Martedì, 24 Giugno 2025 Abruzzo

RETE OSPEDALI: “DEFICITARI” ATTI TERAMO, CHIETI E PESCARA

AUT AUT DEL DIPARTIMENTO CHE LI INVITA A RIVEDERE IL TUTTOTTO ACCUSA

Nuova rete ospedaliera o gomitolo inestricabile? Interrogativo legittimo: dopo quello della Asl aquilana sono arrivati anche gli atti aziendali delle Asl di Pescara, Teramo e Chieti. Entro i termini del 14 giugno, certo, ma con il problema non da poco che sono stati considerati “irricevibili” dal dipartimento Sanità, diretto dall’inflessibile Emanuela Grimaldi. con richiesta di “urgentissime modifiche”.

E non lasciano spazi a dubbi i toni durissimi delle lettere inviate alle tre Asl dal dipartimento, a firma di Grimaldi e dalla dirigente Barbara Morganti, nonché sottoscritte anche da Pierluigi Cosenza, direttore dell’Agenzia sanitaria regionale (Asr), che ha scritto la norma della nuova rete, e presiede alla sua concreta applicazione.

“Gentile Direttore, con riferimento alla bozza di atto aziendale trasmessa con la nota indicata in oggetto ed a seguito di istruttoria tecnica congiunta tra Dipartimento ed Agenzia, si comunica l’irricevibilità della stessa.  In particolare si rileva il severo disallineamento tra la predetta bozza e le prescrizioni del legislatore regionale di cui alla LR60/2023, nonché le prescrizioni dell’esecutivo regionale di cui alla DGR 238 del 17 aprile 2025. In attesa delle urgentissime modifiche e restituzione agli scriventi, per i noti adempimenti con il Governo, giungano cordiali saluti”.

Di fatto un perentorio aut aut e un accusa ai dg Vero Michitelli della Asl Pescara, Maurizio Di Giosia della Asl di Teramo e Mauro Palmieri della Asl provinciale di Chieti.

I primi responsabili per aver consegnato atti aziendali non rispondenti insomma alle linee guida approvate a inizio anno dallo stesso Dipartimento Sanità e formalizzati da atto di giunta, e a cui i manager avrebbero dovuto attenersi per ridefinire chi fa cosa e dove nei presidi ospedalieri di ciascuna provincia, divisi in hub e spoke e con funzioni differenziate e senza sovrapposizioni e doppioni, in base al piano approvato a fine dicembre 2023, redatto dal gruppo di studio dell’Agenzia sanitaria regionale (Asr), diretta dal medico aquilano Cosenza.

Ed ora il tempo stringe davvero, perché tutti e quattro i documenti dovranno essere consegnati tassativamente il 10 luglio al Tavolo interministeriale di monitoraggio a Roma, che attende dalla Regione Abruzzo un piano credibile e rigoroso, leggasi lacrime e sangue, per far fronte al debito della sanità che anche nel 2025 sforerà con certezza i 100 milioni di euro, tolti altri 100 milioni di euro che potranno essere coperti dalle risorse strutturali della Gestione sanitaria accentrata.

Allo stato attuale  accade così che l’unico atto aziendale che rispetta tutti i crismi è quello della Asl provinciale aquilana, retta dal dg facente funzione Stefano Di Rocco, ma a metterlo a punto è stata in realtà l’Agenzia sanitaria regionale,  con un “commissariamento”, dopo che Di Rocco si era visto rifiutare la richiesta di una proroga di un mese dal dipartimento Sanità, a causa del grave ritardo macinato dalla Asl che fino a fine maggio è stata gestita dal direttore generale Ferdinando Romano, per il quale non è stata possibile una seconda proroga, dopo quella di un anno fa e che ora parteciperà al bando già indetto con la concreta possibilità di tornare in sella in autunno.

A seguito di una riunione, visti appunto i tempi strettissimi, e la spada di Damocle del tavolo di monitoraggio, dipartimento e Asr avrebbero concordato la strada della mediazione con le tre deficitarie Asl, e non della durezza, come voleva fare con note ufficiali il Dipartimento. Salvare il salvabile, insomma e arrivare a veloce approvazione, una linea perorata anche dall’assessore regionale alla Salute, Nicoletta Verì, pronta ad interloquire con i dg.

La soluzione in qualche modo dovrà essere trovata, ma resta il fatto che ancora una volta emerge la diversità di vedute tra alta burocrazia sanitaria e la politica sul ruolo dei direttori generali, dai primi, come pure da parte del tavolo di monitoraggio, considerati tra i principali responsabili del bubbone del deficit sanitario regionale.

Mentre invece il presidente della Regione, Marco Marsilio, di Fdi, dopo averli nominati e anche confermati, non perde l’occasione per confermargli la stima, avendo cura di imputare il buco della sanità a fattori non da loro dipendenti, come il caro energia e il caro farmaci, o il costo del personale meritoriamente stabilizzato e soprattutto per l’ingiusta ripartizione del fondo sanitario nazionale, che penalizza regioni montuose e con scarsa densità abitativa come l’Abruzzo, annunciando a proposito una battaglia a livello nazionale con altre regioni per costringere il governo “amico” di Giorgia Meloni a cambiare le regole.

Dopo un anno e mezzo resta intanto sulla carta una riforma, approvata ribadiamo a dicembre 2023, e che nella campagna elettorale dello scorso anno, prima che a marzo del 2024 il centrodestra conquistasse il secondo storico mandato, era stata presentata come un fiore all’occhiello e come un risultato raggiunto tra le poche Regioni in Italia, capace di contribuire a migliorare il servizio e a far risparmiare soldi alle Asl, eliminando i doppioni e gli sprechi di risorse e personale.

La nuova rete ospedaliera prevede, lo ricordiamo, quattro ospedali, quelli di L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo, ovvero le città capoluogo, con funzioni hub per le reti tempo dipendenti, ovvero la rete stroke, politrauma e trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese; quattro ospedali di primo livello, che sono Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, e sei ospedali di base, a Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero, due presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso, a Castel di Sangro e Atessa. In che presuppone appunto che ciascuna Asl ridefinisca ne dettaglio spazi, personale, apparecchiature, servizi e prestazioni aderenti al nuovo assetto.

Manca ancora la localizzazione dei due ospedali di secondo livello, che sarà decisa entro dicembre, previsti dal decreto ministeriale 70, la famigerata legge Lorenzin del 2017, super nosocomi con tutte le specialistiche, ma con un bacino di utenza tra 600.000 e 1.200.000 abitanti. Altro scottante capitolo, visto che a candidarsi per diventare hub di secondo livello sono tutti e quattro gli ospedali dei capoluoghi, uno tra quelli dell’Aquila e Teramo per le aree interne, uno tra quelli di Pescara o Chieti per l’area costiera.