Martedì, 3 Marzo 2009 Eventi

Vasto: questa sera al Globo va in scena Gomorra

Presentato dal Teatro Mercadante per la regia di Mario Gelardi

Questa sera, alle ore 21,00, nei locali del Cinema Teatro "Globo", andrà in scena "Gomorra" di Roberto Saviano e Mario Gelardi, presentato dal Teatro Mercadante con Ivan Castiglione e Francesco Di Leva.

Quando io ed Ivan Castiglione conoscemmo Roberto Saviano e, avemmo l’occasione di leggere alcuni suoi scritti, capimmo subito che ci trovavamo davanti ad un autore dallo stile assolutamente inedito per il panorama letterario italiano.

Dopo un primo periodo in cui uno scrittore si raffrontava con un autore teatrale, l’amicizia tra me e Roberto si è trasformata in uno dei motori di quello che sarebbe diventato il progetto Gomorra.

Roberto stava per terminare la stesura del suo primo romanzo-reportage, ed iniziò ad inviarmi i suoi scritti. Pensate alla possibilità di leggere Gomorra, quando il libro nemmeno esisteva… si è aperto davanti a me un mondo assolutamente inedito, una terra svelata che era anche la mia terra.

È stata quasi immediata la proposta di fare di quel libro uno spettacolo, anzi un progetto teatrale.

Sì perché le storie di Gomorra, i personaggi raccontati, sono talmente tanti, e soprattutto così drammaturgicamente interessanti, che ci è stato chiaro fin dall’inizio che sarebbe stato impossibile racchiuderli in un unico spettacolo.

Abbiamo scelto e lo abbiamo fatto in base a quelle che erano per noi, le vite più “necessarie“ da raccontare. La scelta è andata su cinque di quei personaggi, Pasquale, Mariano, Pikachu, Kit Kat e lo Stakeholder. Scelta difficilissima, perché in questo modo abbiamo dovuto sacrificare storie bellissime, come quelle di Don Peppino Diana.

Lavorando sulle bozze di Gomorra, quindi sull’edizione iniziale, quella non andata in stampa, ho avuto occasione di approfondire ancor di più le storie, di poter raccontare quei personaggi al di là del “fatto” che gli accadeva.

Poi all’improvviso, durante il tranquillo lavoro di due autori, è accaduto quello che molti giornali hanno raccontato, quella che tra noi chiamiamo “l’invettiva di Casale”. Ricordo i giorni seguenti, quelli davvero duri e difficili. I giorni della lontananza, dei telefoni muti, delle notizie lanciate dai giornali. I giorni del silenzio che dopo un rincorrersi continuo venne, finalmente, interrotto.

La nostra amicizia, ma anche il nostro rapporto di lavoro, è dovuto necessariamente cambiare. Vederlo accompagnato sempre da tre carabinieri, incontrarlo in luoghi sempre diversi, rincorrerci via e mail per scrivere un dialogo o correggere una scena, è stata un’esperienza decisamente unica nella sua irrazionalità. Perché comunque la si pensi, scrivere un libro, attestare il diritto alla legalità di un popolo, non può costare tutto questo.

Da quel punto in poi l’esigenza, perché forse lui ne avrebbe fatto a meno, di raccontare una sesta storia, proprio quella di Roberto. Quella che nel libro c’è solo in parte, quella che il pudore dell’autore aveva mitigato nelle emozioni. Abbiamo iniziato così, un lavoro con Ivan Castiglione, che lo interpreta, per ricostruire il rapporto di Roberto con le sue storie e l’atteggiamento che aveva avuto con i suoi personaggi, ma abbiamo anche cercato di raccontare, seppur brevemente, il dopo “Gomorra”.

Un percorso davvero difficile quello che ha portato alla realizzazione dello spettacolo, fatto di molti no e rifiuti, sembrava quasi che la camorra non fosse un tema interessante per il panorama teatrale, ricordo ancora le parole di qualcuno “è un problema locale, non interessa al pubblico”. Solo grazie all’impegno di Ivan Castiglione, al contributo prezioso di Giuseppe Miale di Mauro, all’aiuto di Luigi Marsano e soprattutto al coraggiosa decisione del Teatro Mercadante, di produrre lo spettacolo, siamo riusciti a portare a termine questo impegno.





Lo spettacolo

Nello spettacolo abbiamo creato una struttura che mettesse in contatto tutte le storie e che utilizzasse Roberto come un collante tra esse. La scommessa era quella di dare un carattere ma anche una faccia ai protagonisti del libro. Si parla di carne e sangue e non solo di carta.

Gomorra a teatro è come una sventagliata di Kalaschnikov, rapida , violenta, che si staglia su un vetro blindato facendo fori più grandi e fori più piccoli. Ma è anche il racconto di una città, immaginata dallo scenografo Roberto Crea, sempre in costruzione o sempre in decadenza, accompagnata dalla musica e dalle sonorità di Francesco Forni, una città in cui l’occhio dello scrittore Saviano si pone ad illuminare squarci di vita.

Ho cercato un senso di movimento circolare, un continuo rincorrersi di personaggi e storie. Un continuo senso di disagio che non ti fa stare fermo sul posto, che fa cercare, cercare sempre qualcosa di diverso, qualcosa di “altro” da quello che si è e si ha. Un rincorrersi delle storie continuo, con i personaggi che si superano, che si affiancano, che si fermano ad ansimare per la fatica.

Attraverso le immagini di Ciro Pellegrino volevamo restituire un simbolismo capace di parlare a tutti, anche ad un pubblico a cui una lingua o un luogo potevano apparire estranei.

È chiaro che la criminalità ed in maniera specifica la camorra, è stata già raccontata , e non penso quindi di svelare squarci di verità inediti.

In questo caso ho scelto due livelli di racconto, quello più istintivo, animalesco, violento, costituito dal braccio armato della camorra e quello imprenditoriale, che non si sporca mai le mani direttamente, che coordina a distanza che ha interessi in tutto il mondo.

Ed è anche chiaro che dopo aver venduto quasi un milione di copie, il nostro scopo, mio, di Roberto e di tutti gli attori, e di andare oltre il libro, di creare uno spettacolo assolutamente indipendente con caratteristiche proprie ma, che non tradisse le atmosfere così ben raccontate dal Roberto scrittore.

Nello stesso tempo ho cercato di raccontare il Roberto Saviano che conosco io, quello distante dall’immaginario collettivo che ne fa o un eroe o un furbo. Il Saviano che torna a Casal di Principe a parlare in piazza, in quella piazza ostile, in cui ci sono gli uomini che lo vorrebbero “altrove”, che vorrebbero chiudergli la bocca, lui è li, con la forza delle sue parole, con la forza delle sue idee: “Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”. Per noi, per tutti noi che lavoriamo alla versione teatrale di Gomorra, questa è diventata un’ossese.