di Arianna Iannotti
da Il Centro - Quotidiano d'Abruzzo del 24 aprile 2017
In quattro anni ha permesso alla chirurgia oncologica teatina, in particolare quella dell’apparato digerente, di scalare 100 posizioni dello Sportello Cancro, la classifica del Corriere della Sera sugli ospedali italiani (139° posto nel 2014, 40° del 2014). La sua specialità è la cura del “big killer”, il tumore del pancreas, per il cui trattamento l’ospedale teatino è riuscito a centrare l’obiettivo dei circa 200 interventi effettuati in quattro anni. Sono questi i numeri della “cura Di Sebastiano”, il medico che mira a fare del suo reparto uno dei principali in Italia per la chirurgia oncologica e riportare Chieti ai tempi di Giuseppe Gozzetti, primo direttore del reparto e uno de i padri della chirurgia italiana. 55 anni, nato a Francavilla, Pierluigi Di Sebastiano si è laureato in Medicina alla D’Annunzio. Ben presto, però, ha lasciato l’Italia per lavorare all’estero. Principalmente in Germania, dove ha lavorato e insegnato per sette anni nel prestigioso ateneo di Heidelberg, la più antica università tedesca. Da lì ha mutuato il modello dell’intensità di cura, che ha fatto schizzare in alto sia il numero che la qualità degli interventi chirurgici.
LA SFIDA PARTE NEL 2012.
«Ero primario della chirurgia dell’Irccs, la Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, quando ho ricevuto la proposta di tornare a lavorare per la Asl teatina. E per me è stato come una sfida a raggiungere risultati importanti». Nel 2012 Di Sebastiano diventa primario di chirurgia a Ortona e insieme al professor Luigi Schips apre un nuovo reparto all’ospedale di Chieti, l’Area multidisciplinare che, fra le altre cose, fa ricorso alla chirurgia robotica grazie all’impiego del robot Da Vinci. «Con Schips abbiamo adottato il modello dell’intensità di cura, per cui i casi meno complessi vengono curati a Ortona e gli altri a Chieti. Questo permette di non ingolfare il reparto teatino e rivitalizzare quello di Ortona. Quando sono arrivato nel 2012 la chirurgia ortonese maturava circa 800mila euro, a fronte di un milione e mezzo di costi diretti. Nel 2015 il reparto ha maturato 4 milioni in più. Nel 2016, i due reparti di Ortona e Chieti hanno maturato circa 5 milioni e mezzo».
PATOLOGIA CHIRURGICA.
Il reparto multidisciplinare ora non c’è più e Di Sebastiano dirige l’Unità operativa complessa di Chirurgia generale a indirizzo oncologico. Insieme al vice primario Francesco F. Di Mola e agli aiuto Tommaso Grottola e Anna Maysse, si divide tra Ortona e Chieti, dove, dal primo novembre scorso ha assunto anche la direzione della Patologia chirurgica. Nomina che si è resa necessaria quando lo storico direttore, il professor Paolo Innocenti, è andato in pensione. Così da novembre la Patologia chirurgica è confluita nell’Unità operativa complessa di Chirurgia generale. Anche la Patologia chirurgica ha risentito della “cura Di Sebastiano”: in pochi mesi ha raddoppiato la complessità degli interventi. Detto tecnicamente: «Dal primo gennaio 2016 al 31 ottobre 2016 il peso medio del “Drg” - indice di classificazione dei ricoveri ospedalieri in base a cui vengono assegnati i fondi statali - era di 1.6035, dal primo novembre 2016 al 31 gennaio 2017 è invece di 2.1028».
CHIRURGIA PANCREATICA
«Il tumore del pancreas, purtroppo in aumento, è il mio focus. Nel 2012 l’ospedale teatino annoverava solo 6 interventi chirurgici su questo tipo di cancro. Nell’intera regione erano solo 14. Nel 2013 Chieti ne ha trattati 39. In oltre quattro anni siamo arrivati quasi ai 200 interventi». I numeri rientrano nei parametri indicati dalla letteratura scientifica internazionale per qualificare il centro teatino di chirurgia pancreatica come “ad alto volume”. Classificazione di grande importanza, perché il tasso di mortalità scende al 5% se un paziente viene operato in un centro ad alto volume, sale al 20% se viene operato in uno a basso volume. L’aggressività del carcinoma del pancreas e la sua refrattarietà alla chemioterapia standard lo rendono molto difficile da trattare. Perciò Di Sebastiano ha deciso di lavorare in stretta collaborazione con la ricerca di base e, in particolare, con il team del professor Vincenzo De Laurenzi che opera al Centro di scienze dell’invecchiamento della D’Annunzio.