Domenica, 22 Novembre 2020 Nazionali

La violenza sulle donne. All’origine del fenomeno

Intervista al prof. Guido Brunetti

Il 25 novembre è la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, ricorrenza istituita il 17 dicembre 1999 dall’ Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Cerchiamo di entrare in profondità nel tema con il professor Guido Brunetti, un autore che già si è occupato della questione sul piano scientifico, psichiatrico, sociale e giuridico.


Come inquadrare il problema della violenza?


“Con Giovanni Bollea, il padre della neuropsichiatria infantile in Italia, abbiamo parlato sin dagli anni ’90 del secolo scorso di un processo planetario, subdolo e strisciante, di violentizzazione. Una situazione che per essere compresa deve essere collocata nell’ambito non solo di una crisi sociale ed economica. Ma soprattutto in
quella morale e spirituale, che presenta radici profonde e drammatiche”.


Quali, i segnali?


“Sintomi evidenti, la crisi della famiglia e della scuola. C’è insomma una desertificazione della coscienza individuale e collettiva. Allarmano poi i risultati di alcune ricerche di neuropsichiatria infantile, secondo cui cresce il numero di adolescenti e bambini con disturbi psichiatrici, come ansia, depressione, inquietudine, insonnia, aggressività, fino a raggiungere forme preoccupanti di arroganza, ineducazione, violenza”.


La violenza è un fenomeno sociale?


La violenza sulle donne è, per l’ONU, ‘un flagello mondiale’, un problema di salute di ‘grandi proporzioni’ (OMS). Sul piano scientifico, dobbiamo dire che all’interno dell’essere umano sono presenti ‘due animali ben svegli e coscienti, ma, sostengono le neuroscienze, irrimediabilmente incapaci di esprimersi in modo comprensibile’.
Spesso prevale il cervello cosiddetto ‘rettiliano’, una pulsione distruttiva e autodistruttiva che semina odio, invidia e violenza. Occorre migliorare la comprensione del cervello, riducendo conflitti e tensioni, che altrimenti potrebbero esplodere con conseguenze disastrose”.


In questo contesto, emerge la figura della donna.


“Storicamente, la donna è stata considerata sul piano ontologico, sociale e morale
‘inferiore’ all’uomo. Subendo in tal modo violenza, angherie e umiliazioni
intollerabili. Finora, ci sono state molteplici iniziative sociali e legislative, ma
dobbiamo registrare un forte ritardo nel predisporre valide e concrete politiche”.


Che cosa resta del femminismo? E la rivoluzione sessuale?

“Oggi, autorevoli studiose nel campo del femminismo parlano di eclissi, di tramonto del ruolo della donna. La quale- aggiungono- appare ‘sempre più simile agli uomini’, contendendo loro il ‘potere’, senza rendersi conto che è la donna a ‘perdere il potere’. Di qui, il ‘fallimento’ del femminismo e della rivoluzione sessuale. Una ‘miseria
morale’ con tante malattie, la donna trattata come cavia e merce in vendita. Tutto questo, influenzato da teorie pseudoscientifiche false, da stereotipi, pregiudizi, distorsioni mentali, fanatismo. Trascinando nel fallimento la sacralità della donna, le sue qualità intellettive, morali e umane, la sua dignità ontologica, la sua bellezza
interiore. Un femminismo esaurito- hanno insistito esperte in questo campo- che non solo non ha ‘liberato’ la donna, ma che si è rivoltato contro se stesso. E’ venuto fuori insomma un maschilismo al contrario. Oggi, la donna, quella motivata intellettualmente e professionalmente, si arrabbia se le si dice femminista”.


Prof Brunetti, lei ha parlato di dignità. Può approfondire tale concetto? 


“La violenza contro la donna- spiega Brunetti- è una violazione dei diritti umani, è un atto di discriminazione. Ma è soprattutto un gesto che offende la dignità della persona. Per noi, l’essere umano è un valore ontologico. La dignità si fonda cioè sulla centralità ontologica dell’individuo. Il quale costituisce un pregio in sé a cui si deve
rispetto. Dalla nascita all’ultima età. Rispetto per la vita e l’integrità mentale e fisica. La dignità è un valore universale, esprime una qualità interna assoluta, morale, sacra e inviolabile. Per il solo fatto di essere una persona, anche il soggetto più spregevole, malvagio, crudele ha una dignità. Riteniamo talmente fondata questa nostra concezione da indurci ad estendere il concetto di dignità a tutte le creature del mondo, agli animali non umani e alle cose”. 


Che cosa occorre? 


“Un profondo, articolato e intenso processo socio-educativo- conclude il nostro autore- a partire dai banchi della scuola dell’infanzia. Insieme con una forte evoluzione culturale, antropologica e morale”.
Monica Serafini