Sabato, 3 Maggio 2025 Vastese

Il premio allo "scienziato ribelle" Fabio Luciani

Professore ordinario di Immunologia e Machine learning all’University of New South Wales di Sydney

La Repubblica l’ha definito “lo scienziato ribelle”, mosso da una magica triade di qualità che sono “intuizione, curiosità e umiltà”.

È il lancianese Fabio Luciani, professore ordinario di Immunologia e Machine learning all’University of New South Wales di Sydney, il XXVI Frentano d’Oro: ambìto premio, quest’ultimo, fondato dal compianto Ennio De Benedictis e conferito annualmente dall’omonima Associazione, il cui presidente in carica è Stefano Graziani, “a una persona nata nella Frentania che nel campo delle scienze, della cultura, della musica, dell’arte, dell’economia e della professione si è resa benemerita dando lustro e prestigio alla sua terra d’origine in patria e nel mondo”.

Di seguito la nota completa.

Un’infanzia vissuta tra corso Roma – dove la madre possedeva, dal 1963 fino a pochi giorni fa, uno storico negozio di frutta e verdura – il quartiere Sacca e, poi, la campagna di Sant’Egidio; un piglio da ragazzino controcorrente, refrattario alle regole, indisciplinato, poco incline allo studio ma già avvezzo alla responsabilità di aiutare i genitori, sia d’inverno sia d’estate, nell’attività di famiglia.

È questo il profilo del Fabio Luciani bambino, innamorato più che delle lettere dei numeri, da cui emergono quelle già ricordate caratteristiche di “intuizione, curiosità e umiltà” che il professore visionario rivendica ancora oggi come principii guida della sua vita e della sua carriera; e che promette una rivoluzione a breve termine, che ha il gusto di un insperato auspicio, nel campo della cura del cancro: “Fra pochi anni – assicura Luciani – intelligenza artificiale e immunoterapia ci aiuteranno a curare il cancro meglio di qualsiasi altra terapia. La chemioterapia scomparirà”.

È un ulisside il nuovo Frentano d’Oro 2025, che riceverà il prestigioso riconoscimento il prossimo 5 luglio, alle ore 19, al Polo Museale di Lanciano, durante la consueta cerimonia di premiazione, dalle mani del Frentano d’Oro uscente, la flautista Vilma Campitelli.

Un fisico teorico, votato dapprima in apparenza all’ingegneria e adottato poi dalla medicina, che ha orientato tutti i suoi sforzi nel tentativo di applicare l’intelligenza artificiale all’immunologia per curare le malattie autoimmuni e il cancro; spinto da un irrefrenabile desiderio di conoscere, che egli tenta di infondere nei suoi studenti, Luciani incarna il prototipo perfetto del Frentano d’Oro: sebbene irrequieto e inarrestabile intellettualmente e geograficamente, tanto da esser passato, prima di approdare in Australia, per la Germania e l’Olanda, è rimasto sempre fedele alle sue radici e non ha mai dimenticato la sua terra d’origine, di cui conserva il dialetto quale cifra identificativa.

Uomo di genio, egli è rimasto saldamente legato ai valori più autentici della sua gente, compiendo “il folle volo” di diventare scienziato di fama con le sole armi della determinazione e del suo poliedrico ingegno, sfoderando la carta vincente della multidisciplinarietà; interdisciplinarietà che lo vede impegnato nella ricerca, attraverso la quale egli condensa e mette a frutto le sue molteplici competenze nell’intelligenza artificiale, nei modelli matematici, nell’analisi statistica e bioinformatica, nonché nell’immunologia, nella virologia e nella genomica.

“Sono felicissimo di ricevere il Frentano d’Oro”, ha dichiarato Fabio Luciani durante la conferenza stampa tenutasi stamane alla presenza del presidente dell’Associazione, Stefano Graziani, del coordinatore del Premio, Mario Giancristofaro, del sindaco Filippo Paolini e dell’assessore Danilo Ranieri. E ha aggiunto: “È un sogno che si avvera”.

 

Fabio Luciani

Considerazioni sulla mia persona

Sono nato a Lanciano il 18 aprile 1974.

Da piccolo la mia famiglia non navigava nell’oro, quindi sono cresciuto prima in un piccolo monolocale dietro Corso Roma, poi al Quartiere Sacca in Vico Garibaldi n.32, dove ho tantissimi ricordi, tra cui la chiesa di S. Maria Maggiore dove facevo il chierichetto e venivo bacchettato da Don Pietro un giorno sì e l’altro pure.

E tantissimi amici. Giocavo spesso tra i vicoli del quartiere, a calcio, e a nascondino, mi ricordo con affetto decine di bambini a giocare fino a tardi la sera d’estate.

 

A undici anni ci siamo trasferiti in campagna, a S. Egidio, dove mio padre aveva con tanti sacrifici iniziato a costruire una casa, poi non completata per via di vicissitudini varie, inclusa la malattia di mia madre.

Vengo da una famiglia di lavoratori. Mia madre ha un negozio di frutta e verdura dal 1963 ed è aperto ancora oggi. Mio padre ha avuto sempre un senso della natura e già dall’età di 5 anni ha lavorato negli orti di San Egidio.

Entrambi non solo hanno avuto un senso spiccato del dovere, ma anche il desiderio di migliorare e andare avanti con innovazione. Soprattutto mio padre, che è stato il primo a proporre colture in serre e con semi ibridi fin dagli anni ’60, in Abruzzo.

Con questa formazione mi è stata subito proposta una semplice decisione, continuare a lavorare con loro e andare a scuola. Ho scelto la seconda, nonostante avessi tante persone attorno a convincermi dell’opposto.

A scuola non avevo molta voglia di studiare, perché mi piaceva tantissimo giocare con gli amici e fare delle marachelle, avendo sempre uno spirito di compagnia e tanta energia da spendere.

Andai all’asilo Maria Vittoria, con le suore, e mi ricordo benissimo che ricevevo attenzioni particolari per il cibo, dato che il negozio di mia madre era nei paraggi.

Alle elementari andai agli Eroi Ottobrini, anno 1980, con la Maestra Maria Zauri, e un gruppo di bambini con cui sono rimasto in contatto, ancora adesso. Lì ho mosso i miei primi passi verso i numeri. La maestra mi chiamava sempre per risolvere problemi numerici, e diceva alla mia mamma che io ero nato tra i numeri (un po’ meno tra le lettere dell’alfabeto). Alle elementari mi ricordo facevamo sempre delle gare di matematica, io ed il mio migliore amico Andrea de Santis, su chi calcolava il numero più grande o chi faceva prima a moltiplicare numeri a 2 cifre, ecc.

Alle Scuole Medie alla Mazzini, incontro tantissimi amici, amici con cui esco insieme quando torno a Lanciano, incluso il mitico Angelo Venditti. Alle scuole medie comincio a essere interessato alle scienze in generale e alla Biologia, con le lezioni tecniche dei professori Rustignoli e Volpe, e con le lezioni di matematica del professor Gizzarelli. Devo dire che anche qui spesso agivo in maniera abbastanza iperattiva, caratteristica che mi ha accompagnato per tutta la vita, nonostante l’età avanzi.

Durante le scuole, sia d’inverno che d’estate, io e mia sorella Marcella dovevamo aiutare in famiglia, avendo i genitori con attività in proprio. Questo all’inizio ci ha reso la vita un po’ difficile, perché non potevamo andare a giocare spesso come gli altri bambini, ma alla fine ci ha reso più forti e ci ha fatto capire il valore delle cose e della vita. La mia famiglia non ha vissuto nel lusso, ma i miei genitori non ci hanno fatto mancare nulla.

Mi ricordo con affetto le mattinate passate a vendere al mercato con mio padre, oppure alla fiera dell’agricoltura. Ci si alzava alle 3 per caricare il furgoncino e partire. Spesso era una buona scusa per non andare a scuola il sabato. Ma la scuola continuava sulla strada. Anzi, è proprio allora che ho imparato ad essere street smart, a ragionare velocemente e a capire le persone.

Di quel periodo conservo dei ricordi bellissimi. A colazione si facevano delle pause, mangiando tutti i prodotti tipici dei vari paesini attorno a Lanciano. È stato in quei frangenti che ho imparato a fare i conti velocemente e senza sbagliare.

Poi sono arrivati gli anni del liceo scientifico durante i quali, grazie alla favorevole combinazione di alcuni docenti, amici e primi amori, ho sviluppato un interesse smisurato per la scienza, e soprattutto per la fisica e la matematica.

Al liceo a Lanciano ho avuto tantissime persone che mi hanno supportato: mi ricordo il professor Carmine Carmine, la professoressa Crisanti, il professor De Menna, il professor Arena, e tanti altri che riuscivano a capire le mie inclinazioni, nonostante io rimanessi sempre una testa calda.

Dal liceo vado poi a studiare ingegneria a Napoli. In ingegneria rimango solo un anno, perché poi ho deciso di andare a studiare fisica. Durante l’ultimo anno dei miei studi, mia madre ha un incidente stradale, così torno a Lanciano per aiutare la famiglia. Quando mia madre si riprende, mi trasferisco a Bologna. È proprio allora che accade uno degli eventi fondamentali della mia vita: l’incontro con due professori che mi hanno proposto di studiare il sistema immunitario dei centenari, e di provare a usare modelli matematici e fisici per spiegare l’invecchiamento delle cellule.

Quel lavoro mi costrinse (con gran piacere) a studiare per 18 mesi immunologia nella facoltà di medicina, per poi tornare a fisica e completare i miei studi. La mia tesi di laurea fu pubblicata e premiata dalla SISA di Trieste con il Premio Lando Caiani come migliore tesi di fisica meccanica statistica del 2000. A Bologna è nato il mio amore per l’immunologia con un luminare: Claudio Franceschi. «È stato il mio mentore, mi chiamava cavallo pazzo». Torna alla fisica, dottorato in Germania. Tesi sui modelli matematici di immunologia. «Facevo già allora modelli di predizione di come funziona il sistema immunitario».

Dopo Bologna sono partito per il dottorato in Germania, prima a Dresda al Max Planck Institute, poi a Berlino e infine a Utrecht in Olanda.

Nel 2005 decisi di cambiare aria, così mi avventurai verso l’Australia, con una decisione alquanto casuale, e spinta dal desiderio di esplorare.

24 anni dopo la laurea, sono ora professore ordinario di immunologia e sono riuscito a mettere su un gruppo di ricerca basato sulla mia formazione interdisciplinare a cavallo tra la fisica, matematica e immunologia.

In questi anni ho sempre dedicato me stesso con passione e tanta energia a imparare e studiare cose nuove, a implementare nuove tecnologie e rimanere sempre positivo.

Nel 2005 arrivai a Sydney. «Ho iniziato a lavorare sulla tubercolosi: grazie all’intelligenza artificiale riuscivamo a predire i pazienti che avevano forme resistenti agli antibiotici. Ho lavorato sull’epatite C: abbiamo usato la genomica, sequenziando il virus. Abbiamo studiato come questo virus si diffonde nelle carceri, dove esiste una comunità molto grande di tossicodipendenti a rischio infezioni. Facevamo prelievi di sangue e scoprivamo chi era infetto. Poi, grazie alla genomica, riuscivamo a risalire, in base alla similitudine di due genomi di virus presi da due persone diverse, all’origine delle infezioni e ai fattori di rischio, dando poi informazioni importanti alle autorità competenti per minimizzare il rischio di infezioni future».

Intuizione, curiosità, umiltà sono le tre parole chiave della mia carriera. «La curiosità è il filo conduttore della mia vita. È ciò che mi ha spinto sempre avanti. Non ho mai smesso di chiedermi perché. Lo faccio ancora, 24 ore su 24. Lo faccio soprattutto quando le cose vanno male. In Australia sono arrivato come “modellista” di epidemiologia, poi ho lavorato nella genomica, poi sono tornato finalmente all’immunologia. Che in fondo è il mio primo amore».