Lunedì, 16 Giugno 2025 Abruzzo

Inchiesta a Pescara su falsi incidenti e riciclaggio

Ci sono 60 indagati tra cui avvocati e medici

 Sta per entrare nel vivo una grossa inchiesta che coinvolge una sessantina di indagati fra cui anche medici, avvocati, forze dell’ordine, nonché un esponente della criminalità campana fino a qualche tempo fa sottoposto a protezione, e una intera famiglia dove spicca il principale protagonista di questa vicenda giudiziaria, J.B. titolare di una immobiliare e socio di uno dei centri medici finiti sotto inchiesta. Lo riporta il Centro.

Per quest’ultimo il pubblico ministero ha chiesto la custodia in carcere, mentre per altri 26 gli arresti domiciliari. Alla base di tutto, un grosso giro di incidenti falsi, o veri ma estremamente gonfiati, con attestazioni e prescrizioni mediche, per lo più concentrati nelle zone del Chietino.

In 25, secondo il quotidiano, sono accusati  dalla Finanza di associazione per delinquere finalizzata a una lunga serie di delitti di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona, sostituzione di persona, falso materiale ed ideologico in atto pubblico, riciclaggio e autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Vale a dire che i proventi di queste truffe venivano reinvestiti (dal promotore dell’organizzazione o da suoi collaboratori, parenti stretti e compagna) per acquistare immobili (anche da aste giudiziarie) da rivendere o da affittare, e quindi lucrando due volte secondo l’accusa.

È per questo che la procura ha anche chiesto il sequestro preventivo di 684mila euro. Una lunga indagine che risale al 2022 (e questo potrebbe pesare sull’attualità delle misure cautelari), nata da una parallela inchiesta sulle attività di un personaggio di spicco della malavita locale, per il quale la procura ha proceduto separatamente. L’accusa parla di una organizzazione di uomini e mezzi, anche per accompagnare i soggetti asseritamente danneggiati presso studi medici e centri diagnostici. Studi medici «compiacenti», secondo l’accusa, che servivano per visite «addomesticate» dei «pazienti sinistrati o al rilascio di certificato in assenza della visita stessa, strumenti elettronici deputati all’alterazione di referti medici (anche di presidi ospedalieri pubblici) tale da creare uno stabile sodalizio criminoso».

Insomma, l’organizzazione pensava a tutto per poter incassare le ricche liquidazioni delle società assicuratrici: inserivano nella pratica anche testimonianze o verbali di pg «confezionati ad hoc al fine di rafforzare la credibilità dell’evento, effettuavano visite mediche ed esami diagnostici su persone consenzienti disponibili a sottoporsi, in cambio di denaro, a visite ed esami in luogo dei soggetti danneggiati; attraverso richieste compilate dai legali di fiducia.