SANITA’: 117MILA ABRUZZESI RINUNCIANO ALLE CURE

Sabato, 14 Giugno 2025 Abruzzo

GIMBE, “POCHI SOLDI E LUNGHE LISTE D’ATTESA”

Un esame fissato al febbraio del 2028, per un controllo a seguito di un trapianto . E quanto accaduto a Franco Gerardini, ex sindaco di Giulianova ed ex deputato, come dallo stesso reso noto. Si suppone che per la prestazione, comunque non annoverata nelle classi di priorità, dove invece si deve per legge attendere dalle 72 ore ai 60 giorni, si sarà recato da un privato. Chi invece non può permetterselo, rinuncia alle cure, e assevera la Fondazione Gimbe nel suo ultimo rapporto, sono sempre di più gli italiani e gli abruzzesi a farlo.

Nel 2024, circa 4 milioni di italiani, il 7,6% della popolazione, hanno infatti rinunciato a cure sanitarie, per mancanza di soldi congiuntamente alle lunghe liste di attesa. Si tratta di un dato in aumento del 51% rispetto al 2023.

L’Abruzzo è sopra la media, con il 9,2% della popolazione, 117.000 persone circa.

L’Abruzzo nella non invidiabile classifica è quinta in Italia, dietro Sardegna, 13,7%, Lazio, 10,5%, Marche, 9,7%,  e Umbria a pari merito, o meglio demerito, al 9,2% tutte sopra la media.

Il report è stato redatto per fare il punto sullo stato di attuazione del decreto 73 del 2024 per l’abbattimento delle  liste di attesa del governo di Giorgia Meloni.

“A un anno dalla pubblicazione del dl Liste di attesa – dichiara Nino Cartabellotta , presidente della Fondazione Gimbe – abbiamo condotto un’analisi indipendente sullo status di attuazione della norma, con l’obiettivo di informare in maniera costruttiva il dibattito pubblico e politico e di ridurre le aspettative irrealistiche dei cittadini, sempre più intrappolati nella rete delle liste di attesa. Tracciando un confine netto tra realtà e propaganda”.

I numeri che emergono vanno a maggior ragione presi in seria considerazione nei mesi in cui la Regione Abruzzo è alle prese con il ripiano del deficit sanitario fuori controllo, che dovrà portare a tagli draconiani alla spesa. Come ha annunciato il presidente della Regione Marco Marsilio, di Fdi, le quattro Asl per far fronte al buco già preventivato di oltre 100 milioni di euro per il 2025, dovranno  apporre risparmi per il 2% del loro budget. E c’è chi teme che questo possa incidere anche sulla capillarità dei servizi, con l’aumento di coloro, a caduta, che rinunceranno alle cure.

Si spera però in miglioramenti della situazione grazie alla nuova misura annunciata dall’assessore alla Salute, Nicoletta Verì per l’armonizzazione delle procedure adottate dalle singole Asl, con la possibilità di prenotare le visite ed esami anche al di fuori della propria provincia di residenza, grazie a un sistema di prenotazione unico regionale che includerà l’offerta di strutture pubbliche e private accreditate. C’è però chi sostiene che il provvedimento varato giovedì dalla giunta, proprio il giorno del summit, sia poco efficace.

L’analisi di Gimbe evidenzia una crescita costante del fenomeno. Nel 2022 il 4,2% della popolazione (2,5 milioni di persone) ha dichiarato di aver rinunciato a cure per via dei tempi troppo lunghi. Percentuale salita al 4,5% nel 2023 (2,7 milioni) e poi al 6,8% nel 2024 (4 milioni).

Parallelamente, aumentano anche le rinunce per motivi economici: dal 3,2% del 2022 (1,9 milioni di persone) al 4,2% del 2023 (2,5 milioni), fino al 5,3% del 2024 (3,1 milioni).

“Se tra il 2022 e il 2023 l’aumento della rinuncia alle prestazioni era dovuto soprattutto a motivazioni economiche – ha spiegato il presidente della Fondazione Gimbe – tra il 2023 e il 2024 l’impennata è stata trainata in larga misura dalle lunghe liste di attesa”.

I dati lo confermano: le rinunce legate ai tempi di attesa sono cresciute del 7,1% tra 2022 e 2023, e del 51% tra 2023 e 2024. Quelle per ragioni economiche sono aumentate rispettivamente del 31,2% e del 26,1%.

“Negli ultimi due anni il fenomeno della rinuncia alle prestazioni non solo è cresciuto, ma coinvolge l’intero Paese, incluse le fasce di popolazione che prima della pandemia si trovavano in una posizione di ‘vantaggio relativo’, come i residenti al Nord e le persone con un livello di istruzione più elevato. Il vero problema non è più, o almeno non è soltanto, il portafoglio dei cittadini, ma la capacità del Ssn di garantire le prestazioni in tempi compatibili con i bisogni di salute”, ha commentato Cartabellotta.

Nella sua analisi Gimbe denuncia, inoltre, che a un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge sulle liste d’attesa, tre dei sei decreti attuativi non sono stati ancora pubblicati.

Dei tre provvedimenti mancanti, uno è scaduto da oltre nove mesi e due non hanno una scadenza definita.

Il provvedimento già scaduto risulta essere quello su “Modalità e procedure per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dell’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria”.

Degli altri due decreti, entrambi senza scadenza, il primo riguarda il superamento del tetto di spesa per il personale sanitario ed è verosimilmente in stand-by per la mancata approvazione della nuova metodologia Agenas per stimare il fabbisogno di personale.

Il secondo, che prevede linee di indirizzo nazionali per un nuovo sistema di disdetta delle prenotazioni e per l’ottimizzazione delle agende Cup “al 10 giugno 2025 non risulta ancora calendarizzato in Conferenza delle Regioni”

L’analisi della Fondazione Gimbe non è stata pienamente condivisa dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. Pur ammettendo che “sulle liste d’attesa c’è ancora molto da fare”, il ministro sostiene che il governo “ha intrapreso finalmente la strada giusta per cercare di risolvere questo annoso problema”.