Martedì, 16 Settembre 2025 AbruzzoLa "guerra" tra i reparti di oncologia scoppia alla ASL aquilanaChemio fuori protocollo: i periti del P.M. dicono che ci sono stati 3 casi con terapie sbagliateIn almeno tre casi esaminati le terapie antitumorali non autorizzate hanno ridotto la sopravvivenza dei pazienti e causato grave tossicità. Sono le gravi conclusioni che emergono dalle carte dell’indagine, di cui è venuto in possesso questo giornale, e nello specifico dalla consulenza affidata dal pm Ugo Timpano a due esperti, l’ordinario di oncologia Mario Roselli e l’associato di medicina legale Gian Luca Marella, entrambi dell’ateneo di Tor Vergata a Roma, nell’ambito della inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila sulla pesante ipotesi di reato di somministrazione e utilizzo di cure chemioterapiche fuori dai protocolli, quindi di efficacia non provata. Una indagine che ha del clamoroso innescata dalla “guerra” in seno all’Oncologia della Asl provinciale dell’Aquila, in particolare tra il primario del reparto di oncologia dell’ospedale dell’Aquila Luciano Mutti, e il responsabile territoriale, Enrico Ricevuto, con il primo che ha il singolare ruolo di grande accusatore avendo presentato l’esposto, e da accusatore è finito lui stesso sotto inchiesta. Il caso giudiziario vede in tutto sette medici indagati ed è stato caratterizzato da una richiesta di archiviazione da parte della Procura, impugnata dallo stesso primario aquilano: il momento della verità è nelle mani del giudice per le indagini preliminari, Marco Billi, che nell’udienza camerale in cui è cominciato il contraddittorio, ha fissato l’appuntamento decisivo per il 7 ottobre prossimo, evento davvero molto atteso. Comunque, l’indagine sta scuotendo gli ambienti interessati sia a livello giudiziario ma soprattutto a livello medico e sanitario, con particolare riferimento ai pazienti che sono comunque la parte più fragile ed esposta e che sono disorientati. Gli esiti dell’esame tecnico, almeno per i casi ritenuti discutibili, sono riassumibili, essendo simili tra loro, a quanto descritto in riferimento a uno dei casi presi in esame: “La condotta dei sanitari”, si legge nell’atto, “appare connotata da elementi di criticità, lo schema di trattamento somministrato nelle linee successive alla prima non risulta supportato da dati di letteratura che ne stabiliscano l’efficacia in termini di sopravvivenza. Si segnala assenza, nella documentazione in atti, di validi consensi informati, assenza del consenso informati alla chemioterapia non standard carboplatino-pemetrexed, assenza di autorizzazione per uso di farmaci off label”. I farmaci off label sono quelli usati per indicazioni diverse da quelle autorizzate sulla scheda tecnica ma è lecito l’uso solo se il medico si basa su solide evidenze scientifiche e non ci sono alternative migliori. I casi esaminati dopo l’esposto di Mutti farebbero riferimento al professor Enrico Ricevuto, tra l’altro predecessore dello stesso accusatore, e alla dottoressa Gemma Bruera, che ovviamente contesteranno queste conclusioni dei consulenti dell’accusa. Secondo quanto sostenuto nell’esposto, i due oncologi avrebbero inoltre invitato più di 80 pazienti dell’Aquila a rivolgersi all’ oncologia dell’ospedale di Teramo per continuare ad effettuare le cosiddette “terapie personalizzate” e “terapie consolidate ad uso locale” che sarebbero prive di basi scientifiche a supporto e non rimborsabili dal sistema sanitario nazionale. A tali pazienti sarebbe stato riferito che non era possibile fare chemioterapia di alcun tipo nel capoluogo regionale dopo il divieto imposto con un provvedimento dell’Asl all’Oncologia territoriale di proseguire l’attività per nuovi pazienti o pazienti aggravatisi. Per accertare tale comportamento Mutti ha presentato altro esposto nei confronti della dottoressa Katia Cannita, responsabile dell’ Oncologia di Teramo, dove si è trasferita proprio dall’Aquila. Ci sarebbero, inoltre, almeno 10 sperimentazioni cliniche su pazienti di cui sarebbero stati responsabili sempre Ricevuto e Bruera per le quali non sarebbe stato possibile trovare né il permesso del Comitato Etico né il consenso informato da parte dei pazienti di essere stati sottoposti in una sperimentazione. L’inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila, più in dettaglio, procede con le ipotesi di reato, a vario titolo, di somministrazione di farmaci non adatti, omicidio e lesioni colpose, innescata dal dettagliato esposto del primario di Oncologia dell’ospedale San Salvatore, il docente della università dell’Aquila Mutti, il quale ha segnalato una decina di casi sospetti di malati poi deceduti, tirando in ballo, esclusivamente per l’appunto, il responsabile della oncologia territoriale dell’azienda sanitaria Ricevuto, collega di ateneo di Mutti e suo predecessore alla guida della unità operativa complessa, e la dottoressa Bruera, con accuse ovviamente tutte da provare. In tal senso, sarebbe comunque acclarato che solo Ricevuto e Bruera avrebbero somministrato le terapie al centro dell’indagine mentre gli altri medici hanno solo visitato i pazienti a vario titolo ma non hanno ma somministrato alcuna di queste terapie. Gli indagati con ruoli defilati sono gli oncologi della Asl provinciale Marianna Tudini, Alessandra Santomaggio e Alessandro Parisi. In questo contesto, si inserisce la richiesta di precisazione inviata a questo giornale dalla settima indagata, la dottoressa Olga Venditti, attraverso il suo legale Luigi Ranalletta, del Foro di Avezzano, che fa capire la diversa posizione dei sette indagati. L’avvocato sottolinea di aver riproposto una istanza di archiviazione e nel ribadire la completa estraneità ai fatti della sua assistita ha fiducia in un azzeramento delle accuse. Secondo quanto si è appreso, Venditti, mai finita finora sotto inchiesta, sarebbe sotto indagine avendo visitato alcuni pazienti come si evince dalle cartelle cliniche ma non avrebbe mai fatto richiesto o somministrato cure chemioterapiche. Tornando all’aspetto medico, l’Azienda Sanitaria ha istituito una Cta (Commissione terapeutica aziendale) per controllare le terapie somministrate ai pazienti. La Cta è stata istituita nel novembre 2023 e ha tra le finalità anche “la valutazione della appropriatezza delle richieste dei farmaci off labels finora sempre assegnata al Servizio aziendale del farmaco”. Si tratta di uno strumento di controllo più rigido che ha comportato la segnalazione di protocolli terapeutici richiesti alla farmacia che differissero dai protocolli internazionali fatti finora degli ospedali dell’Aquila, Sulmona, Avezzano. La Commissione, nei suoi 24 verbali, avrebbe censurato alcune azioni e decisioni terapeutiche di Ricevuto e Bruera stigmatizzando anche un presunto comportamento giudicato poco etico. “Il professor Ricevuto”, si legge in uno dei verbali della Cta (Commissione terapeutica aziendale) “ha chiesto l’allestimento di una terapia endovenosa del 29 gennaio scorso e il direttore sanitario aziendale ha risposto con una nota che la richiesta non è in conformità con la disposizione aziendale che riserva alla oncologia territoriale il Pac 1. Inoltre, si tratta di un paziente in progressione idoneo alla presa in carico da parte della oncologia ospedaliera. A conferma di quanto sopra il caso può essere trasmesso alla prossima seduta della commissione. “La Cta”, si legge ancora nell’atto, “ha confermato all’unanimità quanto espresso dal direttore sanitario aziendale con nota esplicativa adottandone integralmente il contenuto”. La Asl, dopo la denuncia del professor Mutti, è intervenuta con una disposizione dell’aprile del 2024 che limita l’attività della oncologia territoriale vietando la somministrazione di chemioterapici endovena a pazienti con nuova diagnosi o peggioramento della malattia. Da sottolineare che Ricevuto ha presentato ricorsi contro la nomina a primario di Mutti, alla giustizia amministrativa, tutti respinti. Il pubblico ministero titolare di questa indagine Timpano subentrato a Fabio Picuti ora sostituto Pg in Cassazione, ha chiesto l’archiviazione ritenendo che sebbene possano esserci profili di criticità, gli stessi non sono tali da poter stabilire, al di là di ogni ragionevole dubbio, che con protocolli ufficiali i pazienti sarebbero guariti o vissuti di più. In realtà, la perizia degli esperti nominati dalla procura, in almeno 3 casi avrebbe stabilito che le terapia somministrate da Bruera Ricevuto avrebbero causato tossicità e accorciato la sopravvivenza. Secondo quanto si è appreso, la richiesta di archiviazione si è basata sulla possibilità o meno di poter definire la perdita di sopravvivenza come omicidio colposo. Un elemento contestato dal legale di Mutti, Luca Bruno, sulla base delle evidenze scientifiche per ogni tipo di neoplasia allo stesso stadio. Gli altri indagati sono assistiti dagli avvocati Antonio Valentini, Beatrice Merlini, Fabio Cassisa e Fabio Alessandroni. |