Lunedì, 11 Agosto 2025 Vasto

Domani per "Scrittori in Piazza" appuntamento con Alcide Pierantozzi

Lo scrittore parlerà del suo libro "Lo sbilico" con Alessio Romano

Martedì 12 agosto, alle 21:30,in piazza Barbacani, per Scrittori in piazza 2025/32ma edizione, presentazione del romanzo di Alcide Pierantozzi: LO SBILICO edizione Einaudi
Alessio Romano dialoga con l'autore
Vi invitiamo a venire numerosi. Lo Sbilico sta conquistando moltissimi lettori e l'interesse della critica.

RECENSIONI
Alcide Pierantozzi scrive un capolavoro(...)con una scrittura magnifica, Pierantozzi consegna un romanzo purissimo che non è solo storia personale ma testimonianza di presente (...) Quanti ragazzi ci sono nell'Alcide Pierantozzi del libro.
Teresa Ciabatti
La lettura Il corriere della sera
"Lo sbilico è un libro che mette in gioco la malattia, la solitudine, la passione per la scrittura. E il risultato è letteratura che scomoda, interroga, emoziona
L'Espresso
ALCIDE PIERANTOZZI (San Benedetto del Tronto, 9 aprile 1985) è uno scrittore italiano. Vive a Colonnella.
Conseguita la maturità classica, studia filosofia teoretica presso l'Università Cattolica di Milano.
Ha esordito a ventuno anni con il romanzo, Uno in diviso, pubblicato nel 2006, e dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini ,a cui sono seguiti L'uomo e il suo amore ( Rizzoli 2008),Ivan il terribile( Rizzoli 2012), Tutte le strade portano a noi (Laterza 2015), L'Inconveniente di essere amati ( Bompiani 2020).
ALESSIO ROMANO insegna scrittura creativa, organizza eventi culturali ed è un instancabile viaggiatore. Per Bompiani ha pubblicato i romanzi "Paradise for All" e "Solo sigari quando è festa". Per EDT il libro di viaggi su Lisbona "D’amore e baccalà". Ha curato l’antologia di racconti "Gli Stonati" per NEO. e il volume fotografico "Una stanza tutta per loro" per Avagliano Editore. Per Lisciani Libri i libri per ragazzi "Gli Irregolari di Salita Sospiro", "Ulisse e Polifemo" e la graphic novel "Bukowski – Don’t try – Il segreto di una vita".
LO SBILICO
«Il problema era che io aspettavo i corvi, e invece arrivavano i pensieri». Cosa accade quando la realtà si smaglia, e lascia entrare l'allucinazione? Quando la paura ti avvinghia e si accorcia il respiro? Quando l'unico modo che hai per stare al mondo è vivere su un precipizio, nello «sbilico» delle cose? Alcide Pierantozzi si è immerso in quel precipizio, e ne è uscito stringendo tra le mani un libro unico, letterario e ossessivo, capace di raccontarci per la prima volta in modo crudo e vero, “da dentro”, un male che è di molti. Una storia di una potenza disarmante, che urtica e lenisce insieme, e che una volta iniziata pretende di essere letta fino all'ultima parola. O bevuta fino all'ultima goccia, come una medicina. Alcide ha quarant'anni, a volte dorme ancora con sua madre, prende sette pasticche al giorno (cinque la mattina e due dopo cena), ed è considerato «un paziente lucido, vigile, collaborativo, dall'eloquio fluido». È un essere umano «difettoso» tra i tanti, ma i suoi difetti stanno tutti dentro quattro pagine di diagnosi controfirmate da uno dei più famosi psichiatri italiani: «disturbo bipolare», «spettro dell'autismo», «dissociazione dell'io», «antipsicotici», «pensieri di mancata autoconservazione»... Dal suo esilio in una cittadina dell'Abruzzo, dove ogni cosa sembra da sempre uguale a sé stessa, Alcide ci racconta il tempo melmoso delle sue giornate. Le ore in spiaggia, o a sfinirsi in palestra, dove va per riguadagnare in muscoli quello che ha perso in lucidità mentale. Soprattutto ci racconta – con tutta la chimica che ha in testa – cosa accade quando l'equilibrio psichico s'incrina: l'innesco della paranoia, la percezione che si sdoppia, il modo in cui il tempo fermo di un'attesa non è mai davvero fermo, perché è lì che arrivano i pensieri. Nel suo resoconto si alternano momenti di un “prima” a Milano, la città che da sola sembrava poterlo tenere in vita, e di un “prima ancora”, un'infanzia in cui tutto faceva già troppo male ma a salvarlo c'erano la nonna, la bicicletta, tutto uno zoo di animaletti di campagna. Nel presente, invece, c'è la vita con sua madre, che è insieme origine, scandaglio e unico argine possibile delle sue psicosi. E poi c'è l'ossessione per le parole: la ricerca quotidiana in biblioteca, nei dizionari, nei libri, dei termini esatti, che sappiano ridurre l'irriducibile, nominare l'innominabile. Questa è la storia di uno sperdimento, una storia che possiede il dono e la condanna di saper parlare davvero a chiunque. A chiunque, almeno una volta, non si sia riconosciuto nel proprio riflesso allo specchio; a chiunque abbia sentito la realtà passargli accanto come un vento laterale; a chiunque abbia messo in dubbio la fondatezza dei propri pensieri e dei propri desideri. Sono pagine brucianti, che Alcide Pierantozzi ha scritto come se il suo corpo fosse un sismografo, registrando il disagio psichico nella sua forma più pura, descrivendo la violenza – poetica e brutale – di una mente smarrita che cerca di trovare una stabilità impossibile, ma che sempre, sempre, prova a salvarsi. “Lo sbilico” dà voce a un bisogno collettivo fortissimo: quello di nominare con precisione il malessere psicologico, l'alienazione, la medicalizzazione e la solitudine. Un'impresa che può fare soltanto la grande letteratura. «Noi matti non abbiamo solo il diritto di essere soccorsi dai sani, ma anche il dovere di inceppare ogni giorno il mondo per metterlo in discussione ai loro occhi».