Nel corso del suo intervento alla serata organizzata dal Rotary Club Viareggio Versilia a Torre del Lago, Marcello Lippi ha esposto importanti riflessioni che coinvolgono il ruolo del leader, il gruppo, il carisma, le motivazioni. Tutte questioni che sono al centro della psicologia, della psicoanalisi e dell’antropologia. Abbiamo così chiesto al professor Guido Brunetti, autore di numerosi libri nel campo delle neuroscienze, della psichiatria e della psicoanalisi, di aiutarci a capire la fenomenologia di un grande leader carismatico, come Marcello Lippi.
Quali sono gli elementi emersi nell’intervento di Lippi al Rotary?
“Il ct della nazionale campione del mondo del 2006 ha passato in rassegna fasi cruciali della sua vita, episodi ed aneddoti che ci aiutano a capire in profondità sia i suoi tratti personali che le condizioni che lo hanno reso un celebre “capo”. Un capo vincente. Il nucleo centrale del suo ragionamento sta nell’aver sottolineato con forza che ‘nel calcio, come in ogni tipo di lavoro e nella vita, per affermarsi bisogna creare un’alchimia fra le persone’, ovvero un gruppo strutturato e fortemente motivato. Bisogna- ha aggiunto- fare sentire importanti gli uomini, far capire loro che fanno parte di una squadra, che ogni soggetto ha un ruolo necessario e determinante”.
I segreti per riuscire a conseguire traguardi prestigiosi...
“Si tratta di riuscire a suscitare nel singolo e nella squadra la formazione di uno
spirito di gruppo e la capacità di porsi come leader carismatico”.
Ci sono riscontri scientifici alle considerazioni di Lippi?
“Quando Lippi parla di motivazioni, di formazione e di coesione di gruppo, il pensiero corre subito ad alcuni importanti contributi forniti, in particolare, da Le Bon, Freud e Max Weber, ai quali si devono puntuali analisi sul capo carismatico. Sia Lippi che questi autorevoli studiosi mostrano l’esistenza di un rapporto capo-gruppo,
dominato da una personalità forte e a volte eccezionale. Una personalità verso cui il gruppo sviluppa ‘un legame di dipendenza dalle marcate valenze emotive’.
Si tratta di una relazione- spiega Brunetti- in cui il capo (nella fattispecie, Lippi) ‘domina e affascina’ il rapporto interpersonale, in quanto capace di ‘controllare e condurre’ il gruppo quando, dove e come vuole. Il capo cioè ottiene obbedienza così ‘come il domatore- semplifica Le Bon- ottiene obbedienza dalle belve’.
In questa linea, si pone anche Freud. Per il padre della psicoanalisi, il capo richiama la figura primigenia del padre, un capo supremo, una guida, sicuro di sé e autosufficiente. Agli inizi della storia umana, fu lui il superuomo”.
Quali sono i caratteri del capo?
“Il capo è il vero ‘catalizzatore della ‘forza libidica’ del gruppo, colui che funge da ‘difesa’ da angosce fantasmatiche e da impulsi distruttivi e aggressivi, agendo da ‘contenitore’ delle ansie e paure del gruppo. Di qui, le funzioni simboliche connesse con il ruolo del capo. Il capo amato diventa allora il luogo di ‘proiezione’ delle attese e dei desideri del gruppo. In questo senso, il capo assume una funzione carismatica. Per ‘carisma’, Max Weber intende una qualità considerata straordinaria che viene attribuita a una persona, dotata di ‘forze eccezionali’. Emerge un concetto di capo considerato come colui che ‘domina’ a senso unico il gruppo”.
Perché alcuni individui, come Lippi, raggiungono certe posizioni e altri no?
“Dobbiamo considerare due aspetti: le qualità individuali e le circostanze. Circa i tratti personali, riteniamo, d’accordo con altri studiosi, che il leader sia un ‘individuo speciale’ dotato di caratteri che lo predispongono alla conquista di posizioni prestigiose. Il capo sarebbe più intelligente, più sicuro di sé e delle proprie capacità e
più sensibile, più socievole. L’analisi della personalità di Lippi si accosta al concetto di un capo adatto a svolgere funzioni di leadership in cui entrano in gioco ‘valenze individuali’, come sensibilità interpersonale, attitudine al comando, flessibilità, autocontrollo, capacità di persuasione, scambi, regole, ruoli, influenze”.
Come può essere considerato l’approccio professionale di Lippi?
“Lippi appare un leader ottimale, che basa la sua azione su due ordini di qualità: quella tecnico-organizzativa
diretta a portare il gruppo-squadra al raggiungimento dei suoi scopi e quella socio-emotiva diretta a salvaguardare i rapporti interpersonali, la coesione di gruppo, la motivazione, il morale dei giocatori, valorizzandone le energie e le capacità individuali. E’ un metodo che serve a creare un sistema di interazione attraverso un processo di identificazione, proiezione e rinforzi. E’ una figura che riesce a sintonizzarsi con i
giocatori, è disponibile, centrato sulle loro potenzialità umane e atletiche. Non è un allenatore rigido, direttivo, punitivo, ostile. E’ una persona che ascolta, comprende, accetta, sa proporre e stimolare. Una figura empatica, che sa il significato della resilienza. E’ un leader, il quale come un bravo docente prima di imporre metodi,
regole o divieti si sforza di conoscere i suoi uomini”.
Anna Gabriele