Domenica, 24 Agosto 2014 VastoI "fuochi" dell'Abruzzo Citra conteggiati da Carlo Leclerc nel 1521Del prof. Nicola De Sanctis, Università di Urbinodel Prof. Nicola De Sanctis
Carlo V, assumendo il titolo di re di Spagna nel 1516, volle subito rendersi conto delle concrete disponibilità finanziare prodotte dal gettito fiscale dei diversi stati dei quali era diventato sovrano. Per questo si rivolse a Guglielmo de Croy, signore di Chièvres, suo tutore dal 1509 e primo ciambellano, verso il quale il futuro imperatore aveva cieca fiducia che gli manifestò nominandolo già nel dicembre dello stesso anno della sua elezione duca di Sora, di Arce e barone di Roccaguglielma, oggi Esperia, tutti territori in provincia di Frosinone. Per verificare le entrate fiscali del Regno di Napoli il signore di Chièvres, a sua volta, pensò di affidare l'incarico a Carlo Leclerc, presidente della Camera delle Finanze a Lilla. Il 20 febbraio del 1517 a Bruxelles Leclerc ricevette da Guglielmo tutte le istruzioni necessarie per la sua missione nel Regno di Napoli, dove in particolare avrebbe dovuto accertare la consistenza potenziale dell'incasso erariale e le eventuali irregolarità e sopraffazioni degli uffici e delle istituzioni deputati alle incombenze della riscossione delle imposte e dei tributi. Il 23 febbraio(1) Leclerc, accompagnato dal suo segretario e con la qualifica di Commissario generale, partì per Roma dove già l'11 aprile fu accolto in udienza dal papa Leone X. Il 21 aprile lasciò Roma per Napoli dove arrivò il 26, dopo essersi fermato a Fondi, il 23, per incontrare il Conte Prospero Colonna. A Napoli, capitale del Regno, fu accolto con tutti gli onori dalle Autorità e dai nobili più autorevoli. Il 27 aprile presentò le sue credenziali al viceré Raimondo de Cardona e nei giorni successivi fu ricevuto dal Sacro Consiglio di Santa Chiara, dal Consiglio della Gran Corte della Vicaria e alla fine, il 14 giugno, dalla Camera della Sommaria. Presentandosi ai vari titolari delle istituzioni, Leclerc sottolineò che la giustizia, così come gli era stato raccomandato dal sovrano, riguardava indistintamente sia i nobili che i poveri e, obbedendo scrupolosamente all'incarico ricevuto, si rese disponibile ad ascoltare anche tutte le eventuali lamentele e denunce. Esaminando i conti della Camera della Sommaria, scoprì e sospese tutti quei pagamenti che ritenne arbitrari ordinando contemporaneamente ai responsabili di rimborsare le somme sottratte. Ma per meglio scoprire e controllare gli eventuali abusi perpetuati dai nobili più accreditati del Regno, Leclerc decise allora con alcuni suoi giurati di recarsi personalmente nei paesi del sud. Dal 12 gennaio 1518 al 27 aprile Leclerc raggiunse diverse città del meridione, arrivando fino a Bari passando per Foggia, Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo. Da Foggia, dove ritornò il 5 febbraio, si recò a Manfredonia e quindi ancora a Foggia dove si fermò prima per andare alle Tremiti per la festa di Pasqua e poi, fino alla fine di aprile, per ispezionare la complessa organizzazione delle Dogana delle pecore. Rientrato a Napoli trovò tanta indifferenza, malcontento, ostilità nei suoi confronti. La sua intransigenza fredda ed ostinata aveva infatti urtato il libero arbitrio della nobiltà che, naturalmente, si adoperò in tutti i modi per contrastare il Commissario premendo direttamente sulla bontà diplomatica del sovrano che, per evitare spinte di rivolta, finì per accondiscendere alle richieste pure ingiuste dei nobili contestatori, capeggiati dal conte di Cariati, Giovanni Battista Spinelli. E tale fu la pressione anti-Leclerc che CarloV assentì a sostituirlo proprio con il conte di Cariati, invitando nello steso tempo Leclerc a recarsi a Saragozza per riferire in particolare sul testamento e l'inventario dei beni della defunta Giovanna d'Aragona, oggetto del contendere con il conte Spinelli. Partito da Napoli il 22 settembre del 1518 arrivò a Saragozza il 2 dicembre per incontrare il marchese di Chièvres e riferirgli le condizioni dello stato del Reame di Napoli: le entrate fiscali, le ingiustizie, l'elenco delle città e dei castelli, la situazione della Dogana di Puglia, compresi tutti gli abusi riscontrati. Per tutto questo sollecitò un intervento diretto del sovrano che ponesse freno a tali episodi ma, a seguito di sole vaghe promesse, chiese allora di essere sollevato da quell'incarico che pure aveva cercato di onorare con tanto scrupolo. Per tutta risposta, respinte le dimissioni, gli venne ordinato di ritornare a Napoli per sistemare il quadro dei dati che era riuscito a raccogliere. Arrivò a Napoli il 26 aprile del 1520 dove continuò con rigore e cura la raccolta di tutte le informazioni necessarie per presentare un bilancio completo e preciso dello stato del Reame nel contesto di una Relazione che finì di scrivere a giugno del 1521. Il 19 maggio lasciò Napoli e dopo qualche vicissitudine arrivò alla corte di Carlo V nel mese di agosto. Quale amara riconoscenza, nell'aprile del 1522 fu esonerato dall'ufficio che gli era stato assegnato cinque anni prima ma anche con l'invito a non occuparsi più delle cose di Napoli. L'originale della Relazione di Leclerc, dal titolo Estat du Royaulme de Naples par messire Charles le Clerc, chevalier, President de la Chambre des Comptes a Lille, Commissaire et controlleur général de tous les officièrs de sa Mayeste Imperiale en son Royaume et Pays de Naples, si trova nel British Museum(2). Di questo importantissimo documento storico esiste una copia manoscritta da Giovanni Battista Beltrami (1848-1932), emerito rappresentante della cultura pugliese che visse raccogliendo per la sua biblioteca libri e documenti di altissimo valore, presso la Biblioteca Provinciale "Santa Teresa Maschi - De Gemmis" di Bari. A sua volta il 'manoscritto Beltrami' fu ricopiato e tradotto da un altro insigne personaggio della cultura locale pugliese, il Barone ingegnere Gennaro De Gemmis che pure riordinò ed inventariò tutto il "Fondo Beltrami"(3) riportando, a fianco, anche la numerazione dei fuochi del 1561(4) e quella del 1595(5). La Relazione di Leclerc comprende anche un' Appendice di estremo interesse per tutte le voci di entrata e di uscita riportate, ma anche per la nomenclatura di tutte le università del Regno con l'indicazione dei relativi fuochi. Il testo dell'Appendice è stato edito da Tommaso Pedio(4) ma senza le pagine che riportano l'elenco di tutti i centri abitati con i rispettivi fuochi e a parte, distinti, i fuochi Albanesi, Greci e Schiavoni. Noi qui pubblichiamo l'elenco completo dei centri abitati soltanto della provincia di Aprutio citra, così come risulta dalla trascrizione manoscritta, mantenendo la grafia del testo originale anche quando palesemente erroneo. Provincia de Aprutio citra Anversa: 118, Altyno: 56, Altessa: 314, Arca: 194, Alfydena: 38, Abatigno: 19, Ario: 34, Ariello: 14, Agnone: 533, Bellomonte: 63, Bugnara: 53, Bolegnano: 32, Bocchianico: 332, Bomba: 98, Casale bordino: 121, Castello de sanguine: 238, Civita vicino Alfidena: 33, Castello de valve: 30, Campo de Jove: 86, Casola: 140, Castello novo: 75, Civita de Chieti: 1037, Colle de macina: 60, Civita Luparella: 66, Cartuchyo: 100, Civita borrello: 58, Crecchjo: 50, Canosa: 34, Civita messer Boemundo: 60, Capineto: 37, Casa Languida: 45, Canzano: 37, Colle de mezo: 52, Calenza: 80, Castiglyone: 86, Casale in contrata: 75, Caramanico,: 456, Doglyosa: 47, Falla: 20, Falla scussio: 19, Frisa grandinara: 120, Fossaciecca: 116, Fractura: 37, Fara de sancto martyno: 72, Francavilla: 230, Fylecto: 22, Fusa vicino Lanzano: 48, Foulo: 58, Franco: 71, Frayne: 55, Fara filiorum petri: 61, Gambarano: 47, Ly numeni de tripalle: 47, Gipso de monte Adorice: 79, Guardia greca: 295, Gipso vicino palena: 130, Iuglyano: 73, Interaqua: 54, Lama: 79, Lysia: 28, Lentella: 75, Lecto vicino Palena: 70, Lanzano: 1007, Lecto vico manoppello: 53, Montepagano: 26, Mala nocte: 16, Monte de Risi: 87, Monte nigro: 41, Montillaro: 45, Miglionico: 71, Manopello: 171, Monteferrante: 27, Opi: 68, Orthona tricarricho: 153, Orthona ad mare: 164, Palinola: 97, Palena: 207, Piesco assierlo: 121, Pnatola: 32, Palumbaro: 36, Pena Pedimonte: 27, Paglyetta: 100, Pollutro: 88, Piesco costanzo: 175, Petra amfere: 23, Ponthuma: 69, Pacentro: 150, Populi: 146, Pettorano: 111, Petraro: 48, Presa: 57, Petra abbundante: 32, Petra ferrazzano: 31, Petra de homo: 31, Pizzo ferrate: 63, Quatri: 34, Roccha de lo Raso: 63, Rocca de cinque miglia: 31, Rayno: 123, Rocca morice: 69, Rapino: 49, Rypa de chyeti: 171, Roccha de Sancto Johanna: 68, Rayo: 62, Rosello: 58, Roccha scalegna: 54, Roccha de casale: 32, Rocca de valle scura: 118, Rocchetta de caramanico: 27, Rocca de monte pyano: 70, Resozommolo: 122, Roccha Spynalvety: 66, Serra monacesca: 50, Sancto martyno: 41, Sallo: 45, Sano: 72, Servo: 31, Sancto vito: 63, Solmona: 541, Sancto Valentino: 124, Sancto joan: 40, Sancto bono: 127, Schiavi: 111, Tornaritio: 96, Taranta: 119, Tollo: 69, Tufillo: 61, Torrecella: 45, Toriello: 187, Toccho: 183, Torre bruna: 63, Vacio: 33, Villa de laco: 68, Villa de valle regia: 15, Valle regia: 123, Victoreto: 36, Villa magna: 193, Villa de Sancta marya: 52, Vasto de Aymone: 508, Vesania: 129. Il numero dei fuochi dell'Abruzzo citeriore, come risulta da questo elenco, ammonta a15.372 cui dobbiamo aggiungere altri 601 fuochi Albanesi, Greci e Schiavoni che riproduciamo di seguito. La ville de Petra costanzo: 5, La ville de franco de antiquo gentille: 3, La ville de matre guydone: 8, La ville de paulisse: 4, La ville de petro belfantino: 2, La ville de cavanaro: 10, La ville de sciorzoza: 13, La ville de contellessa: 16, La ville de marya: 5, La ville de vazella alias denno Treglio: 21, La ville de caza congliate: 6, La villa de vaste ingroli: 12, La villa de sancta pulumenara: 8, La villa de sacto cupritio: 4, Le foche de loczecio: 1, La villa de vaste aymone: 120, La villa de caprello: 39, La villa de sancto petro de monterisy: 16, La villa de sancto salvo: 27, La villa vignola: 3, La villa de fonte de proche: 20, La villa de torre vecchia: 2, La villa de terra gentyle: 10, La villa de ugano: 11, La villa de candidella: 24, La villa de summo vicolo: 3, La villa de sancta cecilia: 11, La villa de sancto silvestro: 100, La villa de sancta Clara: 2, La villa de la rota: 4, Le schiavony de castel bordyno: 3, La villa de orthona: 86. Nel suo inventario Leclerc indica tre stirpi diverse di immigrati, distinzione che gli storici futuri non sempre rispetteranno. Lorenzo Giustiniani, per esempio, nella sua mastodontica opera(5) afferma che gli immigrati sono chiamati "ora Albanesi, ora Coronei, ora Epiroti, e talvolta benanche Schiavoni"(6), così pure l'Antinori riferisce che i "nuovi ospiti, e le Ville stesse, furono dal volgo denominate degli Albanesi, o pure degli Schiavoni"(7). Ad ogni modo nel testo di Leclerc è molto chiaro ed evidente che i tre fuochi in più assegnati a Casalbordino appartenevano agli Schiavoni. E c'è da credere che la diversità di stirpe sia stata nel Cinquecento abbastanza considerata se anche Serafino Razzi, noto frate domenicano, nella sua opera, La vita in Abruzzo nel Cinquecento, racconta che da Vasto "Il primo dì settembre 1577 fui ricerco d'andar a una Villa di Schiavoni (Cupello) lontana circa due miglia"(8). Tuttavia la costola schiavona di Casalbordino nel 1532 si chiama già Villa Alfonsina, come si legge nei Regesti Marciani(9): "12 giugno 1532, 5ª ind. 'In banco juris nundinarum Lanzani' / Andrea Fontinero milite della Compagnia dell'Illº Adelantato di Granata, costituisce suo procuratore don Francesco di Villa Alfonsina milite della stessa Compagnia, per esigere qualunque somma dovutagli per il suo servizio, da qualunque Università e persona". Nel 1546 non è compresa fra i feudi ereditati da Ferrante Francesco d'Avalos per la tassa di "rilevio"(10) solo perché non è ancora una Università separata, separazione da Casalbordino che avverrà appena dopo, tanto che nel 1561 risulta annoverata con 71 fuochi(11) e nel 1571 sarà, questa volta, compresa tra i feudi denunciati, sempre per la tassa di "rilevio", da Isabella Gonzaga madre e tutrice dell'erede Felice Alfonso d'Avalos(12). Comunque, la Relazione di Leclerc resta un fotogramma importantissimo dello stato del Regno di Napoli, un resoconto rigoroso e circostanziato che registra il disordine amministrativo e cattivo servizio degli uffici centrali e periferici, gli abusi e le prepotenze della nobiltà e del clero, le scorrettezze della giustizia ma anche l'elencazione di tutti i centri abitati, Università (comuni) e Ville (piccoli centri rurali fino a formare un villaggio), che attestano il nuovo assetto demografico così come veniva configurandosi a seguito delle diverse ondate migratorie. Nicola De Sanctis N O T E (1) Per la ricostruzione di questo itinerario seguiamo le indicazioni di T. PEDIO, Napoli e Spagna nella prima metà del Cinquecento, Cacucci Editore, Bari 1971, pp. 411-437. (2) Egestorn ms., n. 1905. (3) Il Fondo Beltrami comprende 72 buste delle quali la 50ª con il frontespizio 'Storia di Napoli C. LECLERC' contiene: a) Trascrizioni delle cedole di tesoreria di pagamenti in favore di Charles Leclerc effettuati durante la sua missione in Italia dal 1517 al 1520; b) Copia dattiloscritta delle istruzioni date dal re Carlo V nel 1519 per la missione di Charles Leclerc, con relativa traduzione in italiano; c) Testo della Relazione di Leclerc; d) Studi e trascrizioni degli indici della relazione di Charles Leclerc; e) Appunti e traduzioni autografi di Gennaro De Gemmis della relazione di Charles Leclerc. (4) S. MAZZELLA, Descrittione del Regno di Napoli, Ad istanza di Gio. Battista Cappello, Napoli 1601, Rist. anast. Forni Editore, Bologna 1997, pp. 236-239. (5) E. BACCO, Nuova descrittione del Regno di Napoli diviso in dodici provincie, Ad istanza di Andrea Paladino, Napoli MDXXIX, Rist. anast. Forni Editore, Bologna 1999, pp. 292-295. (6) T. PEDIO, Napoli e Spagna... op. cit., pp. 439-463. (7) L. GIUSTINIANI, Dizionario geogrqfico-ragionato del Regno di Napoli, I - X, Vincenzo Manfredi, Napoli 1797-1816, Rist. anast. Forni Editore, Bologna 1969-1971. (8) ibidem, Tomo X, p. 194. (9) A. L. ANTINORI, Raccolta di memorie istoriche delle tre provincie degli Abruzzi, G. Campo, Napoli 1782, Tomo III, p. 477. (10) S. RAZZI, La vita in Abruzzo nel Cinquecento, Polla Editore, Cerchio (Aq) 1990, p. 162. (11) REGESTI MARCIANI, Fondi del notariato e del decurionato di Area Frentana (Secc. XVI - XIX), a cura di Corrado Marciani, N. 7/1, L. U. Japadre Editore, L'Aquila 1987, p. 33. (12) E.RICCA, Istoria de' Feudi del Regno delle Due Sicilie di qua dal Faro, vol. 3, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1865, p. 347. (13) S. MAZZELLA, Descrittione op. Cit., p. 236. (14) E. RICCA, Istoria de' Feudi..., op. Cit., pp. 347-348. |