Chi sciopera paga un prezzo, ma lo fa per la dignità di tutti

Sabato, 13 Dicembre 2025 Chieti

"A queste persone va rispetto: il disagio è reale e non va minimizzato"

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Uno sciopero non è mai una scorciatoia. È una rinuncia consapevole, spesso costosa, che lavoratrici e lavoratori scelgono quando il lavoro viene spinto ai margini del dibattito pubblico. Oggi, in tutta Italia, centinaia di migliaia di persone hanno scioperato per una ragione semplice: i salari valgono meno, mentre la vita costa di più.

Sappiamo bene cosa significa per chi non può permetterselo, per chi deve garantire comunque turni e servizi, per chi ha dovuto affrontare treni cancellati, corse ridotte, orari stravolti. A queste persone va rispetto: il disagio è reale e non va minimizzato. Proprio per questo è necessario ricordare che lo sciopero non è mai un gesto “comodo”, ma l’ultima leva quando il lavoro viene trattato come una voce secondaria.

I dati parlano chiaro. Secondo l’Istat, le retribuzioni contrattuali reali a settembre 2025 restano inferiori dell’8,8% rispetto a gennaio 2021. Anche l’Ocse segnala che l’Italia è tra i Paesi che hanno pagato di più la fiammata inflazionistica in termini di salari reali: –7,5% a inizio 2025 rispetto a inizio 2021, il calo più marcato tra le grandi economie. Questo è il cuore della vertenza: non il giorno della settimana, ma la dignità del lavoro.

Di fronte a una protesta che riguarda stipendi, pensioni, sanità, scuola e sicurezza sul lavoro, colpiscono i toni di derisione o di scontro spesso assunti dal Governo. Ridurre una mobilitazione nazionale a una polemica sul “weekend lungo” significa spostare l’attenzione dai contenuti e mancare di rispetto a chi rinuncia a una giornata di salario per chiedere risposte.

Uno sciopero, se vuole farsi ascoltare, deve cadere in un giorno pienamente lavorativo: è così che si rende visibile il peso del lavoro nella società e nell’economia. Non è una fuga nel fine settimana, ma l’assunzione di un costo per aprire una discussione pubblica che non può essere liquidata con uno slogan.

Secondo le stime diffuse dalla CGIL, l’adesione media nazionale “finora pervenuta” si attesterebbe intorno al 68%, con circa 500.000 persone nelle piazze. Il ministro per la Pubblica amministrazione ha invece parlato di un’adesione parziale nella PA pari all’8,2%. Saranno i dati consolidati a fornire il quadro definitivo, ma un fatto è già evidente: c’è un Paese che chiede di rimettere il lavoro al centro e di rivedere la Legge di Bilancio attualmente in discussione in Parlamento.

Anche in Abruzzo la mobilitazione ha registrato una partecipazione significativa, nei cortei e nelle piazze, con una presenza sociale e politica ampia che non può essere archiviata.

 

Come Dipartimento Lavoro del Partito Democratico di Chieti, stiamo dalla parte di chi sciopera per:

         •        rinnovi contrattuali veri e salari capaci di recuperare potere d’acquisto;

         •        una manovra che investa su sanità, istruzione e servizi pubblici, non su tagli e annunci;

         •        una riforma fiscale equa e progressiva che non scarichi sempre il peso su dipendenti e pensionati;

         •        il contrasto a precarietà e lavoro povero, più sicurezza e più diritti.

 

Un ultimo messaggio va a chi oggi ha subito i disagi: la richiesta è una sola, comprensione e unità. Le conquiste sul lavoro non sono “di qualcuno”. Quando i salari tengono, quando la sanità pubblica funziona, quando i contratti non restano scaduti, ne beneficia l’intera comunità. Oggi si è scioperato anche per chi non poteva farlo.

 

Il Segretario Cittadino del P.D. Gianmarco Pescara

il Responsabile Dipartimento Lavoro Mario Vitacolonna