Lunedì, 27 Marzo 2023 Abruzzo

Tre giorni in mare, con 61 minori a bordo, prima di raggiungere Ortona

Le stravaganti disposizioni del Governo guidato da Giorgia Meloni

E' in viaggio verso il porto di Ortona la Life Support di Emergency: domani, martedì 28 marzo presso il molo Nord Nuova inizieranno le operazioni di sbarco delle 161 persone soccorse negli ultimi giorni nel Mediterraneo centrale dalla nave dell'organizzazione non governativa. Tra i soccorsi, 61 minori - di cui 54 non accompagnati - e 26 donne, di cui tre in stato di gravidanza.

Tre le distinte operazioni di soccorso in meno di 10 ore, a raccontarle è il capo missione della Life Support, Emanuele Nannini: “Nel primo soccorso, abbiamo trovato 78 persone su un gommone di 12 metri dai tubolari quasi sgonfi e alla deriva per assenza di carburante. Abbiamo effettuato il secondo e terzo soccorso in coordinamento con le autorità italiane. In questi due soccorsi, abbiamo tratto in salvo 83 persone, tra cui donne e bambini anche molto piccoli: viaggiavano da tre giorni su imbarcazioni di 8 metri, tra le onde del Mediterraneo e con i motori in avaria. Se non fossimo intervenuti – precisa Nannini -  quelle persone si sarebbero aggiunte alle oltre 26.000 morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi 8 anni”.

Ricorda così il terribile viaggio una delle donne soccorse, una giovane mamma di una coppia di gemelli di due anni  proveniente dalla Costa d’Avorio: “Pensavo, se succede qualcosa ai miei bambini non me lo perdonerò mai. Siamo stati per tre giorni in mare alla deriva perché il motore non funzionava più. Avevamo finito il cibo e l’acqua. A bordo eravamo immersi nel gasolio, nelle urine, negli escrementi, nel vomito. I più piccoli piangevano senza sosta”. 

Le persone soccorse nella seconda e nella terza operazione erano partite da Sfax, in Tunisia, dove nelle ultime settimane si è registrata una recrudescenza delle politiche verso le persone prive di documenti, per la maggior parte cittadini provenienti dall’Africa Sub-Sahariana.

Un’altra donna, di 40 anni, sempre della Costa d’Avorio, racconta: “Ho vissuto cinque anni in Tunisia, lavorando onestamente, fin quando non è diventato un luogo davvero pericoloso. La popolazione locale ha iniziato a lanciarci pietre per strada, a minacciarci con armi per prenderci soldi e telefoni, a incendiare le nostre case, a non pagarci più a lavoro o a licenziarci dal giorno alla notte. La legge in Tunisia non è uguale per tutti, non vengono rispettati i diritti umani. Ho ancora amici rimasti in Tunisia che al momento sono in prigione, senza aver commesso alcun crimine. Come si può restare in un Paese dove si ha paura ad uscire anche solo di casa?”.