Martedì, 29 Aprile 2025 AbruzzoIl neo direttore amministrativo Borghese rischia il processo a TorinoBeatrice Borghese, direttore amministrativo della Asl 2 di Lanciano-Vasto-Chieti, rischia il processo a Torino. La Procura – riporta la cronaca torinese del Corriere della Sera – ha chiesto il rinvio a giudizio, con accuse da dimostrare in fase dibattimentale, nei confronti dell’avvocato e manager 52enne insieme ad altri quindici ex dirigenti, nell’ambito di un’inchiesta sui bilanci della Città della Salute, la importante struttura ospedaliera del Piemonte, con 1omila dipendenti, dove, destini che si incrociano, dal 4 marzo è commissario Thomas Schael, che nei cinque anni precedenti è stato direttore generale proprio della Asl provinciale chietina. Ed è stato il successore a Chieti di Schael, Mauro Palmieri, in carica dal 25 febbraio, a nominare Beatrice Borghese direttore amministrativo a Chieti, il 17 aprile. “Ho scelto Borghese – ha dichiarato Palmieri nella nota che ha dato la notizia – perché penso che abbia profilo e competenze giuste per questa Azienda. Dare forza alla parte amministrativa vuol dire investire sulla correttezza dei processi e incidere sull’organizzazione, elementi fondamentali, a mio avviso, per puntare all’efficienza di una Asl”. Secondo l’accusa, tra il 2011 e il 2022 i conti sarebbero stati sistematicamente alterati, omettendo la registrazione di ingenti entrate derivanti dalle attività in regime di libera professione intramuraria. Questo avrebbe consentito di mascherare un disavanzo di gestione, presentando bilanci apparentemente in equilibrio. Tra le posizioni sotto esame c’è quella di Beatrice Borghese, laureata in Economia, che in quegli anni ha ricoperto incarichi amministrativi apicali all’interno della sanità piemontese. Le contestazioni mosse nei suoi confronti riguardano il concorso in falso ideologico e abuso d’ufficio. L’udienza preliminare, che dovrà decidere sull’effettivo rinvio a giudizio, è attesa nei prossimi mesi. Il fascicolo, scrive il Corriere della sera, “evidenzia un danno erariale alla Regione — e ai cittadini — di circa 7 milioni di euro: da una parte la mancata riscossione del 5 per cento (legge Balduzzi) del valore della prestazione medica offerta dal professionista in intramoenia e destinata a ridurre le liste di attesa, dall’altra il non rientro di crediti di svariati milioni di euro diventati ormai inesigibili. E ancora, ad alcuni ex manager è rimproverato di aver ottenuto ‘un ingiusto profitto’: un’integrazione di stipendio per aver raggiunto obiettivi che ora le indagini svelerebbero essere in realtà stati disattesi. Non solo, i medici autorizzati alla libera professione avrebbero ottenuto ‘tariffe complessivamente più remunerative’ per non aver versato la Balduzzi e maggiori volumi di attività in libera professione, profitto derivante dalla mancata riduzione delle liste di attesa”. |