Martedì, 13 Maggio 2025 Chieti

Il Gip di Chieti vuole processare Mauro Febbo

L'accusa nei confronti dell'uomo di Forza Italia è "corruzione"

 L’ex assessore e consigliere regionale Mauro Febbo, di Forza Italia, va processato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sull’intreccio tra la politica e gli affari dell’imprenditore della sanità Vincenzo Marinelli, morto il 24 ottobre scorso a 88 anni.

A ordinare l’imputazione coatta,  come riferisce il Centro, è stato il giudice per le indagini preliminari di Chieti Andrea Di Berardino, che ritiene «formulabile una ragionevole previsione di condanna» del  politico teatino, 66 anni, il cui comportamento viene definito «spregiudicato».

Entro dieci giorni la procura di Chieti dovrà formulare l’accusa a carico di Febbo per il reato  di  «corruzione per l’esercizio della funzione» poi, un altro giudice fisserà l’udienza preliminare. Il reato, secondo il gip, si è protratto da luglio 2019 a marzo 2021 nel contesto del project financing proposto da Medipass spa – di cui Marinelli era agente – per la realizzazione del nuovo polo oncologico dell’ospedale di Chieti: Febbo, all’epoca prima assessore regionale alle attività produttive e poi consigliere di maggioranza, avrebbe ricevuto una dazione di 10.000 euro «per compiere atti del proprio ufficio» e, in particolare, «non osteggiare in sede politico-amministrativa» quel progetto.

Il caso è arrivato davanti ai pm teatini dopo che il gip di Pescara, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla procura del capoluogo adriatico nei confronti di Febbo e di altri dieci imputati, aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale per la vicenda relativa al policlinico Santissima Annunziata. E i pm teatini, lo scorso 17 marzo, avevano presentato richiesta di archiviazione per Febbo  ritenendo l’«insussistenza di un accordo corruttivo» e ipotizzando un reato diverso, quello di «finanziamento illecito ai partiti».

Secondo il gip Di Berardino, «il rapporto tra il privato (Marinelli, ndr) e il pubblico ufficiale (Febbo, ndr), evincibile dal compendio indiziario, è stato pacificamente connotato, innanzitutto, dalla consegna,a suo dire,dar credito alla mera negazione dell’indagato che ha abbozzato la fantasiosa tesi difensiva della omonimia (che poi tale non è) con un altro politico chietino”.

La dazione sarebbe provata da indizi gravi, precisi e concordanti. La conversazione tra Marinelli e suo segretario il 3 luglio 2020  lascerebbe intendere la preparazione e la dazione del denaro: “Lunedì mattina lo devo dare… a Febbo! La campagna elettorale già a Chieti! Dieci!». il segretario commenta: “Però questo che dopo… se lo ricordasse! Oh, ma ti potessero dare un mano”.

Il giudice evidenza «la naturale predisposizione di Febbo a proporre a imprenditori contributi di denaro e false fatturazioni, ciò che rafforza la plausibilità della sua ricezione di fondi per esigenze personali o comunque legate alla sua attività personale di politico (si leggano, in tal senso, anche i riferimenti fatti da Febbo, in conversazioni con terzi, ai sondaggi commissionati e pagati in nero) e non certo per il partito di appartenenza, praticamente mai menzionato».