Venerdì, 17 Gennaio 2020 Abruzzo

Sanità: al palo i contratti con i privati

Che al 2020 non siano stati sottoscritti i contratti del 2019 è un fatto molto grave che certamente verrà stigmatizzato dai Ministeri (di Filippo Tronca da https://www.abruzzoweb.it/contenuti/sanita-al-palo-contratti-con-privati-paolucci-da-manager-risposte-opache/714436-283/) Il 2019 è passato, il capodanno festeggiato, ma per buona parte dei contratti, con budget, tetti di spesa e prestazioni sanitarie effettuate nel corso dell’anno che la Giunta di centrodestra avrebbe dovuto sottoscrivere con le cliniche private ed altre realtà, non si vede nemmeno l'ombra. Un piatto molto ricco, di circa 250 milioni di euro: 131 con le case di cura, 118 per prestazioni assicurate sul territorio, come esami ed analisi. Si tratta di un terreno da sempre parecchio scivoloso visto che il non sempre facile e chiaro rapporto con la sanità privata ha portato anche a vicende giudiziarie shock. In questo caso, la situazione porrebbe sfociare in una pericolosa deregulation rispetto al tetto di spesa e prestazioni convenzionate che la Regione acquista per affiancare le strutture pubbliche nelle cure degli abruzzesi. A garanzia, secondo quanto si è appreso, ci sarebbe una delibera firmata a fine 2018 della giunta di centrosinistra, andata poi a casa a favore della coalizione di centrodestra in seguito alle elezioni del 10 febbraio 2019. Ma non solo: dagli ambienti politici, anche della maggioranza, c'è chi sostiene che gli schemi di contratto predisposti ma non firmati non si adeguerebbero ai criteri che il tavolo di Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali assistenza del Ministero, ha imposto bocciando senza appello la delibera di giunta 348 del 18 giugno, che prevedeva la possibilità di sforare del 20 per cento il budget mensile, rimodulare i posti letto accreditati e allentando di fatto le possibilità di controllo. Delibera poi "chiarita" dall'assessore alla Sanità Nicoletta Verì, della Lega, con un ulteriore, successivo atto di giunta, ma che ha provocato veementi polemiche, perché bollata come un "regalo" al potente comparto della sanità privata abruzzese. Non si conosce però l'esito dell'incontro al Ministero di novembre, che avrebbe dovuto valutare questo "chiarimento". A denunciare il caso, sintomo di un centrodestra pasticcione e confuso che non ha ancora preso in mano le redini del comparto, è stato il capogruppo del Partito democratico ed ex assessore alla Sanità, Silvio Paolucci, che non vedendo muoversi foglia, ha preso carta e penna e in una lettera del 4 dicembre scorso, indirizzata ai quattro direttori delle Asl abruzzesi, e alla Regione Abruzzo ha chiesto lumi sulle "procedure di sottoscrizione dei contratti negoziali relativi all'annualità 2019 in materia di prestazioni erogate della rete ospedaliera privata accreditata, delle strutture private titolari di accreditamento pre-definitivo, per prestazioni sanitarie in strutture riabilitative, residenze sanitarie assistenziali, residenze protette e strutture psico-riabilitative, della rete di specialistica ambulatoriale privata accreditata, stabilimenti Ftk, studi di radiologia, casa di cura, della rete dei Laboratori privati accreditati". Non mancando di ricordare, che "appare del tutto superfluo evidenziare l’importanza di ultimare la definizione delle negoziazioni al fine di assicurare la continuità assistenziale e, pertanto, sono a chiedervi, laddove non fossero state completate, le ragioni connesse a tali ritardi". Ebbene, assicura ad AbruzzoWeb Paolucci: "le poche risposte pervenutemi sono deboli ed in qualche caso non vere perché descrivono di contratti sottoscritti ma così non è. Che al 2020 non siano stati sottoscritti i contratti del 2019 è un fatto molto grave che certamente verrà stigmatizzato dai Ministeri". Resta dunque il mistero sul perché questi contratti non siano stati sottoscritti. Emblematico, e forse sintomo di incertezza e confusione, è il carteggio in materia, che sarebbe avvenuto tra il direttore generale della Asl aquilana, Roberto Testa, e la Regione. "Lo scambio di missive contraddittorie tra Regione ed Asl non fa che confermare un modo di agire opaco, senza visione, strategia, indirizzi chiari", commenta a tal proposito Paolucci. Del resto, il rapporto tra il Ministero della Salute e la Regione Abruzzo, le cui politiche sanitarie sono ancora sotto tutela e controllo dopo l'uscita a fine 2017 dal commissariamento per deficit eccessivo, in cui era finita nel 2008, si è fatto già nei primi mesi di legislatura guidata dal centrodestra di Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, a dir poco conflittuale. Sub judice a Roma è intanto la proposta di Piano sanitario, e contestuale riordino della rete ospedaliera, consegnato dalla Regione a dicembre. Anche qui tra le polemiche non vengono di fatto rispettati - volutamente - i rigidi paletti della legge Lorenzin, che per l'Abruzzo in base ai bacini di utenza prevederebbero un solo ospedale di secondo livello, il top della gamma, a Pescara. La Regione ha optato infatti su quattro presidi con "funzioni riferibili" al Dea di secondo livello, nei quattro comuni capoluogo, e inoltre sul il potenziamento delle reti territoriali e il freno alla costruzione di nuovi ospedali con il ricorso al project financing. Tanto che - sibilano le opposizioni - "il Piano è stato concepito proprio per farselo bocciare", alla luce “di una strategia volta a prendere tempo e non assumersi decisioni impopolari, per non contraddire le iperboliche promesse fatte in campagna elettorale". E sopratutto, tornando alla partita spinosissima delle cliniche private, il contenzioso è esploso su quanto previsto dalla delibera regionale 348 del 18 giugno, in cui era stato confezionato uno schema di contratto, secondo molti assai "generoso", con le cliniche private accreditate, in cui ci sarebbero state concessioni su controlli, su prestazioni e posti letto occupati, consentendo una maggiore elasticità nei tipi di ricovero, da un reparto all'altro, oltre al fatto che si sarebbero reso "più agevole sforare i tetti dei rimborsi pattuiti con le Asl, senza dover fornire giustificazioni". Prevedendo l'oscillabilità "fino al 20 per cento del tetto mensile del budget". il Tavolo di monitoraggio del Ministero della Salute del 30 luglio, ha però bocciato i contenuti della delibera, e ha chiesto esplicitamente l'eliminazione dallo schema del contratto dell'oscillabilità fino al 20 per cento, chiedendo di tornare a quanto previsto nella delibera di giunta 634 del 2017, approvata dal centrosinistra di Luciano D'Alfonso, ora senatore, e dell'assessore Paolucci, in cui si prevede un tetto annuale di spesa e frazionato in mensilità con l'obbligo non superamento dei limiti progressivi mensili non superiore al 10 per cento". Il Tavolo di monitoraggio, ha ricordato poi i contenuti della sentenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato come "l'accreditamento non riguarda la struttura accreditata, ma i posti letto, suddivisi per disciplina, presenti all'interno della stessa struttura, pertanto non è possibile variare la destinazione del singolo posto letto rispetto alla patologia per la quale è stato accreditato". E inoltre che "la flessibilità del sistema della destinazione dei posti letto nelle strutture accreditate è un'esigenza di medio-lungo periodo ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue revisioni sicché, senza una formale riconsiderazione del numero e della distribuzione dei posti letto, resta ferma, nell'ambito di ciascuna area funzionale omogenea, la loro ripartizione quantificazione per singole discipline accreditate" così come è stata fissata nella tabella allegata alla legge regionale 6 del 2007". Chiedendo insomma anche qui modifiche sostanziali. "La stessa esigenza di flessibilità - si legge infine nella relazione - non può invece intendersi come facoltà della struttura privata di operare in deroga al numero di posti letto assegnati alle singole discipline secondo uno schema variabile non predefinito, rimesso la sua piena discrezione, e quindi di assai difficile previsione e controllo da parte dell'ente regionale. Avallare il libero interscambio dei posti letto vorrebbe dire vanificare il fine della programmazione dei ricoveri, e consentire alla struttura accreditata di prescindere dalle prestazioni delle attività concordate per specifica tipologia e quantità con la Asl". Infine il Tavolo aveva evidenziato "la persistenza di un numero considerevole di strutture private ancora in iter di autorizzazione e/o accreditamento istituzionale". Sollecitando "la definizione di un crono-programma per il completamento delle procedure inerenti alle strutture sanitarie e sociosanitarie private, comprese quelle interessate dai processi di riconversione, prevedendo una tempistica quanto più possibile stringente. Nelle more del completamento delle procedure in essere, raccomandano di verificare l'esistenza di idonee misure atte a garantire adeguati livelli di sicurezza nell'erogazione delle cure". Incassate le bordate delle opposizioni a seguito della bocciatura, l'assessore Verì ha fatto approvare così la delibera del 14 ottobre, precisando però che non si è trattato di nessun passo indietro ma di una semplice esplicitazione e chiarimento "di quanto era comunque previsto nella delibera del 18 giugno. Ovvero la rigorosa verifica del tasso di occupazione giornaliera nelle cliniche, e ovviamente della legittimità e la congruità delle prestazioni svolte, l’invalicabilità del tetto di spesa annuo, e il ricorso all'oscillabilità del fatturato solo in casi eccezionali e con obbligo di tempestiva comunicazione alla Asl di appartenenza. È prevista poi la non interscambiabilità dei posti letto tra un reparto e l'altro". Se le argomentazioni di Verì abbiano convinto il Ministero, non è però dato a sapere: il verbale della riunione fatta ad hoc a novembre, è chiuso in qualche cassetto, e neanche Paolucci, in qualità di consigliere, ne è in possesso. “Si sarà pure trattato di un grosso equivoco, fatto sta, denuncia Paolucci, che la Regione non ha ancora sottoscritto i contratti, e il sospetto è dunque che rimangano problemi riguardo i requisiti e condizioni da applicare, ovvero nell'adeguamento a quanto prescritto dal Ministero”. "Probabilmente c’è il tema di aggiornare la rete privata convenzionata - afferma ancora l'ex assessore -, ma la Regione soprattutto ora che non è più commissariata, ha proprio il compito di programmare. E su questo aspetto già l’Agenzia Sanitaria aveva rimesso al Dipartimento alla Salute una propria relazione durante il mio assessorato. Una cosa è certa: questa destra al governo non ha nessuna scusante. Le elezioni si sono tenute un anno fa, avranno cinque anni di governo della Sanità senza essere commissariati: è inaccettabile che non vi sia stato un solo atto di programmazione nel settore più importante, e che, anzi, non siano stati sottoscritti i contratti nel caso della Sanità privata. Un enorme salto indietro della nostra Regione. Mi auguro che le riposte dei Manager e del Dipartimento spieghino sul punto. Le prime pervenute non possono che confermare la scarsa trasparenza di quanto sta avvenendo". Ma per ora i manager e la Regione tacciono.

Il 2019 è passato, il capodanno festeggiato, ma per buona parte dei contratti, con budget, tetti di spesa e prestazioni sanitarie effettuate nel corso dell’anno che la Giunta di centrodestra avrebbe dovuto sottoscrivere con le cliniche private ed altre realtà, non si vede nemmeno l'ombra. 

Un piatto molto ricco, di circa 250 milioni di euro: 131 con le case di cura, 118 per prestazioni assicurate sul territorio, come esami ed analisi. Si tratta di un terreno da sempre parecchio scivoloso visto che il non sempre facile e chiaro rapporto con la sanità privata ha portato anche a vicende giudiziarie shock.
 

 In questo caso, la situazione porrebbe sfociare in una pericolosa deregulation rispetto al tetto di spesa e prestazioni convenzionate che la Regione acquista per affiancare le strutture pubbliche nelle cure degli abruzzesi. A garanzia, secondo quanto si è appreso, ci sarebbe una delibera firmata a fine 2018 della giunta di centrosinistra, andata poi a casa a favore della coalizione di centrodestra in seguito alle elezioni del 10 febbraio 2019.

Ma non solo: dagli ambienti politici, anche della maggioranza, c'è chi sostiene che gli schemi di contratto predisposti ma non firmati non si adeguerebbero ai criteri che il tavolo di Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali assistenza del Ministero, ha imposto bocciando senza appello la delibera di giunta 348 del 18 giugno, che prevedeva la possibilità di sforare del 20 per cento il budget mensile, rimodulare i posti letto accreditati e allentando di fatto le possibilità di controllo. 
 

Delibera poi "chiarita" dall'assessore alla Sanità Nicoletta Verì, della Lega, con un ulteriore, successivo atto di giunta, ma che ha provocato veementi polemiche, perché bollata come un "regalo" al potente comparto della sanità privata abruzzese. Non si conosce però l'esito dell'incontro al Ministero di novembre, che avrebbe dovuto  valutare questo "chiarimento". 

A denunciare il caso, sintomo di un centrodestra pasticcione e confuso che non ha ancora preso in mano le redini del comparto, è stato il capogruppo del Partito democratico ed ex assessore alla Sanità, Silvio Paolucci, che non vedendo muoversi foglia, ha preso carta e penna e in una lettera del 4 dicembre scorso, indirizzata ai quattro direttori delle Asl abruzzesi, e alla Regione Abruzzo ha chiesto lumi sulle "procedure di sottoscrizione dei contratti negoziali relativi all'annualità 2019 in materia di prestazioni erogate della rete ospedaliera privata accreditata, delle strutture private titolari di accreditamento pre-definitivo, per prestazioni sanitarie in strutture riabilitative, residenze sanitarie assistenziali, residenze protette e strutture psico-riabilitative, della rete di specialistica ambulatoriale privata accreditata, stabilimenti Ftk, studi di radiologia, casa di cura, della rete dei Laboratori privati accreditati".

Non mancando di ricordare, che "appare del tutto superfluo evidenziare l’importanza di ultimare la definizione delle negoziazioni al fine di assicurare la continuità assistenziale e, pertanto, sono a chiedervi, laddove non fossero state completate, le ragioni connesse a tali ritardi".

Ebbene, assicura ad AbruzzoWeb Paolucci: "le poche risposte pervenutemi sono deboli ed in qualche caso non vere perché descrivono di contratti sottoscritti ma così non è. Che al 2020 non siano stati sottoscritti i contratti del 2019 è un fatto molto grave che certamente verrà stigmatizzato dai Ministeri".

Resta dunque il mistero sul perché questi contratti non siano stati sottoscritti. Emblematico, e forse sintomo di incertezza e confusione, è il carteggio in materia, che sarebbe avvenuto tra il direttore generale della Asl aquilana, Roberto Testa, e la Regione. 

"Lo scambio di missive contraddittorie tra Regione ed Asl non fa che confermare un modo di agire opaco, senza visione, strategia, indirizzi chiari", commenta a tal proposito Paolucci.

Del resto, il rapporto tra il Ministero della Salute e la Regione Abruzzo, le cui politiche sanitarie sono ancora sotto tutela e controllo dopo l'uscita a fine 2017 dal commissariamento per deficit eccessivo, in cui era finita nel 2008, si è fatto già nei primi mesi di legislatura guidata dal centrodestra di Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, a dir poco conflittuale. 

Sub judice a Roma è intanto la proposta di Piano sanitario, e contestuale riordino della rete ospedaliera, consegnato dalla Regione a dicembre. Anche qui tra le polemiche non vengono di fatto rispettati - volutamente - i rigidi paletti della legge Lorenzin, che per l'Abruzzo in base ai bacini di utenza prevederebbero un solo ospedale di secondo livello, il top della gamma, a Pescara.

La Regione ha optato infatti  su quattro presidi con "funzioni riferibili" al Dea di secondo livello, nei quattro comuni capoluogo, e inoltre sul il potenziamento delle reti territoriali e il freno alla costruzione di nuovi ospedali con il ricorso al project financing. Tanto che - sibilano le opposizioni - "il Piano è stato concepito proprio per farselo bocciare", alla luce “di una strategia volta a prendere tempo e non assumersi decisioni impopolari, per non contraddire le iperboliche promesse fatte in campagna elettorale".

E sopratutto, tornando alla partita spinosissima delle cliniche  private, il contenzioso è esploso su quanto previsto dalla delibera regionale 348 del 18 giugno, in cui era stato confezionato uno schema di contratto, secondo molti assai "generoso", con le cliniche private accreditate, in cui ci sarebbero state concessioni su controlli, su prestazioni e posti letto occupati, consentendo una maggiore elasticità nei tipi di ricovero, da un reparto all'altro, oltre al fatto che si sarebbero reso "più agevole sforare i tetti dei rimborsi pattuiti con le Asl, senza dover fornire giustificazioni". Prevedendo l'oscillabilità "fino al 20 per cento del tetto mensile del budget".

il Tavolo di monitoraggio del Ministero della Salute del 30 luglio, ha però bocciato i contenuti della delibera, e ha chiesto esplicitamente l'eliminazione dallo schema del contratto dell'oscillabilità fino al 20 per cento, chiedendo di tornare  a quanto previsto nella delibera di giunta 634 del 2017, approvata dal centrosinistra di Luciano D'Alfonso, ora senatore, e dell'assessore Paolucci, in cui si prevede un tetto annuale di spesa e frazionato in mensilità con l'obbligo non superamento dei limiti progressivi mensili non superiore al 10 per cento".

Il Tavolo di monitoraggio, ha ricordato poi i contenuti della sentenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato come "l'accreditamento non riguarda la struttura accreditata, ma i posti letto, suddivisi per disciplina, presenti all'interno della stessa struttura, pertanto non è possibile variare la destinazione del singolo posto letto rispetto alla patologia per la quale è stato accreditato".

E inoltre che "la flessibilità del sistema della destinazione dei posti letto nelle strutture accreditate è un'esigenza di medio-lungo periodo ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue revisioni sicché, senza una formale riconsiderazione del numero e della distribuzione dei posti letto, resta ferma, nell'ambito di ciascuna area funzionale omogenea, la loro ripartizione quantificazione per singole discipline accreditate" così come è stata fissata nella tabella allegata alla legge regionale 6 del 2007".

Chiedendo insomma anche qui modifiche sostanziali.

"La stessa esigenza di flessibilità - si legge infine nella relazione - non può invece intendersi come facoltà della struttura privata di operare in deroga al numero di posti letto assegnati alle singole discipline secondo uno schema variabile non predefinito, rimesso la sua piena discrezione, e quindi di assai difficile previsione e controllo da parte dell'ente regionale. Avallare il libero interscambio dei posti letto vorrebbe dire vanificare il fine della programmazione dei ricoveri, e consentire alla struttura accreditata di prescindere dalle prestazioni delle attività concordate per specifica tipologia e quantità con la Asl".

Infine il Tavolo aveva evidenziato "la persistenza di un numero considerevole di strutture private ancora in iter di autorizzazione e/o accreditamento istituzionale". Sollecitando "la definizione di un crono-programma per il completamento delle procedure inerenti alle strutture sanitarie e sociosanitarie private, comprese quelle interessate dai processi di riconversione, prevedendo una tempistica quanto più possibile stringente. Nelle more del completamento delle procedure in essere, raccomandano di verificare l'esistenza di idonee misure atte a garantire adeguati livelli di sicurezza nell'erogazione delle cure".

Incassate le bordate delle opposizioni a seguito della bocciatura, l'assessore Verì ha fatto approvare così la delibera del 14 ottobre, precisando però che non si è trattato di nessun passo indietro ma di una semplice esplicitazione e chiarimento "di quanto era comunque previsto nella delibera del 18 giugno. Ovvero la rigorosa verifica del tasso di occupazione giornaliera nelle cliniche, e ovviamente della legittimità e la congruità delle prestazioni svolte, l’invalicabilità del tetto di spesa annuo, e il ricorso all'oscillabilità del fatturato solo in casi eccezionali e con obbligo di tempestiva comunicazione alla Asl di appartenenza. È prevista poi la non interscambiabilità dei posti letto tra un reparto e l'altro". 

Se le argomentazioni di Verì abbiano convinto il Ministero, non è però dato a sapere: il verbale della riunione fatta ad hoc a novembre, è chiuso in qualche cassetto, e neanche Paolucci, in qualità di consigliere, ne è in possesso. 

“Si sarà pure trattato di un grosso equivoco, fatto sta, denuncia Paolucci, che la Regione non ha ancora sottoscritto i contratti, e il sospetto è dunque che rimangano problemi riguardo i requisiti e condizioni da applicare, ovvero nell'adeguamento a quanto prescritto dal Ministero”.

"Probabilmente c’è il tema di aggiornare la rete privata convenzionata - afferma ancora l'ex assessore -, ma la Regione soprattutto ora che non è più commissariata, ha proprio il compito di programmare. E su questo aspetto già l’Agenzia Sanitaria aveva rimesso al Dipartimento alla Salute una propria relazione durante il mio assessorato. Una cosa è certa: questa destra al governo non ha nessuna scusante. Le elezioni si sono tenute un anno fa, avranno cinque anni di governo della Sanità senza essere commissariati: è inaccettabile che non vi sia stato un solo atto di programmazione nel settore più importante, e che, anzi, non siano stati sottoscritti i contratti nel caso della Sanità privata. Un enorme salto indietro della nostra Regione. Mi auguro che le riposte dei Manager e del Dipartimento spieghino sul punto. Le prime pervenute non possono che confermare la scarsa trasparenza di quanto sta avvenendo".

Ma per ora i manager e la Regione tacciono.

(di Filippo Tronca da https://www.abruzzoweb.it/contenuti/sanita-al-palo-contratti-con-privati-paolucci-da-manager-risposte-opache/714436-283/)