Giovedì, 8 Maggio 2025 VasteseATESSA: “VERITA’ SUL SAN CAMILLO DE LELLIS”TERZA PUNTATA REPORTAGE AMMINISTRAZIONE“I fatti che abbiamo raccontato nella prima e seconda parte della nostra ricostruzione sono chiari e non lasciano spazio a propagande di parte e polemiche sterili. E, allora, ci chiediamo perché chi si era dichiarato d’accordo con noi sulla possibilità di avere in Atessa una struttura sanitaria mista (Presidio Ospedaliero + Presidio Territoriale di Assistenza) si rassegna all’esistente e lo magnifica addirittura come se fosse una grande realtà ospedaliera? Il cosiddetto ‘Ospedale di Comunità’ e servizi ambulatoriali, sicuramente importanti e utili, rientrano nel PTA e non sono un Presidio Ospedaliero. Perché, quindi, non vengono separati gli ingressi tra le due distinte parti dell’edificio del ‘San Camillo’? La legge permette la coesistenza di una struttura mista (ospedaliera e territoriale) a patto che gli ingressi e i percorsi siano differenziati. Se non rispettate la legge, compromettete il futuro dell’ospedale”. È quanto si legge in una nota dell’Amministrazione comunale di Atessa (Chieti), guidata dal sindaco Giulio Borrelli, nella quale, a seguito delle recenti polemiche sui tagli ai servizi, con accuse reciproche con il centrodestra alla guida della Regione, viene ricostruita la storia del presidio ospedaliero. Di seguito la seconda puntata del reportage. (Prima puntata – Seconda puntata) PARTE TERZA (IL SAN CAMILLO DAL 2019 A OGGI) Le elezioni del 10 febbraio 2019 vedono il ritorno al governo regionale del Centro-Destra che, nella sua riorganizzazione della rete ospedaliera, ripropone Atessa come Ospedale al servizio di area disagiata. E non poteva essere altrimenti sulla base dei solidi dati che erano a fondamento della soluzione proposta dall’Amministrazione Borrelli e fatta propria dalla precedente giunta regionale, nel 2018. In epoca Covid 19, il “San Camillo de Lellis” viene completamente sconvolto, ma si pongono anche le basi per il post-pandemia. Dopo sopralluoghi, promesse e delibere aziendali da parte del Direttore Generale della ASL Schael – in cui si prevedeva la Rianimazione- l’ospedale e il distretto sanitario di base – in sole 48 ore – vengono completamente smantellati, per fare posto al cosiddetto “Covid Hospital”. In realtà era un reparto di medicina per l’assistenza a pazienti paucisintomatici. E cosa davvero singolare, dopo l’emergenza, il reparto di medicina, con il pensionamento del primario, viene chiuso e non più riaperto. L’epoca Covid, comunque, pone in evidenza la necessità di potenziare l’assistenza territoriale, che si è rivelata uno dei punti deboli del sistema sanitario. L’Unione europea (tanto bistrattata da alcuni) assegna all’Italia 2 miliardi di euro per realizzare i P.T.A., i presidi territoriali. In Abruzzo ne sono previsti cinquanta. Uno dei 50 è in Atessa che, oltre ai fondi PNRR, ha beneficiato anche di sostanziose donazioni private durante la pandemia. Non c’è, quindi, nessun merito particolare di amministratori regionali nel portare avanti questi progetti. L’endoscopia, ammodernata e potenziata, c’era già prima al “San Camillo” ed era una UOS (Unità Ospedaliera Semplice). La Fisioriabilitazione è rimasta, e dovrebbe esserci anche la riabilitazione polmonare perché Atessa è stata inclusa -dopo il Covid- nella rete dell’assistenza regionale in caso di nuove epidemie. Un riconoscimento va dato alla giunta Marsilio perché, dopo 4 anni dal proprio insediamento, a marzo 2019, è riuscita a farsi approvare “sulla carta” dal Tavolo romano di monitoraggio (composto dai ministeri della Salute e dell’Economia) la riprogrammazione ospedaliera. Senonché oggi lo stesso Tavolo romano, come più volte denunciato anche dal comitato ristretto dei sindaci della Asl Chieti- Lanciano-Vasto, sottolinea per l’Abruzzo: – mancanza di programmazione, che non permette un adeguato controllo dei costi; – assenza di un piano finanziario che permetta di conoscere i costi della rete ospedaliera prevista nel piano, come già accaduto per la rete territoriale; – deficit di oltre i 100 milioni di euro, ripianati solo parzialmente con ulteriori tagli ai servizi ed aumento delle tasse a carico dei cittadini (IRPEF regionale). – fondi nazionali per ridurre le liste d’attesa utilizzati, in parte, per coprire buchi di bilancio; – cittadini bisognosi di cure messi nelle “liste di galleggiamento”, dando loro la prenotazione, ma non la data dell’appuntamento, così da nasconderli alle statistiche; – tempi di intervento dei mezzi di soccorso superiori a quelli fissati dalle autorità sanitarie: 25 minuti perché l’ambulanza arrivi rispetto ai 18 previsti dagli standard nazionali. Questo è un dato medio, che risulta più alto nelle zone interne e montane. Un mezzo disastro, insomma, certificato da fatti e dati ufficiali, nel cui mezzo vi sono le sorti dell’Ospedale al servizio di area disagiata di Atessa, che non è una gentile concessione di chi oggi amministra, ma un diritto per un intero territorio. Ad oggi, dunque, abbiamo solo un P.T.A., che noi abbiamo sempre giudicato e continuiamo a giudicare essenziale ed utile, a differenza di chi ieri lo considerava un “ospizio” ed oggi lo magnifica, mettendoci sopra il cappello e, magari, anche il trono. Il problema è che non soddisfa la domanda complessiva di sanità del nostro territorio, costituito da più Comuni anche dell’entroterra. Se l’Ospedale al servizio di area disagiata -al quale abbiamo diritto- non si farà mai, come qualcuno va presagendo, perché mancano le risorse a causa dei debiti e del deficit accumulato dalla Regione, diretta da Marsilio e dai suoi alleati di Centro-Destra, smettetela di menare il can per l’aia e riconoscete finalmente come stanno davvero le cose. E, soprattutto, non fate come quei soldati della truppa che, di fronte al rancio, gridano ai superiori “ottimo e abbondante!”. Non spacciate per Ospedale i servizi ambulatoriali e l’”Ospedale di comunità” (che ha un equivoco già nel nome).
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