Giovedì, 25 Maggio 2023 Abruzzo

Bagnini d'Abruzzo: bassi compensi e sfruttamento

"Così si umilia professione strategica"

La stagione turistica balneare in Abruzzo è alle porte. Sotto la spada di Damocle della famigerata direttiva europea Bolkestein che impone, in teoria entro l’anno, di di mettere a bando le concessioni delle spiagge e con le associazioni di categoria e i titolari sul piede di guerra. Anche quest’anno numerose le lamentele degli operatori per la difficoltà di reperire personale, con il dito puntato contro i giovani che “non hanno voglia di fare niente” e che preferiscono “stare sul divano a riscuotere il reddito cittadinanza”.

Resta ai margini del dibattito pubblico, invece, un altro tema, non certo secondario: la condizione di lavoro ben lontana da quella prevista dai contratti nazionali, e di sfruttamento, per i lavoratori del settore, dai camerieri e dipendenti degli alberghi stagionali, per arrivare ad una categoria imprescindibile, quella dei bagnini, che in Abruzzo sono oltre 600.

A questo proposito Abruzzoweb ha inteso approfondire la questione con Davide Frigelli, segretario regionale della Fisascat Cisl Abruzzo e Molise, 48enne originario di Sanremo, pescarese di adozione,  che sta conducendo in prima persona vertenze relative ai diritti in primis dei bagnini

E il quadro che offre, non è certo dei più confortanti: “Per i bagnini la regola, e non l’eccezione, sono stipendi bassi a fronte di uno stipendio medio concordato, il mancato rispetto delle norme contrattuali, che vede le buste paga con pagamento medio orario pari a poco più di 4 euro nette per i lavoratori più giovani. Troppo spesso c’è mancanza di turni di riposo settimanale come pure del rispetto di altri diritti”.

Va però precisato che i bagnini sono nella stragrande maggioranza dei casi non assunti direttamente dagli stabilimenti balneari, ma “somministrati” da agenzie, che hanno cura di formare con appositi corsi gli aspiranti bagnini, facendogli conseguire il patentino, senza cui non si può esercitare la professione.

“Il servizio ormai quasi interamente terziarizzato – spiega Davide Frigelli -, lo stabilimento balneare non ha a che fare dal punto di vista contrattuale con il bagnino, che invece deve far riferimento all’agenzia, e con alcune di esse stiamo infatti portando avanti delle vertenze”.

Precisa però il sindacalista “non stiamo parlando di lavoro nero, i contratti vengono fatti ma il punto è che poi in assenza di controllo si commette un illecito in quanto a fronte delle 8 euro l’ora previste dal contratto nazionale di settore la media della retribuzione è di appena 4 euro”.

Questo determina una conseguenza che ha una enorme portata non solo per le condizioni di lavoro, ma anche per la qualità del servizio.

“Con compensi così bassi accade anche che il lavoratore stagionale non potrà poi percepire un adeguato assegno di disoccupazione nei mesi invernali e questo significa che quello del bagnino,  mestiere imprescindibile per l’offerta turistica e la sicurezza del fruitore delle nostre spiagge, sempre di più diventa un lavoretto estivo per arrotondare, ad appannaggio dei più giovani, magari studenti universitari. Ed infatti il turnover è elevatissimo. In questo modo però non si costruisce una professionalità, un’esperienza consolidata che farebbe bene a tutto il sistema turistico regionale che deve competere con quello di altre regioni e Paesi”.

E il discorso torna sulla direttiva Bolkestein: gli attuali concessionari la vedono con il fumo negli occhi potendo contare sulla sponda del governo di centro-destra, spiegando non senza ragioni che con bandi europei le spiagge italiane rischiano di essere accaparrate da grandi multinazionali contro cui non possono certo competere storici titolari delle concessioni a conduzione familiare.

Il sindacalista però si permette di ricordare anche che “al di là dello specifico della questione, è comunque inaccettabile che le concessioni vengano da decenni attribuite dai comuni a prezzi irrisori, in Abruzzo 5000 euro l’anno, quando qualsiasi esercizio commerciale paga molto di più di affitto al mese. E non è accettabile che le condizioni di lavoro siano a dir poco insoddisfacenti non solo per i bagnini, ma anche per tutti gli altri addetti stagionali, con le statistiche che restituiscono il dilagante ricorso al lavoro grigio, ovvero ad esempio a contratti part time che poi diventano full time, che sarebbe un reato. E allora se non si pone rimedio a questo grave vulnus verrebbe da dire: ben vengano le gare, in cui  la qualità del lavoro diventa requisito fondamentale per poter prendere in concessione un pezzo di spiaggia di proprietà pubblica”

Infine, un ultima frecciata: “la manodopera c’è, basta pagarla attraverso l’applicazione integrale del contratto di riferimento e delle normative nazionali”.