Giovedì, 3 Settembre 2009 NazionaliBoffo si dimette da direttore di Avvenire: «Violentate la mia vita e la mia famiglia»Dimissioni irrevocabili con lettera a Bagnasco, che risponde: «Stima inalterata, oggetto di inqualificabile attacco mediatico»Il direttore di Avvenire, Dino Boffo, si è dimesso. Boffo ha lasciato con una lettera inviata al card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, editore del quotidiano. Bagnasco ha preso atto con rammarico delle dimissioni, rinnovando a Boffo «l'inalterata stima per la sua persona, oggetto di un inqualificabile attacco mediatico». L'addio arriva dopo che Il Giornale di Vittorio Feltri sette giorni fa ha rivelato una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto Boffo fra il 2001 e il 2002.
«Non posso accettare che sul mio nome si sviluppi ancora per giorni e giorni una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani», scrive Boffo nella lettera a Bagnasco nella quale presenta le dimissioni «irrevocabili» e «con effetto immediato» sia da Avvenire che dalla tv dei vescovi Tv2000 e da Radio Inblu. «La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni, sono state violentate con una volontà dissacratoria che non immaginavo potesse esistere», dice ancora Boffo. «L'attacco smisurato, capzioso, irritualmente feroce che è stato sferrato contro di me dal quotidiano Il Giornale guidato da Feltri e Sallusti, e subito spalleggiato da Libero e dal Tempo, non ha alcuna plausibile, ragionevole, civile motivazione: un opaco blocco di potere laicista si è mosso contro chi il potere, come loro lo intendono, non ce l'ha oggi e non l'avrà domani», scrive ancora l'ex direttore di Avvenire. Accuse sessuali una montatura, grazie a Maroni. «Grazie a Dio, nonostante le polemiche, e per l'onestà intellettuale prima del ministro Maroni e poi dei magistrati di Terni, si è chiarito che lo scandalo sessuale inizialmente sventagliato contro di me, e propagandato come fosse verità affermata, era una colossale montatura romanzata e diabolicamente congegnata», afferma ancora Boffo. «Fin dall'inizio - prosegue - si era trattato d'altro. Questa risultanza è ciò che mi dà più pace, il resto verrà, io non ho alcun dubbio. E tuttavia - sottolinea - le scelte redazionali che da giorni taluno continua accanitamente a perseguire nei vari notiziari dicono a me, uomo di media, che la bufera è lungi dall'attenuarsi e che la pervicace volontà del sopraffattore è di darsi ragione anche contro la ragione». Insomma, è lo sfogo di Boffo, «mi si vuole a tutti i costi far confessare qualcosa, e allora dirò che se uno sbaglio ho fatto, è stato non quello che si pretende con ogni mezzo di farmi ammettere, ma il non aver dato il giusto peso ad un reato "bagatellare", travestito oggi con prodigioso trasformismo a emblema della più disinvolta immoralità». Ma «Feltri non si illuda - avverte Boffo -. C'è già dietro di lui chi, fregandosi le mani, si sta preparando ad incamerare il risultato di questa insperata operazione», che è diventata «qualcosa di più articolato». «E mentre sento sparare i colpi sopra la mia testa mi chiedo: io che c'entro con tutto questo? In una guerra tra gruppi editoriali, tra posizioni di potere cristallizzate e prepotenti ambizioni in incubazione, io - scrive ancora - che c'entro? Perché devo vedere disegnate geografie ecclesiastiche che si fronteggerebbero addirittura all'ombra di questa mia piccola vicenda?». Il Vaticano non intende commentare le dimissioni del direttore dell'Avvenire. «Lasciamo tutto alla Conferenza episcopale - ha detto il portavoce della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi - mi pare che sia la sede corretta e il suo presidente ne ha l'autorità. Non abbiamo altro da aggiungere». Feltri. «Il direttore di Avvenire si è dimesso a causa mia e dell'attacco del mio giornale? Mi si attribuisce un potere che so di non avere, se lo ha fatto e se il Vaticano ha accettato le sue dimissioni, ci sarà un buon motivo», ha commentato Feltri, respinge al mittente le parole del direttore di Avvenire. Feltri dice di non sentirsi «né di aver vinto, né di aver perso. Non c'è niente né da vincere, né da perdere, piuttosto qualcuno si deve rimangiare gli insulti e tutto quello che è stato scritto su di me, compreso il Vaticano. Da questa vicenda l'unica cosa chiara alla fine è che c'è un evidente doppiopesismo intollerabile». «Per quanto mi riguarda - aggiunge Feltri - mi interesserebbe solo che il Gip mettesse gli atti a disposizione degli altri come si fa in una montagna di altri casi». Mentre denuncia «che in tutta questa vicenda sono stato bersaglio di attacchi intollerabili, mentre Il Giornale non ha fatto che portare in prima pagina una vicenda. Il resto - conclude Feltri - è solo sfera delle indiscrezioni, come quella che sono manovrato da Berlusconi». Boffo oggi aveva pubblicato oggi su Avvenire un elenco di «dieci falsità» attribuite al Giornale. Nella rubrica «il direttore risponde», che affianca una pagina e mezza di lettere di solidarietà come accade da alcuni giorni, Boffo contesta una per una le accuse emerse in questi giorni, scegliendo una formula che ricorda le «dieci domande» di Repubblica al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Queste le 10 osservazioni del direttore del giornale dei vescovi: primo, la definizione di «noto omosessuale» non trova alcun riscontro nei documenti giudiziari. Secondo, Boffo non è stato «attenzionato» per le suddette inclinazioni, come ha chiarito il ministro dell'Interno, negando che esista alcuna forma di «schedatura». Terzo, non c'è mai stata una querela contro Boffo da parte di una signora di Terni, perché la denuncia era stata presentata «contro ignoti da soggetti che ben conoscevano Boffo e la voce di Boffo e che, quando hanno scoperto che era stato ipotizzato il coinvolgimento del cellulare in uso al suo ufficio, hanno rimesso la querela». Quarto, non ci sono mai state intercettazioni, ma solo tabulati delle telefonate partite da un cellulare di Boffo. Quinto, il direttore di Avvenire conosceva la donna vittima delle molestie, che avrebbe quindi riconosciuto la sua voce se fosse stato lui a fare quelle chiamate. Sesto, non è vero che Boffo ha scaricato le accuse su una terza persona, ma ha solo dichiarato ai magistrati che quel telefono avrebbe potuto essere utilizzato da altri. Settimo, non ci sono state «intimidazioni» né molestie a sfondo sessuale», parola semmai riferita negli atti, come ha specificato il gip di Terni, ai rapporti tra la donna e il suo compagno. Falso è anche, scrive il direttore di Avvenire all'ottavo punto, che lui si sia mai detto colpevole offrendosi di patteggiare la pena. «Boffo non ha patteggiato alcunché e ha sempre rigettato l'accusa di essere stato autore di telefonate moleste». Aveva invece pagato l'ammenda ritenendola «una semplice remissione amministrativa conseguente agli effetti della remissione della querela. Boffo contesta infine di aver mai reso pubbliche "ricostruzioni" della vicenda, né chiamato in causa «nessun'altra persona, nessun ente e istituzione» e «nonostante il pesantissimo attacco diffamatorio del Giornale non intende consegnare niente e nessuno al tritacarne mediatico da questo generato e coltivato». Infine, Boffo ribadisce che la "nota informativa" citata dal Giornale altro non è che «una lettera anonima diffamatoria». La risposta del cardinale Angelo Bagnasco.Il cardinal Bagnasco, si legge nel comunicato della Cei - «nel confermare a Dino Boffo, personalmente e a nome dell'intero episcopato, profonda gratitudine per l'impegno profuso in molti anni con competenza, rigore e passione, nel compimento di un incarico tanto prezioso per la vita della Chiesa e della società italiana, esprime l'inalterata stima per la sua persona, oggetto di un inqualificabile attacco mediatico. Apprezzando l'alta sensibilità umana ed ecclesiale che lo ha sempre ispirato gli manifesta vicinanza e sostegno nella prova, certo che il suo servizio alla Chiesa e alla comunità civile non verrà meno». |