Venerdì, 19 Dicembre 2025 AbruzzoRISARCIMENTO DA 100MILA EURO A DOCENTE AQUILANOPER MANCATA ASSUNZIONE DOPO CONCORSO NEL LAZIOUn docente aquilano era stato escluso in modo illegittimo da un concorso per “Laboratorio tecnologico per l’edilizia ed esercitazioni di topografia”, indetto nel settembre 2012, dall’Ufficio scolastico regionale per il Lazio, ritenendo che esso era riservato ai geometri, anche se il candidato ha anche una laurea in ingegneria. Immesso in ruolo solo nel 2021, dopo una sentenza del Consiglio d Stato che gli aveva dato ragione già nel 2014. Ed ora una sentenza del Tribunale di Avezzano, pubblicata il 15 dicembre scorso, gli ha riconosciuto il danno per “ritardata assunzione nel pubblico impiego”, attribuendogli un risarcimento di ben 100mila euro. Ad assistere il docente per conto della Gilda Insegnanti, l’avvocato del Foro di Avezzano, Salvatore Braghini. La sentenza, destinata a consolidare la giurisprudenza in materia, è una delle ultime di Antonio Stanislao Fiduccia, quale Giudice della Sezione Lavoro, prima del suo trasferimento presso il Tribunale di Roma. Commenta l’avvocato Braghini, “Con questa importanza sentenza, si è sancito un principio di fondamentale importanza: il Ministero non può seguire legittimamente la pratica dell’accantonamento di un posto acquisito mediante una prova concorsuale all’esito di un provvedimento cautelare, in quanto l’amministrazione deve comunque effettuare l’immissione in ruolo ben potendo dinanzi a una sentenza favorevole nel merito all’amministrazione procedere alla risoluzione contrattuale. L’accantonamento del posto, pur apparendo una soluzione prudenziale, si rivela spesso dannosa per i candidati e controproducente per l’efficienza amministrativa, generando contenziosi prolungati e costi maggiori per l’erario”. Il caso trae dunque origine dall’illegittima esclusione del docente da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, ritenendo che fosse “sprovvisto del titolo di accesso costituito dal Diploma di geometra o dal Diploma di perito industriale per l’edilizia”, nonostante il possesso della laurea in ingegneria. “La questione giuridica centrale riguardava l’applicazione del principio consolidato secondo cui il possesso di un titolo di studio superiore ed assorbente consente la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali sia richiesto un titolo inferiore – spiega ancora Braghini -. Come evidenziato dal giudice Fiduccia, il Consiglio di Stato, con ordinanza del 6 giugno 2014, aveva ritenuto “irragionevole ritenere che il possesso della laurea in ingegneria non consente la partecipazione ad una procedura concorsuale, cui, invece, si può partecipare sulla base del solo possesso del diploma di geometra”. Elemento di particolare rilevanza nella vicenda è stata la gestione dell’accantonamento del posto da parte dell’Amministrazione scolastica. Anziché procedere all’immissione in ruolo del candidato ammesso con riserva a seguito della pronuncia cautelare del Consiglio di Stato, l’Amministrazione aveva optato per l’accantonamento di un posto nella Provincia di Frosinone, come risulta dalla Proposta dell’Urs per il Lazio. Solo sette anni più tardi, con decreto 657 del 17 novembre 2021, l’Usr per il Lazio ha individuato il docente come “destinatario della nomina a tempo indeterminato, con decorrenza giuridica dal 1 settembre 2021, ed economica dal 1 settembre 2022”, per la classe di concorso “Laboratori di scienze e tecnologie delle costruzioni”, inserito in nona posizione con punti 72,00 nella graduatoria di concorso ordinario. La sentenza del giudice Fiduccia ha chiarito che “la violazione degli obblighi di assunzione da parte della P.A. comporta il sorgere di una responsabilità da inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c., con inversione dell’onere probatorio: spetta all’Amministrazione dimostrare l’esistenza di una causa ad essa non imputabile. Principio cardine della decisione è la distinzione tra diritto all’adempimento e diritto al risarcimento”. Come evidenziato altresì nella sentenza, “la costituzione ex post del rapporto di lavoro non può essere paragonata all’esistenza ex tunc di esso”, sicché il lavoratore non ha diritto all’esatto adempimento dell’obbligazione retributiva, ma al risarcimento del danno. Il Giudice ha altresì precisato che “il danno da risarcire non può ritenersi in re ipsa, perché la conseguenza della mancata instaurazione del rapporto è anche quella di non impegnare il lavoratore in prestazioni”. Pertanto, il danno deve essere provato, anche se può risultare “in via presuntiva, che l’interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo nell’assunzione o sia stato occupato, ma a condizioni deteriori”. Aspetto procedurale di rilievo è la disciplina della costituzione in mora. Il Tribunale ha riconosciuto che “l’azione per l’accertamento dell’esistenza dell’obbligo di assunzione, essendo finalizzata all’instaurazione del rapporto, costituisce forma idonea di messa in mora della controparte”, come confermato dalla Cassazione, Sez. Lav., 25 luglio 2023, n. 22294. Per la quantificazione del danno, il Giudice ha stabilito che spetta al ricorrente il risarcimento del danno commisurato alle differenze retributive perdute in conseguenza della ritardata immissione in ruolo, con “detrazione dell’aliunde perceptum limitatamente alle retribuzioni da contratti a termine con l’Amministrazione scolastica, escludendo i redditi da attività libero-professionale in quanto compatibili con la docenza di ruolo ai sensi della peculiar disciplina vigente nel settore scolastico”. Il risarcimento riconosciuto al docente, calcolato per il periodo dall’1 settembre 2014 al 31 agosto 2022, al netto delle poche supplenze svolte in sette anni, corrisponde a circa 70 mensilità, per un ammontare lordo di circa 100 mila euro. “Si tratta di un importo significativo che ristora l’entità del pregiudizio subito dal docente a causa della ritardata immissione in ruolo – commenta ancora l’avvocato Braghini -. La vicenda dell’insegnante rappresenta un caso emblematico delle disfunzioni che possono caratterizzare le procedure concorsuali nel pubblico impiego e delle conseguenze economiche che ne derivano per l’Amministrazione quando non rispetti i principi di legalità e tempestività nell’azione amministrativa” “La sentenza del dottor Fiduccia, una delle sue ultime prima del trasferimento presso il Tribunale di Roma, testimonia la competenza e il rigore con cui ha affrontato le complesse questioni del diritto del lavoro pubblico, contribuendo alla definizione di principi giurisprudenziali che orientano tuttora la giurisprudenza di merito. Il caso evidenzia inoltre l’importanza di una corretta gestione delle procedure concorsuali da parte delle Amministrazioni pubbliche, che devono evitare pratiche dilatorie come l’accantonamento dei posti quando sussiste un obbligo di assunzione, privilegiando invece l’immissione in ruolo eventualmente sottoposta a condizione risolutiva in caso di esito sfavorevole del giudizio di merito”, conclude l’avvocato. |
