Lunedì, 12 Dicembre 2011 L'avvocato informa

Correntisti contro Banche

La sfida continua

a cura dell'Avv. Sergio Lapenna - Foro di Vasto

Correntisti contro Banche. Un altro gol segnato dai correntisti. Con la pronuncia del Tribunale di Verbania, i correntisti si portano nuovamente in vantaggio. L’ultima parola, però, è ancora della Consulta.

Si tratta davvero di una sfida avvincente, iniziata all’improvviso negli oramai lontanissimi anni ’90, quando una serie di pronunce a ciel sereno della Corte di Cassazione fecero tremare l’intero mondo finanziario italiano.

Quella che da quasi mezzo secolo sembrava una prassi incontestabile delle banche (l’addebito trimestrale degli interessi debitori sui conti correnti in rosso), di punto in bianco, diventava un comportamento illegittimo ed obbligava gli istituti di credito a restituire il maltolto ai propri clienti.

Già allora, il reggente governo di turno (centrosinistra) corse subito ai ripari salvando le banche con una normativa di urgenza: praticamente, quello che la Suprema Corte di Cassazione aveva appena sancito veniva spazzato via con un vero e proprio atto di imperio.

Nel giro di pochi mesi, tuttavia, la Consulta ristabilì l’ordine dichiarando quel decreto “salva banche” anticostituzionale.

Seguirono anni di gloria per il correntista e le condanne delle banche a restituire il maltolto, spesso per cifre enorme, fioccavano come neve.

Addirittura vi fu una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che pose una pietra tombale sulla questione in favore sempre dei correntisti.

Ma le banche sanno aspettare ed incassato l’ennesimo colpo riuscirono pian piano a far passare una interpretazione che bloccava le richiesta di restituzione oramai prescritte secondo la regola dell’annotazione sul conto: in pratica invece che calcolare la decorrenza decennale del diritto alla restituzione dalla chiusura del conto, questa andava calcolata dalla date di ogni singola annotazione a prescindere dalla chiusura e dall’epoca di quest’ultima.

Una interpretazione di non poco conto se si considera che diversi conti pluriennali vedevano svanita la possibilità di chiedere anche un solo centesimo per avvenuta prescrizione in relazione alle annotazioni a debito più antiche.

Finché nel dicembre 2010, ancora una volta le Sezioni Unite della Suprema Corte, dovettero intervenire ad arginare l’ignobile piega che alcune sentenze andavano forgiando a favore degli istituti di credito.

No, dissero chiaramente le Sezioni Unite della Cassazione, la decorrenza della prescrizione inizia dalla chiusura del conto.

Sembrava, di fronte ad una pronuncia tanto autorevole, che le cose fossero state chiarite una volta per tutte.

E invece no!

Oltrepassando ogni limite costituzionale, ed osando molto più di quanto negli anni ’90 aveva arrischiato il governo antagonista di centrosinistra, questa volta il governo di Berlusconi interviene prontamente a zittire la Sezioni Unite attraverso il decreto milleproroghe (rectius: millefavori).

Appena poche settimane dalla pronuncia delle Sezioni Unite che avevano stabilito la regola della prescrizione lunga a favore dei correntisti, la finanziaria del 2010 (per il 2011) prevedeva, in una delle sue infinite norma, la regola esattamente opposta ed usando lo stesso metro di ragionamento e lo stesso metodo linguistico - ovviamente in direzione diametralmente opposta – di quello usato dei giudici del palazzaccio.

Inutile commentare la novità normativa. Piuttosto è doveroso affermare che laddove un governo, a prescindere dal proprio orientamento “ideologico”, intervanga in modo fulmineo e servizievole, non tanto in favore di una categoria di soggetti (banche) o di un’altra (correntisti), ma quanto a smentire quanto il più alto ed autorevole consesso della giurisprudenza ha appena sancito in ossequio alla giustizia, lo stato di diritto ha fallito!

Ora, tornando alla sentenza in commento essa va presa in considerazione in quanto rappresenta certamente un atto di coraggio e - ci si auspica – anche precursore dell’attesa pronuncia della Corte Costituzionale, in quanto, con un ragionamento giuridico di tutto pregio, disapplica il decreto millefavori promulgato dal governo Berlusconi e ristabilendo – in barba a questo decreto appunto – la regola della prescrizione lunga.

Un altro gol segnato dai correntisti, dunque, in attesa dell’ultima parola della Consulta.

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