Lunedì, 12 Maggio 2025 AbruzzoPer la morte degli orsetti nel gao di Scanno interviene GuacciPer l'esponente della Società Storia della Fauna bisogna "Rivedere politiche di gestione"La morte di due giovani orsi nell’invaso artificiale di Colle Rotondo di Scanno (L’Aquila), scoperta il 7 maggio scorso, “conferma l’assoluta precarietà cui è soggetta la sopravvivenza di questa preziosa popolazione endemica, unica al mondo”. Lo scrive Corradino Guacci, presidente della ‘Società italiana per la storia della fauna’ di Baranello (Campobasso), in una nota inviata, tra gli altri, al ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. “Nell’ultimo anno le morti, almeno quelle note – scrive – salgono a cinque, raddoppiando la media finora nota di 2,5 decessi ogni dodici mesi, già di per sé insostenibile considerando che il 50% dei nuovi nati non raggiunge l’anno di età. Queste cifre attestano non solo la difficoltà di contenere l’incidenza negativa delle attività umane sulla sopravvivenza di questo residuo nucleo appenninico, ma, visti i risultati, anche la necessità, ormai ineludibile, di rivedere alcune delle politiche di gestione sinora poste in essere”. “Ci auguriamo – prosegue Guacci – che gli esiti del monitoraggio genetico in corso smentiscano la nostra preoccupazione circa il fatto che la popolazione appenninica sembra disperdersi, piuttosto che diffondersi. Prova ne è che le recenti nascite, come i decessi, stanno avvenendo fuori dal territorio del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm). Auspichiamo che il ministro, la Comunità scientifica e gli organi direttivi delle aree protette che insistono nell’area di presenza dell’orso bruno marsicano vogliano finalmente prendere in considerazione la proposta da noi avanzata, già a gennaio 2013, di istituire una banca genetica, finché ciò sia percorribile con successo”. “Invitiamo altresì l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) – prosegue il presidente della ‘Società italiana per la storia della fauna” – a rivedere il proprio parere laddove, dopo aver definito di scarsa scientificità un programma di conservazione ex-situ dell’orso marsicano, si proponeva, in caso di sofferenza della popolazione appenninica, di realizzare interventi di traslocazione di esemplari provenienti da popolazioni geograficamente vicine. Una soluzione che, alla luce dell’esperienza del ‘Life Ursus’ in Trentino, appare non solo poco praticabile, ma – conclude Guacci – potenzialmente pericolosa per l’integrità genetica della sottospecie marsicana. La permanenza di tale parere preclude ogni possibilità di esplorare differenti strategie di conservazione”. |