Giovedì, 21 Marzo 2013 NazionaliAlla francese o alla tedesca?Mentre la Nazione rischia di finire contro l'iceberg si continua a disquisiredi Davide D'Alessandro
Avete mai visto, non dico gli Stati Uniti, ma un normale Paese europeo che si rispetti, dibattere di legge elettorale? C’è un Paese, che voi sappiate, dove un tema perennemente irrisolto è la legge elettorale? C’è un angolo di mondo dove la comunità politica, al risveglio mattutino, è tutta protesa a occuparsi della legge elettorale? Domande retoriche per altre realtà, mentre in Italia la domanda non è affatto retorica. Perché è l’Italia, non può che essere l’Italia, il Paese impegnato a disquisire, con il Titanic diretto contro l’iceberg, di legge elettorale. Non da ieri. Da vent’anni. Tra Mattarellum e Porcellum, scorpori, resti, liste bloccate, quote rosa, collegi uninominali e premi di maggioranza, non ancora abbiamo trovato quella giusta. Perché in Italia, quella giusta, è quella che dovrebbe favorire il partito che la propone. Dopo il voto, se non dovesse garantire la vittoria successiva, chi ha vinto può sempre cambiarla. I politici non la vogliono né alla francese né alla tedesca. La vogliono all’italiana. Precaria. Provvisoria. Instabile. In bilico. Rivedibile. Riformabile. La legge elettorale di cui ancora si ciancia è la misura del fallimento di un’intera classe dirigente che nell’ultimo ventennio ha giocato con la politica, con il Paese e con i suoi cittadini. In Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, un minuto dopo lo spoglio si conoscono vinti e vincitori. In Italia, nonostante il premio di maggioranza alla Camera, no; perché c’è il Senato, dove può vincere chi ha perso alla Camera. Per la verità, in un altro Paese è stato difficile attribuire la vittoria. In Grecia. Già, la Grecia. Però, lì sono tornati alle urne e hanno trovato il vincitore. In Italia potrebbe non bastare neppure tornarci. E la Grande Coalizione, com’è già accaduto in Germania? No, da noi no, perché c’è Berlusconi; per alcuni, un pericoloso criminale, ma insieme al quale hanno sostenuto, per un anno, il Governo Monti. Con un piede dentro e uno fuori. A favore, ma anche un po’ contro. All’italiana. |