Giovedì, 24 Novembre 2022 Abruzzo

Rigopiano: la Procura chiede condanne per oltre 150 anni

La pena più alta, 12 anni, chiesta per l'ex Prefetto di Pescara

 È arrivata al termine, dopo due giorni, la requisitoria della Procura di Pescara nel processo per i 29 morti di Rigopiano, vite stroncate da una valanga il 18 gennaio 2017.

Chieste condanne per oltre 150 anni.

Secondo l’accusa, i principali responsabili sono il Comune di Farindola e la Provincia di Pescara, e si aggiunge il comportamento della Prefettura e le mancanze amministrative gravi della Regione Abruzzo.

La pena più alta, 12 anni, è stata chiesta per l’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, mentre 11 anni e 4 mesi, sono stati chiesti per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e 6 anni per l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.

L’accusa rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli e dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, ha puntato il dito sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell’emergenza e della viabilità sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici: l’hotel era stato realizzato in una zona notoriamente esposta a valanghe e di conseguenza avrebbe dovuto essere chiuso e la strada sgomberata.

È stata scandagliata anche l’attività della Regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della Carta Valanghe: pesanti le richieste per i dirigenti regionali in quello che è stato definito “un collasso di sistema”, anzi “un fallimento dell’intero sistema”.

Insufficiente, secondo la ricostruzione dei pm, il comportamento della Prefettura per la mancata tempestività ed efficacia nell’emergenza, tanto che è proprio per l’ex prefetto Provolo la richiesta della condanna più severa, appesantita dal filone del cosiddetto depistaggio.

Secondo la Procura, ci sono tante responsabilità diffuse: quelle dei dirigenti comunali, provinciali e regionali, per la viabilità e la carta valanghe, per i permessi, per gli ex sindaci di Farindola, per i tecnici che non certificarono il vero e anche per la società proprietaria di Rigopiano.

Per il gestore Bruno Di Tommaso, infatti, la richiesta è stata di 7 anni e 8 mesi. Sono state messe a nudo tutte le mancanze su prevenzione e previsione del rischio valanghe, i comportamenti omissivi in riferimento a reati come disastro e omicidio colposo, lesioni, falso, molti legati alle responsabilità di Protezione Civile. Pene più basse, per i dirigenti minori della Prefettura, sono state chieste per il ‘depistaggio’.