Giovedì, 13 Settembre 2007 NotizieL'omelia di mons. Bruno Forte per l'ordinazione episcopale di mons. Pietro SantoroE' stata letta in Santa Maria Maggiore lo scorso 6 settembre alla presenza di migliaia di fedeliSorelle e Fratelli nel Battesimo! Fratelli nella grazia del Sacerdozio! Fratelli nel dono e nella responsabilità dell'Episcopato! La Parola di Dio che ci è stata appena proclamata presenta un dittico, che potremmo chiamare il dittico del buon Pastore: da una parte, nella prima e nella seconda lettura, il Pastore è Dio in cerca dell'uomo; dall'altra, nel brano del Vangelo, a renderci in qualche modo tutti pastori è la fede, perché chi crede compirà le opere di Colui che è il buon Pastore. Vorrei leggere questo dittico in riferimento a Te, carissimo don Piero, chiamato all'episcopato al servizio del popolo santo di Dio nella Chiesa dei Marsi ed ordinato Vescovo stasera nella stessa Chiesa dove ricevesti il battesimo: nelle due tavole che la Parola ci presenta riconosco così, con gli occhi dell'affetto profondo e della stima che mi unisce a Te, il dittico del sogno di Dio per Te e della Tua vita donata totalmente a Lui per il bene dei fratelli, una vita di cui tutta la Comunità diocesana, e in modo particolare quella di Vasto e di San Salvo, è fiera e grata profondamente al Signore. La prima tavola del dittico narra la storia del divino Pastore: la prima lettura è tratta dalla sezione forse più struggente del libro di Ezechiele, quella in cui il Profeta consola il suo popolo durante e dopo l'assedio di Gerusalemme (capitoli 33-39). Il brano (34,11-16) anticipa alcuni dei temi più belli della predicazione di Gesù, come quello della pecorella smarrita (cf. Mt 18 e Lc 15) o quello del Pastore che dà la vita per le sue pecore (cf. Gv 10,11-18). Attraverso il Profeta, è Dio stesso a consolare il Suo popolo, a invitarlo a credere in Lui, ad aprirsi all'impossibile possibilità del Suo amore, mai stanco di iniziare ad amare. L'opera del divino Pastore è descritta in tre grandi momenti: Dio stesso cercherà le Sue pecore e ne avrà cura; le radunerà da tutti i luoghi dove erano disperse per ricondurle nella terra della Sua promessa; le farà pascolare sui monti d'Israele. È commovente questo Dio in cerca dell'uomo, mendicante d'amore da chi pure aveva rifiutato il Suo amore: ed è tenera l'immagine del Pastore che conduce le pecore ai pascoli della vita e le mette al sicuro nella Sua casa. Come una madre, il Dio Pastore nutre le sue pecore e lo fa portandole sui monti alti d'Israele: c'è qui un simbolismo stupendo, che i Padri della Chiesa hanno indagato lasciandosi ammaestrare dalla sapienza rabbinica. Nella Bibbia il monte è il luogo della rivelazione, dove il cuore divino si apre al Suo popolo: sul Sinai come sul Carmelo, sul Tabor come sul Calvario, Dio e l'uomo si incontrano, il cuore dell'Uno parla al cuore dell'altro, "cor ad cor loquitur". I monti d'Israele, poi, sono le divine Scritture, quelle che l'Eterno ha consegnato al Suo popolo affinché le parole d'amore, dette sui monti della rivelazione, fossero sempre vive e attuali, pronte a parlare alla fede innamorata e a strappare le lacrime del ritorno al Signore dei cuori pentiti (come avviene nella bellissima scena della riscoperta dei rotoli della Parola di Dio al tempo di Esdra e Neemia: cf. Ne 8). Il Pastore divino nutre, dunque, il Suo popolo della parola di vita, toccando i cuori, fasciandone le ferite, pascendo ciascuno con giustizia. Questa profezia di consolazione e di speranza diventa realtà palpabile nel racconto che abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli (1,3-8): la Parola della vita, in cui i discepoli avevano creduto, ingoiata dalla morte, è ora lì, davanti a loro a mostrarsi vivente (v. 3). In questo versetto la testimonianza della resurrezione è
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inequivocabile. Come dice letteralmente il testo greco, "egli si fece da presso (paréstesen) vivente": non è qualcosa che diviene nei discepoli, ma Qualcuno che viene a loro e si presenta vittorioso della morte. La resurrezione non è la causa di Gesù che va avanti per la forza del desiderio dei seguaci, ma il nuovo inizio che Lui, risorto dai morti, viene a suscitare in loro. "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio". In questo numero simbolico - quaranta, come il numero degli anni d'Israele nel deserto o dei giorni di Gesù nella solitudine - c'è la promessa della presenza viva del Risorto in mezzo ai Suoi fino alla fine del tempo, nel lungo cammino dell'esodo della Chiesa da questo mondo al Padre. Lui, il Vivente, è con noi: il buon Pastore ci nutre del suo pane celeste, come sembra sottolineare la notazione "mentre si trovava a tavola con loro"; ci parla incoraggiandoci ad "attendere che si adempia la promessa del Padre"; ci promette e dona lo Spirito Santo: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". Alla tavola dell'iniziativa del Pastore divino - presentataci dalle prime due letture - corrisponde nel Vangelo che ci è stato proclamato (Gv 14,12-17. 25-26) la tavola della fede: "Chi crede in me - dice Gesù -, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre". Secondo la promessa del Figlio la fede ha il potere di trasformare noi, deboli e peccatori, in operatori di verità, di giustizia e di pace come Lui, pastori nell'unico, bel Pastore che salva. Questo miracolo si compie dove la preghiera crea lo spazio dell'invocazione, dell'adorazione e dell'attesa: "Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio". In risposta alla domanda fatta con Gesù e attraverso di Lui ci sarà offerto il dono dello Spirito: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre. egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". La preghiera della fede accenderà in noi la memoria di Dio. La presenza dello Spirito ci introdurrà alla verità tutta intera. Sarà la fede a trasformarci in tempio vivo, in cui l'Eterno prenderà dimora per offrirci la Sua vita e contagiare ad altri il Suo dono. È a questo punto che il dittico del buon Pastore e della fede viva si incontra con la Tua storia, carissimo don Piero, eletto Vescovo della Chiesa di Dio. Il Signore è entrato nella Tua vita e Ti ha condotto sui monti d'Israele: la Sua Parola è stata la passione e la gioia del Tuo cuore. L'hai meditata giorno e notte; l'hai annunciata senza risparmiarTi; hai generato con essa figli per Dio. La comunità parrocchiale di San Nicola in San Salvo, una delle più vive della Diocesi a me affidata, è nata e cresciuta con Te, generando meravigliose vocazioni al servizio di Dio, nella famiglia come nel sacerdozio e nella consacrazione religiosa. Hai costruito il tempio di pietra, segno del tempio di pietre vive, articolato e dinamico, che anima innumerevoli iniziative. Hai voluto il teatro parrocchiale, spazio di incontro, controcanto del vissuto, per accendere la riflessione e far crescere la maturità delle coscienze. Ti sei speso con tutta l'anima per la pastorale dei giovani nell'intera nostra Chiesa diocesana, e li hai portati con Te sulle vie del mondo a tutte le Giornate della gioventù radunate dal Successore di Pietro. Dio Ti ha veramente colmato di doni!
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