Sabato, 20 Dicembre 2014 Nazionali

Riciclaggio di denaro: rischio inerente al sistema

Presentato il primo rapporto del CSF: in classe di rischio anche le province abruzzesi

di Paola Tosti

 

Che evasione, corruzione e mafia siano fattori radicati nel Bel Paese viene ormai costantemente denunciato da ogni rapporto, statistica o qualsivoglia studio si occupi della materia. Così, anche l'ultima indagine, presentata in questi giorni dal Comitato di Sicurezza Nazionale che ha condotto la prima analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento di terrorismo, non poteva certo presentare un quadro idilliaco della situazione italiana.

L'esame si prefigge l'obiettivo di identificare, analizzare e valutare le minacce di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, individuando quelle più rilevanti, i metodi di svolgimento di queste attività criminali, le vulnerabilità del sistema nazionale di prevenzione, di investigazione e di repressione di tali fenomeni e quindi i settori maggiormente esposti a tali rischi.

Dallo studio emerge come l'uso eccessivo del contante sia una misura del rischio di riciclaggio. L'analisi viene condotta sulla base di un indicatore di rischio elaborato a livello provinciale. Tale indicatore è basato sull'incidenza relativa dei versamenti anomali, che segnala indirettamente la probabilità che un'operatività in contanti, registrata in una certa provincia, sia potenzialmente riconducibile ad attività criminali. L'indicatore è costruito considerando la media provinciale degli utilizzi eccessivi di contante a livello comunale. La mappatura che ne consegue è suddivisa in 4 livelli di rischio: alto, medio alto, medio e basso. Dal risultato viene fuori che anche l'Abruzzo non è immune da segnalazioni allarmanti: L'Aquila, Pescara e Teramo vengono classificate tra le  province con classe di rischio medio-alto, subito dopo quella di Chieti si colloca tra le province a rischio medio. Il contante è considerato il mezzo di pagamento preferito per le transazioni riferite all'economia informale e illegale, in quanto garantisce la non tracciabilità e l'anonimato degli scambi.

Il rapporto cita anche la recente analisi compiuta dalla Banca Mondiale che segnala come in termini di costi, ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione di Transparency International provochi la perdita del 16% degli investimenti dall'estero. La stessa Unimpresa, poi, indica come il fenomeno della corruzione in Italia faccia aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Le aziende che operano in un settore corrotto crescono in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che producono in un'area di legalità. In particolare le piccole e medie imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto alle grandi.

Anche i sistemi di controllo sociale si rivelano inefficaci. Sono in aumento i reati fallimentari, societari e l'usura; quest'ultima, poi, si è particolarmente acuita in questa fase di crisi economica. Significativi anche l'evasione fiscale e i reati tributari.

Il report si conclude con un'affermazione quasi scontata: l'assenza di fattispecie penali nelle forme di “autoriciclaggio” e “auto-reimpiego” compromette gravemente la capacità di sanzionare gli autori dei reati anche per le conseguenze che può determinare sulla prescrizione e la cooperazione internazionale. E' questo il processo che soffre della vulnerabilità più significativa.