Mercoledì, 30 Aprile 2014 Vasto

La testimonianza di mons. Marini cerimoniere per 18 anni di Papa Giovanni Paolo II

Ha parlato per circa 2 ore dinanzi ad una immensa folla

“Sono contento di averLa nella nostra Diocesi e nella nostra città del Vasto.
Lei ha un volto molto noto, perché per anni l’abbiamo visto come Maestro delle
Cerimonie accanto a Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, ma non ne
conosciamo la voce. Questa sera Lei, invece, è venuto per parlare della
liturgia e per darci una personale testimonianza su Giovanni Paolo II, appena
proclamato Santo, un Papa, a cui personalmente sono legato perché la mia
formazione in seminario l’ho vissuta durante il Suo Pontificato”. Con queste
parole, don Gianni Sciorra, Parroco di S. Paolo, si è rivolto, Martedì 29
aprile, a Mons. Piero Marini, prima che il coro parrocchiale intonasse il canto
“Aprite le porte a Cristo”.
Don Gianni nel suo indirizzo di saluto ha voluto anche ringraziare il pubblico
presente, nell’ Auditorium della Parrocchia, in particolare il nutrito gruppo
dell’Unitalsi, e le autorità (c’erano, tra gli altri, in prima fila il sindaco
di Casalbordino Remo Bello, il Presidente del Consiglio Comunale Giuseppe
Forte, il vice-Presidente Luigi Marcello e il consigliere regionale Antonio
Prospero). Ha, infine, invitato tutti ad ascoltare la preziosa testimonianza di
Mons. Marini che ha avuto la possibilità di incontrare il Papa per l’ultima
volta qualche ora prima della morte, rilasciando poi alla stampa questo
prezioso ricordo, sottolineato dallo stesso don Sciorra nel Comunicato Stampa
inviato agli organi d’informazione: “Era verso mezzogiorno e il suo segretario
Mons. Stanislao mi accompagnò da lui nella sua stanza. Era la prima volta che
vedevo un letto al centro della stanza e capii subito il motivo. Dietro al
letto c’era un medico ed un infermiere che davano l’ossigeno al Papa e lo
aiutavano a respirare. Papa Wojtyla era disteso con le mani fuori dalle
lenzuola e aveva la testa chinata. Per vedere aveva bisogno che qualcuno lo
aiutasse. Alzò gli occhi e mi guardò e io rimasi vicino a lui. Poi mosse la
mano destra. Io non avevo capito cosa desiderasse dirmi con quel gesto, se
volesse benedirmi o se mi stesse domandando qualcosa. Il medico mi disse:
“Prendigli la mano perché il Papa vuole salutarti”. E allora gli presi la mano
e il Papa me la strinse. Egli che non poteva più parlare con la voce lo faceva
attraverso i gesti e lo sguardo. Siamo rimasti lì un po’, non so quanto, poche
secondi, o un’eternità. In quei momenti è difficile misurare il tempo. Quando
gli ho lasciato la mano il Papa ha di nuovo rialzato la testa e mi ha guardato.
Ricordo quegli occhi e quello sguardo che mi accompagneranno per il resto della
mia vita. Porterò sempre con me quella sensazione di bene e di affetto della
sua mano stretta alla mia".
Nel prendere la parola Mons. Marini, dopo aver espresso la sua gioia di essere
a Vasto, è entrato subito in argomento, approfondendo la valenza spirituale
della canonizzazione di Giovanni Paolo II (avvenuta assieme a quella di
Giovanni XXIII). “Questa canonizzazione – ha detto l’oratore – che ha
ufficializzato il culto di venerazione di Papa Karol Wojtyla nel mondo intero -
, è un invito a rileggere con più attenzione la vita del Papa santo e a
riscoprirne i tanti valori, che essa ha saputo offrire ai credenti e non”.
La mia testimonianza nei confronti di Giovanni Paolo II, ha continuato Mons.
Marini, si può riassumere in due immagini significative: l’aver partecipato (il
27 aprile) alla concelebrazione per la canonizzazione assieme a Papa Francesco,
al Papa emerito Benedetto XVI, ai cardinali e agli altri Vescovi, mi ha
richiamato l’immagine di Chiesa che il Concilio ha voluto, secondo la
fisionomia originaria, e l’aver visto (il 28 aprile) la grande venerazione dei
polacchi alla tomba di Karol Wojtyla mi ha regalato l’immagine della fede di
questo popolo.
Questa seconda immagine, ha aggiunto Mons. Marini, mi offre l’opportunità di
cogliere due aspetti della vita di Karol Wojtyla in Polonia: la sua fermezza
nell’affrontare le difficoltà esistenziali (in una Polonia tormentata dalla
guerra e dall’ostilità verso la religione cattolica) e il suo intenso amore
verso la Vergine Maria, sviluppatosi soprattutto nel clima spirituale del
Santuario della Madonna di Czestochowa, tempio diventato il simbolo della
stessa Polonia.
Le radici e le esperienze polacche hanno segnato indelebilmente il pontificato
di Giovanni Paolo II. Così, tanto per citare qualche esempio, egli amava
celebrare la Messa soprattutto all’aperto (ricordando le restrizioni imposte
alle celebrazioni religiose dal governo comunista), oppure in ogni viaggio
voleva che si organizzasse una celebrazione ecumenica (ricordando la presenza
in Polonia della grande Comunità ebraica).
Un ulteriore evento, ha aggiunto Mons. Marini, che ha inciso sul lavoro
pastorale di Wojtyla da Vescovo e da Cardinale in Polonia e in seguito sull’
attività apostolica da Papa è stato il Concilio Vaticano II, a cui ha
partecipato quando aveva 42 anni. Egli attribuiva al Concilio “un significato
unico ed irripetibile, in particolare per l’esperienza dello stare insieme come
comunità ecclesiale”. Lo ha sempre ritenuto, poi, un momento di grande
formazione personale. Di qui il suo impegno di “sdebitarsi” nei riguardi del
Concilio, attraverso una continua opera di attuazione dei contenuti e del
rinnovamento.
A questo punto Mons. Marini ha sfogliato virtualmente il suo album di ricordi
accanto a Wojtyla, da quando lo ha conosciuto per la prima volta in Polonia nel
maggio del 1973 fino alla sua quotidiana vicinanza come cerimoniere papale. Un’
esperienza importante che lo ha aiutato ad apprezzarne alcune particolari
virtù, quali la padronanza di sé, la profonda umiltà (“Una volta il Papa mi
chiese scusa per aver sorriso durante la Messa”), il tratto signorile, ma anche
la fermezza nel difendere i principi umani e morali, la sua passione
evangelizzatrice e il suo impegno nell’attuare la liturgia del Concilio.
E’ seguito il dibattito. La serata si è conclusa con un canto interpretato dal
Coro Gospel.
LUIGI MEDEA