Martedì, 18 Giugno 2024 Abruzzo

La criminalità organizzata si è infiltrata anche in Abruzzo

Presentate alla Camera dei deputati le indagini e l'attività della Direzione investigativa antimafia

L'Abruzzo non ha fenomeni mafiosi autoctoni, ma è tutt'altro che un'isola felice libera dalla criminalità organizzata. È uno dei dati più rilevanti che emerge dalla relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Dia (Direzione investigativa antimafia) nel periodo compreso fra gennaio e giugno 2023, presentata alla Camera dei deputati dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. 

Un'analisi che parte dalla presa di coscienza che la criminalità organizzata, in Italia, è in continuo mutamento, perché si adatta ai contesti socio-economici, guardando sempre di più al settore imprenditoriale. Sempre meno azioni violente eclatanti, dunque, - benché, si osserva nella parte introduttiva della relazione sulle operazioni della Dia, "l'uso della violenza sia sempre più residuale, ma mai ripudiato" - ma piuttosto strategie di infiltrazione silenziosa e azioni corruttive. Le mafie, oggi, puntano agli affari, grazie alla generosa disponibilità di capitali derivanti dalle attività illecite tradizionali.

Come detto, in Abruzzo non ci sono fenomeni mafiosi autoctoni, contrariamente a quanto accade in altre regioni meridionali. Ma la posizione geografica espone il territorio all'influenza criminale dei gruppi radicati nelle regioni limitrofe, Puglia e Campania in maniera particolare. Inoltre, stando alle attività investigative della Dia, di recente anche organizzazioni di origine calabrese volgono lo sguardo verso la nostra regione. 

Negli ultimi anni, le attività investigative hanno documentato la presenza di gruppi criminali composti principalmente da albanesi e magrebini e da nuclei familiari di etnia rom, diventati nel tempo stanziali non solo lungo la fascia costiera, ma anche nell'entroterra, dove sono oggetto di indagini in materia di stupefacenti e usura. Si tratta di un fenomeno non rassicurante, definito nella relazione della Dia "l'unico potenzialmente in grado di evolvere in forme di criminalità organizzata più complesse".

Nella mappa del crimine organizzato, l'Abruzzo viene suddiviso in due macroaree: quella costiera, dove operano esponenti della criminalità pugliese, calabrese, campana, di etnia rom e anche stranieri, in particolare albanesi; la zona appeninica interna, più esposta a fenomeni d’infltrazione nel tessuto economico da parte di proiezioni criminali laziali e campane.

Nelle aree interne, sempre stando a quanto appurato dalla Direzione investigativa antimafia, opererebbero criminali di origine nordafricana, dediti prevalentemente allo spaccio di stupefacenti, e di etnia rom, invischiati in fenomeni di usura. 

Il Chietino, in virtù della vicinanza geografica, risulta esposto ai tentativi di infiltrazione da parte di organizzazioni criminali foggiane, in particolare dell'area del Gargano e di San Severo. Viene citato a titolo esemplificativo il provvedimento di interdizione emesso dalla prefettura di Chieti nei primi mesi del 2022, a carico di una ditta individuale del settore agricolo interessata alla concessione di terreni demaniali per l'ottenimento di contributi europei. Il titolare, originario del Foggiano, viene ritenuto vicino a una famiglia criminale che opera nell'area garganica. 

Un'altra attività investigativa conclusa all'inizio del 2022, avrebbe accertato una significativa presenza di gruppi criminali composti da individui di nazionalità albanese, particolarmente attivi nel settore degli stupefacenti. In particolare, nella relazione della Dia viene citata l'operazione portata a termine lo scorso semestre dall’Arma dei carabinieri e dalla guardia di finanza, che avrebbe appurato la presenza nel territorio di Vasto di un’organizzazione criminale composta prevalentemente da albanesi, dedita al trafifco di droga e ad attività estorsive condotte anche con l’uso della violenza e delle armi. Il gruppo sarebbe risultato impegnato nello smercio di ingenti quantitativi di cocaina ed eroina, proveniente da canali calabresi, in particolare tramite rapporti con esponenti delle 'ndrine operanti nell'area di Vibo Valentia, nonché l'Emilia Romagna, la Puglia e l'Abruzzo.