Giovedì, 1 Novembre 2012 ChietiGruppo Villa Pini, un buco da 800 milioni di euroLa curatrice fallimentare testimonia davanti ai giudici, Vincenzo Angelini: è stato un complotto per distruggermidi Katia Giammaria
Il gruppo Villa Pini aveva accumulato debiti per 800 milioni di euro. Una cifra da capogiro quella dichiarata dalla avvocatessa romana Giuseppina Ivone, curatrice fallimentare del crac delle 14 società che appartenevano all’ex re delle cliniche private Vincenzo Angelini. Il processo per bancarotta fraudolenta, per un buco di circa 298 milioni di euro, è iniziato ieri mattina, poco dopo le 9. É stata la prima udienza operativa dopo una serie di rinvii,dal marzo scorso, quando Angelini insieme alla moglie Annamaria Sollecito, alla figlia Chiara e ai componenti del collegio sindacale Giovito Di Nicola, Guglielmo Ascione e Lorenzo Appignani, sono stati rinviati a giudizio. Davanti al collegio presieduto dalla giudice Patrizia Medica, hanno sfilato i testimoni dell’accusa: Francesco Saverio Rinaldi luogotenente della Guardia di Finanza di Chieti, i consulenti della procura di Pescara, (che ha proceduto per l’inchiesta Sanitopoli e vede come principale imputato per corruzione l’ex presidente della giunta regionale Ottaviano Del Turco) Enzo Diamantini e Luca Di Iorio, l’avvocatessa Ivone e il commercialista incaricato dalla procura di Chieti Sergio Cosentino, l’ultimo esperto escusso, che fu nominato peraltro commissario della clinica Villa Pini prima del fallimento nel febbraio 2010. L’udienza è terminata alle 18,30. I testimoni dell’accusa dovranno presentarsi di nuovo il 16 novembre. Cosentino dovrà completare la sua deposizione e insieme agli altri testi d’accusa ed essere controinterrogato dagli avvocati della difesa: Sergio Menna e Iole Di Bonifacio per la famiglia Angelini-Sollecito e Giovanni Di Biase e Marco Femminella per il collegio dei sindaci. L’avvocato Pierluigi Tenaglia era presente per l’Unicredit costituita parte civile per la restituzione di 110 milioni. In aula erano schierati gli inquirenti, dal procuratore capo Pietro Mennini ai sostituti Giuseppe Falasca e Andrea Dell’Orso, portavoce del pool di magistrati nella interrogatorio dei testi. Il tribunale come questione preliminare, sollevata dalla difesa, è chiamato a decidere se i consulenti degli imputati possano assistere alla escussione dei testimoni dell’accusa. Il collegio ha deciso per la loro ammissione. In aula erano presenti Angelini e la moglie. Mentre i giudici si ritiravano in camera di consiglio lui ha mostrato la grinta di un leone. Per nulla d’accordo con quello che i consulenti diranno di lì a poco. «La Regione mi doveva dare 240 milioni di euro», dice, «sono stato portato in questo baratro per un complotto ordito nei miei confronti, perché mi hanno voluto distruggere». Concetto che per 50 minuti ripete davanti ai giudici dopo l’interrogatorio della curatrice Ivone, ribadendo la appropriatezza dei ricoveri fatti nella casa di cura, e delle prestazioni contestate e non liquidate dalla Regione. Più mite la moglie Annamaria che a un certo punto cede e piange: «Se sarò condannata non saprò il perché». Il finanziere è il primo a testimoniare e ripercorre le ispezioni fatte in quelle che erano le proprietà di Angelini: appartamenti, sedi delle 14 società quanto furono sequestrati mobili antichi, quadri di pregio custoditi anche nella casa di cura e controllati tutti i conti bancari intestati all’ex magnate della sanità privata (Banca delle Marche, Etruria, Caripe, Terkas, Banca dell’Adriatico, Bls, Carichieti, Monte dei Paschi, Unicredit, Euroimmobiliare). Era il 14 gennaio del 2010 e contemporaneamente all’opera c’erano 80 pattuglie delle Fiamme gialle.Un impero stava cadendo con 6mila creditori, oltre mille dipendenti non pagati da mesi, che bussavano alla porta di un gruppo «ormai in decozione», come sottolinea il commercialista Sergio Cosentino. (ha collaborato Francesca Rapposelli) |