Giovedì, 28 Agosto 2025 Abruzzo

In rivolta le donne democratiche abruzzesi

Sulla vicenda del Gruppo sociale "mia moglie" intervenga il Garante

 “Il gruppo Facebook “Mia Moglie”, rimosso con colpevole ritardo dalla Big Tech globale Meta per violazione delle policy sullo sfruttamento sessuale di adulti, ma anche “Phica.net” sono solo gli ultimi episodi di realtà virtuali sessiste e misogine che manifestano l’emergere disturbante di una forma di violenza culturale e digitale nei confronti delle donne che richiede risposte urgenti, decisive e strutturali. Non basta, infatti, un monito o una generica indignazione, benché necessari. Ciò che viviamo oggi è il frutto avvelenato di una mancata prevenzione che parta dalle scuole, di una regolamentazione lenta, di politiche digitali inadeguate che, nel ritardare l’intervento, finiscono con il rendersi complici,  inconsapevoli, di gravi violazioni della dignità, della privacy e della sicurezza delle donne”: questo l’appello della Conferenza delle Donne Democratiche  abruzzesi   del Pd che sull’argomento chiede l’intervento del Garante per la protezione dei dati personali.

“Se davvero desideriamo che episodi come questi non si ripetano, dobbiamo uscire dall’indignazione del momento e costruire garanzie strutturali, fatte di norme, responsabilità, vigilanza e cultura digitale rispettosa – illustrano le donne Dem con la portavoce Roberta Tomasi – . La Conferenza delle Donne Democratiche si mette con determinazione al fianco di chi lotta per costruire questo necessario cambiamento, rispettando sempre la volontà delle donne e sostenendole. Per affrontare questa situazione, la Conferenza delle Donne Democratiche Abruzzo si dedicherà, già a partire dagli appuntamenti legati alla Festa dell’Unità abruzzese, alla ricerca di soluzioni, promuovendo incontri e approfondimenti con esperti nel campo della comunicazione e del diritto, per affrontare il presente con uno sguardo di prospettiva, perché le necessità della collettività diventino agenda politica, come ora non sono, evidentemente riguardo questi avvenimenti, questi temi, queste vicende. In questo contesto, il ritardo con cui i colossi social intervengono configura una responsabilità che non può essere ignorata”.

“La piattaforma digitale (Facebook, Instagram, Telegram, ecc.) non è un contenitore neutro, ma un attore responsabile delle dinamiche interne che favorisce o lascia proliferare. E quando consente che contenuti diffamatori, immagini intime o informazioni altamente sensibili di donne ignare permangano online, essa diviene, di fatto, complice. Ripensiamo alla vicenda di Gisèle Pelicot per dieci lunghi anni prigioniera di una violenza sessuale sistematica, iniziata e alimentata da un gruppo on line proprio come questo. È inaccettabile. Per questo chiediamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali l’attivazione di misure efficaci e rapide per accelerare la rimozione, sanzioni proporzionate e dissuasive per i responsabili e, quando possibile, obbligo di notifica alle vittime affinché siano adeguatamente tutelate; a Meta e agli altri titolari di piattaforme digitali l’adozione immediata di linee guida più stringenti, con tolleranza zero verso gruppi, chat o canali che violano elementi essenziali come il consenso informato di dati personalissimi”.

“Non basta reagire alla segnalazione, è imprescindibile rafforzare i processi di moderazione preventiva, la cooperazione con le autorità e la trasparenza sugli interventi compiuti; al dibattito pubblico e alle forze politiche chiediamo di elevare la questione da mero scandalo mediatico a tema politico strutturale, affinché diventi norma l’educazione all’affettività di cui giacciono proposte del Partito Democratico in parlamento e la protezione digitale dei contenuti, non solo nei fatti, ma nelle fondamenta legislative e culturali del Paese, rafforzando la rete dei centri antiviolenza. L’esposizione non consensuale del corpo e della vita privata di una donna, oggi amplificata dal linguaggio algoritmico dei social, va chiamata violenza, abuso, stupro virtuale. È un attacco alla soggettività della donna, alla sua dignità, alla sua autonomia. Non si tratta di qualche “maschio degenerato”, ma di una cultura patriarcale che si nutre di invisibilità e complicità diffuse”.