di Lino Spadaccini
Il 26 aprile di centosessant'anni fa si spegneva a Londra il poeta, critico letterario e patriota vastese Gabriele Rossetti, soprannominato il Tirteo d'Italia.
Gabriele Rossetti nacque a Vasto il 1° marzo 1783 da famiglia di umili origini, il padre Nicola era fabbro ferraio, mentre la madre, Maria Francesca Pietrocola, era figlia di un calzolaio. Dopo aver compiuto i primi studi nella sua città natale, sotto la guida del fratello Andrea, canonico a S. Maria Maggiore, si recò a Napoli per tentare maggior fortuna, munito di una raccomandazione di D. Venceslao Mayo per il Marchese Tommaso d'Avalos.
Abbandonata la pittura, il suo primo amore, Gabriele si dedicò con forza alla poesia idilliaca e pastorale, componendo per il Teatro S. Carlo alcuni libretti di opere musicali. I continui mutamenti degli scenari politici, i repentini cambi di governo, cominciarono a formare in lui un pensiero liberare definito che lo portarono da subito ad essere membro attivo dell'Assemblea Generale della Carboneria, tanto che un suo biografo, il De
Angelis, lo definì "anima di tutti i movimenti insurrezionali".
Nel 1820 moti insurrezionali si svilupparono dappertutto con l'obiettivo di ottenere la costituzione dal re Ferdinano I. Il 9 luglio dello stesso anno, entrato Guglielmo Pepe trionfante a Napoli alla testa di settecento soldati e molti carbonari, comparve un editto, in cui il Re promise la costituzione.
L'entusiasmo del Rossetti fu davvero alle stelle e riuscì a trovare la felice ispirazione per una delle poesie più belle scritte dal Tirteo d'Italia: Sei pur bella con gli astri al crine.
Sei pur bella con gli astri al crine
Che scintillan quai vivi zaffiri
È pur dolce quel fiato che spiri,
Porporina foriera del dì.
Col sorriso del pago desio
Tu ci annunzi dal balzo vicino
Che d'Italia nell'almo giardino
Il servaggio per sempre finì
…
Ma nove mesi più tardi il re Ferdinando, che si trovava in Austria, decise di sopprimere la costituzione, avvalendosi dell'aiuto delle truppe austriache. Profondamente deluso, Gabriele scrisse:
Re fellon che ci tradisti,
Tu rapisci e non racquisti:
Maledetto, o re fellon,
Sii dall'austro all'aquilon!
Maledetto ogni malnato
Che ha tramato ─ insiem con te!
Maledetto ─ ogni soggetto
Che ti lambe il sozzo piè!
Personaggio scomodo e pericoloso, il Rossetti venne processato e condannato a morte.
Con proclama del Re, datato 28 settembre 1822, venne concessa l'amnistia per tutti coloro che avevano partecipato ai movimenti rivoluzionari, eccetto tredici persone: Gabriele Rossetti era il tredicesimo nominativo, a dimostrazione della pericolosità che destavano i versi del poeta vastese.
Costretto a fuggire, l'esule vastese riparò prima a Malta e poi a Londra, dove giunse il 7 aprile del 1824. Due anni più tardi sposò Maria Francesca Lavinia, secondogenita di Giovanni Polidori, letterato e segretario di Vittorio Alfieri. Dalla loro unione nacquero quattro figli: Maria Francesca (1827-1876), Dante Gabriel (1828-1882), William Michael (1829-1919) e Christina Giorgina (1830-1894).
Gabriele Rossetti si guadagnò da vivere come professore di lingua italiana.
Nel 1831 fu nominato professore al King's College di Londra. Di spirito liberale e fervido patriota, non perse mai la speranza di poter rivedere la sua amata patria. Nel 1832 si era illuso che il nuovo sovrano Ferdinando II potesse permetterlo, ma l'arresto di un suo amico, trovato con in tasca una copia del suo libro "Sullo spirito antipapale che produsse la riforma", lasciò cadere le già scarse speranze.
Le entrate non erano elevate e il Rossetti a stento riusciva a mandare avanti la famiglia, ancor più quando, dopo il 1842, la salute cominciò ad abbandonarlo: colto da varie paralisi e ridotto alla cecità quasi completa, fino al mattino del 26 aprile 1854, quando si spense nella sua casa al numero166 di Albany Street a Regent's Park.
Il corpo venne sepolto nel cimitero monumentale di Highgate, dove tuttora si trova.
Il figlio William Michael nella sua biografia di famiglia, così descrisse il padre: "Fisicamente Gabriele Rossetti fu piuttosto sotto la media statura e in carne fino a che la salute non l'abbandonò: aveva la fronte larga, e il naso prominentemente delineato, larghe narici, occhi di colore oscuro, bocca piacente, attraente sorriso, e riso schietto. Egli non gesticolava molto, ma naturalmente più di un inglese. Le sue mani erano piuttosto piccole, sciupate dall'abitudine acquistata di rodersi le unghie...".
Gabriele Rossetti fu uomo di temperamento energico e vivace e affettuoso padre di famiglia. Di fede protestante, non frequentò nessuna chiesa, pur mantenendo il dovuto rispetto per il lato morale e spirituale della religione cristiana. Egli era convinto che il Papa era la causa di tutti i mali in Italia e che l'alleanza dei pontefici con gli oppressori fu sempre fatale alla causa italiana.
Lo storico Luigi Anelli, nel suo libro "Origine di alcuni modi di dire popolari nel dialetto vastese", ricordò un simpatico incontro Gabriele Rossetti ed il pittore Gabriele Smargiassi. Siamo negli anni '30, il pittore vastese si trovava nella capitale inglese per partecipare all'Esposizione Universale con alcuni suoi quadri e approfittò dell'occasione per fare una visita all'amico, che non vedeva da tanti anni. Giunto a casa Rossetti, davanti al cameriere che gli aprì la porta gli chiese: "Šta Gabbrijèle?". Il cameriere ovviamente non capì e Smargiassi, indispettito, alzando la voce ripetè nuovamente: "Li capësce ca vajje truvànne Gabbrijèle Rusciätte?". Il Rossetti, sentendo il suono familiare del suo dialetto, dall'interno della stanza risponse: "Trasce, frate sê' ca štingh' aècche".
L'incontro tra i due vastesi venne ricordato, molti anni dopo da William Michael Rossetti, nei suoi Ricordi (Some Reminiscences): "Devo ammettere che la nostra abitazione era arredata con pochi oggetti d'arte decorativi", scrisse il figlio del poeta vastese, "ma a partire proprio dal 1837 essa si arricchì di alcune opere di valore quando un pittore vastese di fama locale, Gabriele Smargiassi, ci venne a trovare per trascorrere alcuni giorni con il suo concittadino e vecchio amico Rossetti, offrendo in dono a mia madre due piccoli dipinti ad olio – uno rappresentante la città marinara di Vasto e l'altro la Grotta Azzurra di Capri".
Chiudiamo questo breve ricordo sull'esule vastese con una bella poesia scritta nel 1954 dal Prof. Adelio Tilli in occasione del centenario della morte:
A Gabriele Rossetti
nel centenario della morte
S'erge solenne, dignitosa, fine,
l'imago tua ne la piazza desta,
d'immortal Carme chiosator festino,
cantor gentile de le patrie gesta.
S'erge ammonendo e ne rammenta sempre
l'età miranda, prezïosa bella,
ch'un popol morto racquistò la tempra,
s'unì cantando e si ripose in sella
Rimembra a' vivi d'esta vita frale
l'amor d'Italia, cara terra santa,
che certa attende di tornar possente;
Riguardo triste quelle luci - strali,
penètro l'alma nel sonar de' canti,
d'esser m'adonto d'un'età torpente.