresenta una struttura da creare ex-novo, bensì “una nuova modalità operativa di approccio multidisciplinare al paziente, svolto da tutti i professionisti sanitari, tra cui lo psico- oncologo, direttamente coinvolti nel percorso diagnostico terapeutico specifico per la patologia oncologica”. I Gico comprendono al proprio interno figure professionali di diverse discipline che, attraverso una valutazione globale della persona malata in un approccio di interdisciplinarietà Nel Gico si prevede che siano presenti infermieri, psicologi/psico-oncologi, fisioterapisti a seconda delle competenze necessarie a garantire la migliore presa in carico del paziente in relazione al tipo di tumore. La Regione ha già provveduto a definire i Gico per il tumore del polmone, tumore della mammella, tumore del colon e del retto. Le quattro Asl, impone la delibera del 14 aprile, devono predisporre, con uno specifico atto aziendale ed entro tre mesi dall’approvazione della Piano, la formalizzazione del Polo oncologico aziendale, individuandone il responsabile, tutte le unità operative ospedaliere e territoriali coinvolte nel percorso clinico-assistenziale del paziente oncologico e le sedi fisiche e le modalità organizzative. Ultimo capitolo è riservato alle cure palliative, per chi è purtroppo il stato di inguaribilità, e diventa importante integrare le cure palliative e di supporto “con una crescente attenzione alla dimensione psicologica e di tutela familiare. Si passa così dall’attenzione alla cura della malattia del paziente, al concetto del prendersi cura della persona”. Pertanto, in ciascuna Asl deve essere prevista una Rete locale di cure palliative, con designazione di un coordinatore, con l’obiettivo di garantire la presa in carico dei malati terminali nelle diverse sedi di intervento, attraverso la definizione di percorsi dedicati che coinvolgano le macroaree interessate (distretto e ospedale), tenendo in considerazione che “è universalmente riconosciuta la necessità che la integrazione tra trattamenti attivi e cure palliative, in una logica di ‘simultaneous care’, sia assicurata in modalità precoce per avere il miglior impatto sia sulla qualità di vita che sulla sopravvivenza dei pazienti”. L’erogazione delle cure palliative può avvenire in diverse tipologie di strutture sanitarie, quali ospedale, ambulatori, hospice, e altre strutture residenziali sebbene sia da privilegiarsi ad essi il setting di cura domiciliare, che oltre ad avere costi minori rispetto alla residenzialità assicura al paziente di trascorrere gli ultimi mesi di vita nel contesto che meglio gli garantisce il conforto dei propri affetti. Infine si richiama l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome del 17 aprile 2019, che valorizza il ruolo dell’associazionismo oncologico e il coinvolgimento attivo di pazienti, familiari e cittadini rispetto alla propria salute ed alle scelte conseguenti. Si legge nel Piano: “grazie alla maturità ed al livello di preparazione tecnica raggiunti, le rappresentanze dei malati e, più in generale, il volontariato organizzato e attivo in ambito sanitario, sono oggi in grado di individuare ed intercettare per primi i bisogni ancora inespressi dei pazienti”. In particolare “la stretta contiguità con i malati, con le loro famiglie e con i caregiver, consente all’associazionismo in oncologia di monitorare e valutare direttamente sul campo l’efficacia complessiva dell’assistenza, in ogni sua dimensione, anche attraverso parametri non clinici, ma relativi alla qualità della vita intesa nella sua accezione più completa”. Ciò premesso, “la Regione Abruzzo programma di rafforzare il ruolo del volontariato e dell’associazionismo in campo oncologico, prevedendone la possibilità di un coinvolgimento nel Comitato di Coordinamento Regionale ad integrazione del livello tecnico-scientifico; il contributo attivo nell’elaborazione dei PDTA regionali in campo oncologico; la collaborazione con le figure professionali dei Centri di indirizzo al percorso clinico”. Filippo Tronca Abruzzoweb
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