Sabato, 25 Febbraio 2017 Vasto

Fabio Di Lello: "Ho capito di aver sbagliato"

L'ex calciatore autore di un drammatico faccia a faccia con i pm per smontare la premeditazione nell'omicidio di Italo D'Elisa

Si è reso conto della gravità di quello che ha fatto, non avrebbe dovuto uccidere Italo D’Elisa. Si è detto profondamente addolorato Fabio Di Lello. Non ha parlato di pentimento, ma della dolorosa consapevolezza di un gesto commesso senza ponderare le conseguenze. L’ex calciatore, che il 1° febbraio ha ucciso il ventiduenne che riteneva responsabile della morte della moglie, Roberta Smargiassi, ieri mattina ha reso dichiarazioni spontanee al procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio, e al pm Gabriella De Lucia.

L’interrogatorio si è svolto in carcere. Quello di Di Lello è stato il racconto di un uomo a cui il dolore ha annullato la razionalità al punto da portarlo ad uccidere. L’interrogatorio del 34enne è cominciato alle 9 ed è durato diverse ore. La difesa di Di Lello sta cercando di smontare l’accusa di premeditazione, ma l’ipotesi di reato resta. All’uscita dal carcere i difensori di Di Lello non hanno voluto dichiarare nulla. È presumibile che la Procura sia partita dalla ricostruzione di quel pomeriggio. Quei minuti in cui, dopo aver parlato con D’Elisa davanti al bar di via Perth, Di Lello ha raggiunto la sua auto, ha preso la pistola, è tornato indietro ed ha sparato. In quel breve scambio di battute c’è probabilmente la spiegazione del delitto. La linea difensiva potrebbe essere però quella della provocazione. E quindi del delitto d’impeto, non premeditato. Ma perché Di Lello a settembre ha comprato una pistola e, soprattutto, perché teneva l’arma in auto? Perché l’uomo si era liberato di tutte le proprietà intestandole ai genitori? L’accusato ha dichiarato di volersi uccidere. E probabilmente l’arrivo dei carabinieri al cimitero, subito dopo l’omicidio, ha evitato che Di Lello, dopo aver ucciso D’Elisa, puntasse la pistola contro se stesso. Ma il lascito testamentario non regge con l’ipotesi del suicidio. Se Di Lello si fosse ucciso i suoi beni sarebbero andati comunque alla famiglia. C’è anche un altro particolare sul quale la Procura indaga. Davvero e in quali circostanze Fabio e Italo si erano incontrati altre volte prima dell’omicidio? Molte risposte saranno fornite dai tabulati telefonici, altre che dagli interrogatori. Dai risultati delle indagini deriverà l’imputazione per il fornaio.

Il legale dei D’Elisa nei giorni scorsi ha dichiarato di avere acquisito materiale che dimostrerebbe l’ipotesi della premeditazione. Non ha voluto aggiungere altro l’avvocato Pompeo Del Re. Vista la delicatezza del caso la Procura ha ordinato il massimo riserbo. Qualora l’accusa di omicidio premeditato dovesse essere confermata, Di Lello rischia il carcere a vita. Intanto lunedì il tribunale del Riesame si pronuncerà sull’annullamento del provvedimento di custodia cautelare in carcere. A richiederlo sono stati i difensori di Di Lello, secondo i quali l’indagato non è socialmente pericoloso né c’è pericolo che possa reiterare il reato. (p.c.)

Fonte "Il Centro"