Venerdì, 18 Aprile 2014 Nazionali

Il pareggio strutturale di bilancio

Il Consiglio dei ministri vara il decreto conseguente al Documento economico e finanziario

di Paola Tosti.

 

Nella giornata di mercoledì 16 aprile, il Ministro all'Economia Pier Carlo Padoan, ha inviato una lettera alla Commissione europea per informarla che il Governo italiano intende rinviare di un anno il pareggio strutturale di bilancio in linea con la clausola delle circostanze eccezionali. La richiesta rivolta all'Unione europea, è stata oggetto di discussione da parte delle opposizioni che attaccano duramente l'operato del Governo. Il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, chiede conto sulle motivazioni per cui il Parlamento non ha ricevuto notizie della missiva, scatenando un durissimo scontro con il presidente Laura Boldrini.

Le motivazioni alla base di tale richiesta derivano dalla circostanza che il Governo ha deciso di effettuare il pagamento di ulteriori 13 miliardi di debiti della pubblica amministrazione; Il Def è il mezzo che il Governo italiano utilizzerà per arginare la pesante recessione che ha colpito l'economia tra il 2012 e il 2013, "attraverso misure concrete per aumentare la crescita potenziale nel medio termine e per l'attuazione di forti riforme strutturali", si legge nelle lettera.

Il pereggio di bilancio sarà assicurato nel 2016 attraverso un piano di privatizzazioni nel periodo compreso tra il 2014 e il 2017.

La risposta della Commissione non si è fatta attendere: si prende atto del contenuto della comincazione e "si valuterà il percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine".

In realtà il "pareggio di bilancio" fu introdotto dal Parlamento italiano con legge costituzionale il 20aprile del 2012, n. 1. La norma fu approvata sia dal Senato della Repubblica che dalla Camera dei deputati a maggioranza qualificata dei due terzi nella seconda votazione, precludendo in questo modo la possibilità di un referendum costituzionale da parte dei cittadini. Tale riforma fu approvata interamente da PD, PDL, Terzo Polo e Lega Nord.

Anche in quell'occasione alcuni eccellenti costituzionalisti misero in guardia le istituzioni dal pericolo derivante dall'approvazione di una riforma costituzionale affrettata: lo stesso Stefano Rodotà denunciò l'incapacità "di guardare oltre l'emergenza", eludendo così la "necessaria discussione pubblica". Si è proceduto come se "la revisione costituzionale fosse affare di pochi", mettendo in pericolo la possibilità di politiche sociali "che pure trovano un riferimento obbligato nei principi costituzionali", evitando con la votazione a maggioranza qualificata che i cittadini potessero "esprimere la loro opinione con un referendum".

Anche allora come oggi si andava di fretta.