Martedì, 23 Giugno 2009 Folklore contemporaneo

Il proverbio non sbaglia…

Itinerario straordinario attraverso la storia della cultura popolare

di Lia Giancristofaro

Nel folklore abruzzese, i proverbi occupano un posto importante: perciò, se ne sono occupati gli studiosi del passato (come De Nino e Finamore, Anelli, De Titta e Giuseppe Porto), e tuttora sono oggetto di ricerche e riflessioni da parte di molti ricercatori appassionati. Attraverso i proverbi, infatti, si ha modo di conoscere la mentalità popolare e si contribuisce a salvare la memoria orale, intesa come codice etico di una piccola comunità.
Pochi altri aspetti del folkore rappresentano, come i proverbi, la filosofia del popolo: da essi si ricavano le regole da seguire nei rapporti sociali, la saggezza antica cui si fa riferimento per prendere una decisione, gli atteggiamenti da avere nei riguardi dei fenomeni naturali. I proverbi fanno sempre riferimento agli usi, ai costumi, ai rapporti economici: perciò, conoscerli significa percorrere un itinerario straordinario attraverso la storia e la potente espressività della cultura locale, che non sono state, per fortuna, affatto inghiottite dalla modernità. Qualche esempio?

La superbie và a cavalle, e arivè a ‘ppète
La superbia parte a cavallo, e torna a piedi
Questo istruttivo proverbio sulla vita di relazione spiega come la persona arrogante sia destinata ad essere ridimensionata da mortificazioni, umiliazioni e solitudine. La boria si manifesta, non di rado, con la prepotenza e il danno agli altri, dunque suona particolarmente odiosa.

Si li guàie si purtèsse à la piazze, ognùne s’aripièsse li sé
Se i guai si portassero in piazza, ognuno si riprenderebbe il suo
Il confronto del proprio problema con quello degli altri, a conti fatti, è di consolazione. Ci si rammarica e ci si lamenta, ma finché non si conoscono i guai degli altri. A quel punto, risulta più facile accettare i propri. La vita sociale offre infinite occasioni di rasserenamento, conforto e, magari, compartecipazione.

Lavore unuràte, nin è vergògne, né peccàte
Il lavoro onesto non è vergogna, né peccato
Così dice la tradizione. Questa educativa massima relativa al lavoro cade, oggi, proprio a fagiolo, vista l’ondata di disoccupazione, a cui però fa da contrasto la mancanza di figure professionali specifiche (infermieri, badanti, artigiani, ecc.). L’importante è che si tratti di un lavoro onesto, anche se umile.

In conclusione, i proverbi sono ancora parte della quotidianità e vengono ritenuti strumenti efficaci per orientarsi nel mondo, come testimonia il singolare “proverbio sui proverbi” secondo il quale… lu détte nì sbàjjè (il proverbio non sbaglia mai).