Mercoledì, 16 Luglio 2025 Abruzzo

RETE OSPEDALI: ATTI BOCCIATI, LA VERI’ DIFENDE I DIRETTORI GENERALI

OGGI SUMMIT, SCONTRO TRA MARSILIO E I BUROCRATI

Non solo la voragine nei conti della sanità, con un piano di risanamento per far fronte ad un passivo che sforerà i 1oo milioni per quest’anno, e anche per gli anni a venire, consegnato il 10 luglio scorso e ora al vaglio del Tavolo di monitoraggio interministeriale.

Ad agitare le acque nella maggioranza di centrodestra di Marco Marsilio e dell’assessore alla Salute Nicoletta Verì, c’è anche lo scoglio rappresentato dagli atti aziendali delle Asl di Chieti, Pescara e Teramo, per l’applicazione nel concreto della nuova rete ospedaliera abruzzese, con il chi fa cosa e dove e con corpose razionalizzazioni.

Atti bocciati, ritenuti “irricevibili”, non  aderenti alle linee guida approvate dalla stessa Regione, dal direttore del dipartimento Sanità, Emanuela Grimaldi e dal direttore dell’Agenzia sanitaria regionale (Asr), diretta da Pierluigi Cosenza, che ha concepito la nuova rete approvata nel dicembre 2023, annunciata in pompa magna come una rivoluzione, ma ancora sulla carta.

In una situazione dove l’alta burocrazia regionale continua a scontrarsi con la politica, e contro la logica dei campanili che tende dietro le quinte a favorire questo o quel nosocomio, questo o quel reparto, ricadente nei vari collegi elettorali, con i direttori generali delle Asl che fanno da questo punti di vista gli esecutori.

Gli atti aziendali sono stati ora presi in consegna dallo stesso assessore Verì, per studiare e valutare le modifiche da apportare, e saranno al centro assieme agli altri punti caldi del dossier sanità in un summit convocato per oggi pomeriggio alle 15.30.

Sono stati gli stessi Grimaldi e Cosenza a consegnare a Verì i tre atti aziendali “difettosi”, per una valutazione ulteriore, assieme a proposte di modifica arrivate – su perentorio sollecito del dipartimento e Asr – , da parte dei dg Vero Michitelli della Asl Pescara, Maurizio Di Giosia della Asl di Teramo e Mauro Palmieri della Asl provinciale di Chieti.

Verì sta ora cercando di mediare nel muro contro muro tra dipartimento e Asr da una parte, e i direttori generali, dall’altra. Questi ultimi sotto accusa da parte della maggioranza della politica di centrodestra, escluso Marsilio,  che tende a difendere i manager.

Come era inevitabile, non sono stati del resto consegnati al Tavolo di monitoraggio interministeriale. Non è dato a sapere, finché non si avrà accesso al verbale, quale sia stata la reazione degli inflessibili tecnici ministeriali, in una riunione in cui c’è divieto di accesso per esponenti politici.

L’unico atto aziendale per ora considerato secondo i crismi è quello della Asl dell’Aquila, che però di fatto è stato redatto, con una sorta di commissariamento, direttamente dall’Asr e della staff di Cosenza, in soli tre giorni, visto i ritardi accumulati dall’azienda retta da inizio giugno dal dg facente funzione Stefano Di Rocco, che ha preso il posto di Ferdinando Romano , che non ha ottenuto una seconda proroga.

Il punto però è che alla fine dei conti, l’approvazione degli atti aziendali spetta in ogni caso all’Asr, e poi dovrà essere il dipartimento ad approvare l’apposita delibera.

E allora potrebbe spezzarsi la corda, se la politica la tirerà troppo nel tentativo di annacquare quello che invece è stato previsto, tassativamente, nelle linee di indirizzo approvate a maggio e che prevedono quattro ospedali, quelli di L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo, ovvero le città capoluogo, con funzioni hub per le reti tempo dipendenti, ovvero la rete stroke, politrauma e trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese, quattro ospedali di primo livello, che sono Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto e sei ospedali di base, a Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero, due presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso, a Castel di Sangro e Atessa.

Manca però ancora la localizzazione dei due ospedali di secondo livello, che saranno decisi entro il 2026, previsti dal decreto ministeriale 70, la famigerata legge Lorenzin del 2017, super nosocomi con tutte le specialistiche, ma con un bacino di utenza tra 600.000 e 1.200.000 abitanti.

Conti alla mano, anche in ambienti sanitari, si calcola che con quest’opera di razionalizzazione si otterrebbero decine di milioni di euro di risparmi l’anno, soprattutto in maniera strutturale, visto che comunque i presidi territoriali sarebbero garantiti in buona parte anche dalle case e ospedali di comunità che stanno per essere realizzati in maniera diffusa su tutto il territorio regionale grazie ai fondi del Pnrr.

Ad intervenire in tema è stato Alessandro Grimaldi, segretario regionale abruzzese del sindacato dei medici Anaao e  presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia dell’Aquila, dirigente medico della Asl provinciale, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale  San Salvatore del capoluogo regionale e capo dipartimento Medicina della stessa azienda.

Senza fare nomi, ha denunciato che “se una Asl decide, nell’atto aziendale di potenziare e salvaguardare una determinata struttura, in base alle competenze, alla qualità e alla intensità del servizio, c’è necessità che la parola chiave sia meritocrazia, non c’è bisogno di gente che lavora due giorni a settimana”, e che “nelle scelte, va tutelato il diritto alla salute, la qualità del servizio, e non l’interesse un determinato professionista, per accontentare le richieste o le ambizioni di qualcuno che può essere di origine ospedaliera, e anche universitaria”.

Lasciando chiaramente intendere che in soldoni, che il criterio scelto negli atti aziendali bocciati, di declassare questa o quella unità operativa semplice e complessa, o servizio in questo o quel nosocomio, sono stati criteri non oggettivi, ma a tutela dei primari e professionisti che lì operano, meritevoli di un “occhio di riguardo”.  Un andazzo che riguarda anche la presenza delle università per i percorsi di didattica e formazione.