Giovedì, 12 Novembre 2009 AbruzzoAracu, parla l’ex-moglie: “Ogni Natale faceva regali a Letta, Cicchitto, Bondi”La Maurizio ha asserito che in cassaforte c'erano sempre 30 mila euro in contantiPubblicato su "Il Messaggero"
di di MAURIZIO CIRILLO PESCARA - «Mio marito teneva moltissimo alla carica di coordinatore regionale di Forza Italia e ricordo che prima di ottenerla è stato per un lungo periodo particolarmente nervoso anche perchè era in forte contrasto con Giovanni Dell’Elce che si opponeva fermamente alla sua nomina. In effetti questa fu conseguita dopo l’incidente aereo che sostanzialmente mise fuori gioco Dell’Elce». E’ un passaggio dell’interrogatorio di Maria Maurizio, la ex moglie del parlamentare del Pdl, Sabatino Aracu, divenuta, con il suo memoriale, uno dei punti cardine dell’inchiesta sullo scandalo della sanità. «Da quell’epoca - prosegue la Maurizio - iniziò la consuetudine dei regali natalizi importanti, in particolare agli onorevoli Gianni Letta, Fabrizio Cicchitto e Sandro Bondi e alle loro mogli, che io provvedevo ad acquistare presso la gioielleria Cazzaniga e che venivano da mio marito fatti fatturare, indicando falsamente oggetti diversi, alla Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio, a Forza Italia e al Comitato dei Giochi del Mediterraneo. A Gianni Letta, in particolare, ricordo furono donati una volta un crocifisso antico ed un’altra volta un candelabro antico». In casa Aracu, comunque, da quando era arrivata quella carica e da quando si era costituito il gruppo di potere con Masciarelli, Domenici e Conga, non si pagava più nulla se non in contanti. «Da quel momento tutte le somme che mi sono state date anche per pagare le bollette e le altre spese ordinarie - dice la Maurizio - erano costituite da contante che mio marito prelevava dalla cassaforte di casa che conteneva ingenti somme: dai 20 ai 30 mila euro al mese». E ogni mese in casa Aracu arrivava Conga, con una busta che finiva in cassaforte, e spesso anche Vincenzo Angelini (Villa Pini). «Anche Aracu - disse quest’ultimo ai magistrati - entrò così tra i ”collezionisti di monete moderne”» per definire i tangentisti. «Mi indussi a pagare - dice invece Angelini - non perchè pensavo di poter ottenere dei benefici, ma perchè, essendo all’epoca Aracu il padrone di Forza Italia in Abruzzo, temevo ritorsioni che avrebbero provocato la rovina economica delle mie società. Ricordo anche che Aracu era intransigente nelle sue richieste anche per quanto riguardava il momento delle consegne, che mi indicava con precisione e che a volte non ho potuto rispettare, suscitando la sua grande irritazione». C’è un altro passaggio interessante nelle deposizioni di Angelini, quando riferisce ad esempio quello che gli dice Aracu in risposta alle sue lamentele per il fatto di dover pagare anche Conga: ”Caro Enzo se tu vuoi essere pagato, tu mi devi dare i soldi”. Il giudice Di Fine, motivando i provvedimenti contro Aracu, è chiarissima quando scrive che le indagini avrebbero «confermato come la struttura voluta da Domenici, avviata con l’avallo di Aracu e realizzata da Masciarelli, sarebbe stata invero asservita non solo alla commissione di reati di abuso d’ufficio, falso e truffa, ma altresì a procurare indebitamente denaro ai diretti protagonisti attraverso reiterate condotte di corruzione ma soprattutto di concussione». Una struttura dove Aracu volle fortemente Domenici alla sanità e Conga manager alla Asl di Chieti. E dove lo stesso Conga nominò poi Mario Tortora consulente della stessa Asl. E chi era Tortora? Un personaggio molto vicino ad Aracu tanto da figurare in quasi tutte le sue società: nella Esseci srl poi diventata IM.COM srl; nella COM.TEL di Roma; nella 3G srl (il call center) come vice presidente; e amministratore in una ditta individuale di Roma che si occupava di ”Servizi contabili e fiscali da dottori commercialisti”. Uno schema operativo che sarebbe poi «transitato senza modifiche nella giunta Del Turco - aggiunge il giudice -, continuando lo stesso Masciarelli ad operare anche all’interno della nuova giunta. Masciarelli, nel passaggio dall’assessorato Domenici a quello Mazzocca avrebbe dimostrato nei fatti di appartenere al ”partito dei soldi” come da lui stesso definita la sua ideologia politica». |