Lunedì, 6 Marzo 2023 Nazionali

VIA REDDITO DI CITTADINANZA, ARRIVA IL MIA

COSA PREVEDE LA MISURA VARATA DAL GOVERNO

Il reddito di cittadinanza potrà essere chiesto fino al 31 agosto 2023 e comunque potrà essere erogato al massimo solo fino a fine anno.

Lo si legge nella bozza di testo sul nuovo sussidio contro la povertà che si chiamerà Mia, Misura di inclusione sociale, e sostituirà il Reddito, un provvedimento in 12 articoli che di fatto separa le platee tra famiglie con over 60, minori o disabili e quelle senza queste categorie.

Anche i minorenni con almeno 16 anni saranno tenuti all’obbligo di partecipazione attiva, formazione e lavoro nel nuovo sussidio contro la povertà se non impegnati in un percorso di studi.

Nel Mia sono tenuti a questo obbligo “tutti i componenti il nucleo familiare maggiorenni ovvero minorenni che abbiano adempiuto agli obblighi scolastici”.

Sono esclusi dall’obbligo i beneficiari della Mia over 60, nonché i componenti con disabilità. Possono essere esonerati dall’obbligo i componenti con carichi di cura (figli minori di tre anni di età o disabili in condizioni di gravità)..

Il nuovo sistema dovrebbe essere pensato per spingere le persone quanto più possibile a cercarsi un lavoro estendendo la possibilità di mantenere l’assegno a fronte di retribuzioni fino a 3mila euro l’anno a tutti i tipi di lavoro dipendente. La nuova misura dovrebbe rivedere anche il requisito sugli anni di residenza in Italia necessari per ottenere il sussidio portandoli da 10 a 5 rispondendo così alle richieste dell’Unione europea e dovrebbe modificare la scala di equivalenza che ha prodotto disparità a favore dei nuclei con un solo componente e a scapito delle famiglie numerose (il primo componente ora vale uno a fronte dello 0,2 dei minori).

Nel nuovo sussidio contro la povertà i minori saranno esclusi dalla scala di equivalenza e avranno diritto, se usufruiscono dell’assegno unico e universale, di 50 euro al mese nel Mia in quota fissa

“Il parametro della scala di equivalenza – si legge nella bozza – è pari a 1 per il primo componente adulto del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne che non usufruisce dell’assegno unico e universale, fino a un massimo di 2,1 ed ulteriormente elevato a 2,2 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza. I componenti minorenni o maggiorenni che usufruiscono dell’assegno unico e universale non sono conteggiati nella scala di equivalenza e, per ciascuno di essi, è riconosciuto un importo mensile della Mia in misura fissa, pari ad euro 50. Non sono conteggiati, altresì, nella scala di equivalenza i componenti per tutto il periodo in cui si risiedono in strutture a totale carico pubblico”.

Ha detto Federico Freni, sottosegretario al ministero dell’Economia: “Il Mia nasce dalla volontà di risolvere il tema delle politiche attive e di spostare quello che oggi è un sussidio sul tema della politica attiva. Quindi, ovviamente, non è una retromarcia. Si era detto che si sarebbe cambiato il Reddito di cittadinanza. Si era detto che si sarebbe immaginata una misura che avrebbe consentito a chi non può lavorare di essere sostenuto e a chi non vuole lavorare di dover lavorare per forza, se la vuole. E questo si sta facendo. Con il Mia ci sarà, entro certi limiti, con determinate possibilità, la concorrenza tra lavoro e Reddito di cittadinanza”.

La Cgil esprime “preoccupazione e perplessità” sulla bozza di riforma del Reddito di cittadinanza che introduce un nuovo sussidio contro la povertà che dovrebbe chiamarsi Mia, Misura per l’inclusione attiva. “Non condividiamo il metodo e il merito – spiega la segretaria confederale Daniela Barbaresi – non siamo stati chiamati su una partita importante che richiederebbe un confronto approfondito. Siamo in una situazione delicata con l’inflazione che avanza e colpisce soprattutto le famiglie in una situazione di povertà, il tema è prioritario. Quanto al merito – prosegue – la povertà è un fenomeno complesso, non basta la presa in carico dal punto di vista economico. C’è il disagio abitativo, la povertà educativa, ci vuole una presa in carico complessiva. Andrebbe poi chiarito l’aspetto economico. Dalla prima lettura il giudizio non è positivo”.