Giovedì, 1 Giugno 2023 ChietiCommercializzazione di canapa e normativa sugli stupefacenti, riunione in PrefetturaUn articolato piano di controlli avrà inizio a far data dal 15 giungo 2023Nella riunione tecnica di coordinamento delle Forze dell’Ordine tenutasi lo scorso 4 aprile, a seguito di una preliminare analisi avviata già in una precedente riunione del 17 marzo, si è proceduto ad un approfondito esame della normativa inerente la commercializzazione di canapa e delle disposizioni inerenti l’uso di sostanze stupefacenti, alla presenza dei Procuratori della Repubblica dei Tribunali di Chieti, Lanciano e Vasto, finalizzato a porre in campo una efficace azione di controllo riguardo le attività di commercializzazione e di messa in vendita al pubblico di varietà di canapa non ricomprese nel campo di applicabilità dell’art. 2, comma 2, della Legge 2 dicembre 2016, n. 242 (Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa). Come noto, in Italia la succitata normativa consente la coltivazione agroindustriale della canapa esclusivamente per alcune specifiche varietà della pianta, dalle quali è possibile ottenere solo prodotti dettagliatamente indicati nella medesima legge all’art. 2 (per esempio alimenti, cosmetici, semilavorati, oli e carburanti per industrie, per bioedilizia, materiale finalizzato alla fitodepurazione per bonifica di siti inquinati). Solo in relazione a tali attività, dunque, non opera il divieto di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 309/1990. Nonostante dalla coltivazione ammessa non possono essere lecitamente ottenuti prodotti diversi da quelli puntualmente elencati dall’art. 2 comma 2 della L. 242/2016 e, in particolare foglie, inflorescenze, olio e resina, sempre più spesso si assiste alla commercializzazione di derivati e di infiorescenze della cannabis, del tipo non ammesso dalla normativa vigente, ma impropriamente pubblicizzato come consentito, con relativa crescita del mercato di sostanze illegali. Il Consiglio Superiore della Sanità ha sottolineato che l’impiego di simili preparati, erroneamente percepito come legale, rischia di tradursi in un danno grave per la persona. La Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, rappresenta che la liceità della cannabis è circoscritta alla sola coltivazione e destinazione di prodotti consentiti, concludendo che “la presenza di un principio attivo sino allo 0.6% è consentita solo per i coltivatori, non anche per chi commercia i prodotti derivati dalla cannabis” (Sez.6, n. 56737 del 27/11/2018, Ricci et plurimis). Sulla questione le Sezioni Unite della Suprema Cassazione (Sentenza n. 30475 del 30 maggio 2019) hanno escluso in maniera perentoria l’applicazione della Legge n. 242/2016 al commercio della cosiddetta “cannabis light”, affermando in particolare che la cessione, messa in vendita ovvero commercializzazione a qualsiasi titolo di cannabis sativa L. e, in particolare , di foglie, inflorescenze, olio e resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientrano nel novero delle attività consentite dalla stessa legge. Nella stessa pronuncia viene, altresì, chiarito che tali condotte configurano estremi di reato di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 309/1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7 della citata legge n. 242/2016, salvo che detti derivati siano in concreto privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività. Sulla stessa linea interpretativa si ricorda la più recente pronuncia della Corte Suprema di cassazione Sez. III Penale, che con sentenza del 13/05/2020 n. 14735 ha ribadito che “il commercio o anche solo la messa in vendita di cannabis costituisce reato a tutti gli effetti previsto dal DPR n. 309 del 1990, art. 73 commi 1 e 4” e, analogamente la sentenza n. 19990, Sezione III della medesima Corte, emessa in data 03/07/2020 Dalla riunione in questione è, pertanto, emersa la necessità di procedere: |